IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
XII.
Il colloquio col notaio non aveva punto scoraggiato il conte Fabiano.
Abituato a vivere con una folle imprevidenza, animato da una sragionevole fiducia nell'avvenire e da un irrefrenabile desiderio di godimenti, considerava già come vittoria cospicua il pagamento della cambiale di dodicimila lire, che gli dava fastidio da troppo tempo.
Al resto avrebbe provveduto per conto proprio, con altri aiuti.
E nel pomeriggio di quel medesimo giorno, in un quarto d'ora di liete speranze, fece chiamare Brunello e gli offerse una battaglia coi soldatini di piombo.
La tavola nel mezzo della camera fu in un lampo coperta di cannoni, di tende, di uomini a piedi e a cavallo, in chiassose uniformi.
All'un capo della tavola era Bruno, all'altro Fabiano, e la battaglia si svolgeva con rapidità fulminea.
Brunello stava per perdere una fortezza; le sue linee di difesa erano sfondate dalle artiglierie di Fabiano, e la cavalleria s'avanzava a disperdere i resti d'un esercito in fuga disordinata.
Si udì battere discretamente all'uscio, con le nocche delle dita.
Era un ometto basso, nasuto, dagli occhi jàlini penetranti, il mento raso e le basette fulve e dure. Camminava così lestamente che pareva saltellasse.
- Buon giorno al signor conte! - proferì. - Ho ricevuto stamane il biglietto del signor conte e sono accorso.
- Sta bene attento, - disse Fabiano a Brunello, senza levare il capo. - Bisogna che tu raduni l'artiglieria intorno al forte, perchè i tuoi fantaccini sono in rotta, e io muovo ora a conquistarlo con le mie truppe.
- Con tutti i cannoni, papà? - domandò Brunello.
- I cannoni innanzi, che appoggeranno la cavalleria e la fanteria; non perdere tempo!
- Ecco tutti i miei cannoni pronti! - annunziò Bruno, spingendo con ambo le mani ogni sorta d'artiglieria sulla tavola, piccole mitragliatrici e grossi obici e cannoni da costa.
Elia Polacco col cappello floscio sotto il braccio sinistro si avvicinò alla tavola e stette a guardare, piuttosto sorpreso dell'attenzione che il conte prestava al giuoco, che dell'accoglienza ricevuta.
- Sei tu, Polacco? - disse Fabiano, senza volgersi.
- Per servirla, Eccellenza!
- Credo che c'intenderemo in poche parole. Ho bisogno di denaro.
Ancora danaro! Non doveva portarlo il notaio della nonna?
Ma mentre stava per interrogare, suo padre gli si rivolgeva.
- I tuoi cannoni giungono in ritardo, - disse. - Io allargo il fronte del mio esercito e la mia artiglieria è rapidissima.
- Di danaro ce n'è poco, ed è caro! - rispose Elia Polacco, guardando i cannoni che si avvicinavano alla fortezza.
- Non cominciamo con le frottole! - rispose Fabiano. - Apro il fuoco: la tua artiglieria non può resistere. La cavalleria fa una brillante evoluzione a sinistra....
- Apro il fuoco anch'io! - dichiarò Brunello, - Pim, pum, e pum!
- Se è caro, lo pagherò quanto vale, - dichiarò il conte a Elia Polacco.
- Dopo la brillante evoluzione di cavalleria, la fanteria si avanza sparando....
- Ciò dipende dalla somma che le occorre, signor conte! - rispose Elia.
- Pim, pum, e pum, e poi ancora pum! - gridò Brunello.
- Cinquantamila lire! - enunziò Fabiano. - Il tuo fuoco è ben nutrito, fa molti vuoti, ma come vedi, i miei uomini hanno già invaso la piazza. Il forte si arrende....
- Innalza bandiera bianca! - ordinò Fabiano. - Sventola il fazzoletto!
Brunello trasse il fazzoletto dalla tasca e lo agitò in aria.
- La battaglia è finita. Sei vinto, e la fortezza è mia! - concluse il conte. - Adesso giuoca da solo, che io devo parlare.
E alzandosi, guardò finalmente Elia Polacco in faccia.
- Ah, ah! Sei invecchiato, caro Polacco! - esclamò ridendo. - Non hai più un pelo in testa. Ti sta bene; a furia di pelare gli altri....
- Sono dieci anni che non ho l'onore di trattar col signor conte, - rispose Elia con un sorriso. - Il tempo è ingeneroso per tutti!
E preso un cannone di sulla tavola, e poi un soldatino, li girò, li pesò, li guardò attentamente.
- Son molto fini! - disse. - Io non avevo ancora avuto il piacere di conoscere suo figlio, signor conte!
- È molto fine anche lui! - dichiarò Fabiano. - Ti piace? È un bel ragazzo? Ne faremo qualche cosa di grande. Ma veniamo agli affari. Hai inteso quel che ti ho detto? Io ho bisogno di cinquantamila lire, subito.
Prese posto nella poltrona nella quale s'era seduto la mattina parlando col dottor Alemanni, e lasciò Elia in piedi.
- Il signor conte avrà anche udito ciò che ho risposto! - osservò Elia.
- Hai risposto: «Nespole!» e questo non significa nulla.
- Significa che è impossibile trovar cinquantamila lire. Le troverebbe appena un signore.... che non ne avesse bisogno!
Ed Elia fece una risatina, che pareva un mugolìo.
- Io non valgo dunque cinquantamila lire? - esclamò Fabiano.
Elia non rispose, come non avesse udito.
- La mia famiglia non vale cinquantamila lire? - seguitò il conte.
- La famiglia Traldi di San Pietro vale milioni..., se paga. Ma io temo che non paghi.
- E perchè non dovrebbe pagare?
- Perchè il signor conte non è in buoni termini con la sua famiglia.
- Chi te lo dice?
- Me lo dice Lei stesso, signor conte. Ella è sceso all'albergo; e ciò spiega tutto.
Bruno aveva riadagiato i soldatini nella scatola e s'era ricoverato tra le gambe del padre.
- La mia famiglia paga! - dichiarò questi. - Tu vuoi essere sempre furbo e dici delle sciocchezze. La mia famiglia paga bene. Informati, caro Polacco.
- Non dubiti, signor conte, - rispose Elia inchinandosi, - che m'informerò. Tuttavia devo avvertire il signor conte che se la famiglia paga; la situazione s'aggrava....
- Hai voglia di scherzare? - esclamò Fabiano squadrando l'ometto impassibile.
- È questione di logica, - ribattè Elia. - La famiglia paga: paga cambiali con forti interessi; pagherà oggi, pagherà domani, e poi non pagherà più e farà interdire il signor conte. Conosciamo questa musica!
- Allora, con la tua logica si viene a concludere che se la famiglia non paga, non mi dai denaro; e se la famiglia paga, non mi dai denaro. È una logica stupefacente.... In ogni modo, caro Polacco, non ho tempo da perdere, e tu puoi andartene....
- Mi dispiace, - rispose Elia senza muoversi. - Mi dispiace perchè con la sua fretta e la sua arroganza, il signor conte cadrà in mano di qualche strozzino....
- La città è piena di gente senza scrupoli, - seguitò Elia, - che metterà la corda al collo di Vostra Eccellenza per pochi soldi....
- È fatale! - esclamò il conte ridendo. - Cadrò in mano di uomini senza scrupoli, se quelli che han gli scrupoli non mi danno un centesimo.
- Non dico questo, - ribattè Elia, pronto. - Il signor conte chiedeva cinquantamila lire subito. Ciò è assurdo. Gli affari non si trattano così.... Bisogna ponderare, guardarsi intorno, vedere che cosa offre il mercato, perchè il signor conte non ignora che anch'io dipendo da certi fornitori; e allora poi si discute e si combina....
- Chiacchiere! - esclamò Fabiano alzando le spalle. - Io devo ripartire domani o doman l'altro al più tardi.
- Doman l'altro! - ripetè Elia. - Il signor conte mi dia ventiquattr'ore di tempo, fino a domani sera, per esempio. E domani sera tornerò col denaro che avrò potuto racimolare, e le dirò le condizioni.... Ma fin da ora devo avvertire il signor conte che saremo lontani, ben lontani dalle cinquantamila. Non le troverebbe che un Rothschild....
- Porta quel che hai, e finiamola! - ordinò Fabiano bruscamente.
E allontanato Bruno, si alzò voltando le spalle a Elia.
- I miei omaggi al signor conte! - disse questi. - Domani sera sarò qui, verso le otto.
- Adesso facciamo un'altra battaglia, - pregò Bruno.
- No, no, - rispose Fabiano, - di battaglie ne ho abbastanza per oggi.
- Che brava gente! - pensò Elia Polacco andandosene e richiudendo l'uscio. - Nè padre nè figlio non mi hanno degnato d'uno sguardo! E sono io, dopo tutto, che devo correre per mantenerli nell'ozio!
Non appena Elia fu scomparso, il conte prese Bruno sotto le ascelle e lo trascinò ballando per la camera.
- Su, su, tutto va benissimo! - esclamò. - E doman l'altro ti condurrò al mare, in un paese d'oro, sotto un cielo azzurro, e lasceremo qui questa masnada di provinciali. Salta, andiamo, salta col papà!
E fischiettò il valzer della Madame Angot per accompagnare la danza.
- Tu sbagli, - dichiarò Bruno lasciandosi trascinare. - Io al paese d'oro non vengo. Io ritorno sul lago. Il paese d'oro non mi piace, il mare d'oro non mi piace. Io voglio Nicla!
- Ancora! - disse il conte. - Quella ti piace, Nicla? Ho pensato anche a lei, e le ho scritto ieri sera.
Bruno diede uno sgambetto e si divincolò, piantandosi a terra.
- Le hai scritto con molte parole? - chiese stupito e contento.
- Ma già, con molte parole, - rispose Fabiano, sedendo e riprendendo Brunello tra i ginocchi. - E le ho mandato i tuoi saluti.
- Le voglio scrivere anch'io, - annunziò Bruno. - Tu mi correggerai. E le hai detto che deve aspettarmi, perchè io tornerò presto a trovarla, e mi canterà la poesia?
- Oh, oh, questo poi! - esclamò Fabiano scandalizzato. - Il papà non è mica fatto per combinarvi gli appuntamenti!...