IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
XVII.
La signora Nicoletta Barbano era uscita con la carrozza chiusa a due cavalli, per portar le carte da visita a due vecchie dame alle quali era stata presentata la sera innanzi durante un ballo.
Le due dame abitavano ai due capi opposti di Milano; e sul ritorno, il cielo già freddo e grigio aveva lasciato sfuggir qualche fiocco di neve; poi piano piano i fiocchi s'erano fatti più spessi, turbinavano, giuocavano, danzavano col vento, scendevano a terra e vi si attaccavano.
Era la nevicata prossima, copiosa, che mandava avanti i primi annunziatori, e in breve avrebbe coperta Milano intera d'un morbido mantello.
Nonostante il berretto e la pelliccia d'ermellino, Nicoletta si sentì penetrar dal freddo, un freddo strano che pareva lambirle l'anima più che le carni; e quantunque fosse a pochi metri da casa, tirò il cordone non appena arrivò davanti la soglia d'un caffè elegante, e fece fermare.
Era un piccolo capriccio. Nella sua casa, bella, tepida, raccolta, avrebbe trovato tutto ciò che le fosse piaciuto; ma presa dalla voglia di bere un tè, s'era arrestata subito.
Scese di cassetta lo staffiere, aprì lo sportello, e la signora balzò dalla vettura nella prima sala.
A quell'ora, le tre del pomeriggio, non c'era nessuno. S'udiva venir, da una sala nel fondo, lo strepito dei dadi agitati in un pirgo d'argento e buttati sopra il tavolino di marmo. Qualcuno giuocava.
Nicoletta si fece servire il tè, e ricoveratasi in un angolo, tutta chiusa nella pelliccia, si rallegrò egoisticamente del piacere infantile che si largiva. Le pareva gran cosa d'essere entrata sola in un caffè, sebbene la carrozza l'aspettasse fuori, e di rimanervi pochi minuti. Non l'aveva mai fatto, non gliene era mai venuto il pensiero.
Quel giorno era stata fermata per via dall'innocente ghiribizzo, e aveva obbedito come a un ordine. Centellava il tè, e con la sinistra andava sfogliando i giornali illustrati che un cameriere le aveva posto vicino, sopra una sedia.
D'ora in ora dava un'occhiata alla via deserta, già tutta bianca. Sotto la nevicata silenziosa i due roani stavano immobili a testa alta. Si vedevano qua e là pei negozii accendersi le lampade: e ombrelli passar frettolosi in lontananza, punteggiati di fiocchi candidi.
D'un tratto Nicoletta sussultò; sentì un fremito che la percorse tutta, da capo a piedi.
Impallidì; non osò voltarsi; forse era un'allucinazione.
Aspettò che la voce ripetesse.
- Nicla!
La donna si volse e balzò in piedi.
- Tu! - disse con voce ansante. - Brunello!
Le stava innanzi un giovane, chiuso fino al collo da una pelliccia nera, asciutto e pallido; una lieve pelurie appariva sul suo labbro superiore; dentro gli occhi grandi la luce era viva ma irrequieta.
- Nicla! - ripetè. - Mi riconosci? Ti ricordi ancora?
- Vieni! - ella disse con la stessa voce ansante.
Gettò sulla tavola alcune monete d'argento, e quasi trascinando Bruno, uscì, salì nella carrozza; e durante il brevissimo tragitto dal caffè a casa, prese le mani del giovane, dicendogli:
- Brunello, bambino caro, amore mio!...
Egli chiuse gli occhi sorridendo, per assaporar quelle parole dette con quella voce, per tornar d'un colpo indietro di dodici anni e ritrovar la propria anima d'allora e l'anima di Nicla, per riprender la vita dal punto in cui era stata interrotta, sulla riva del lago, dall'uomo con la barba rossa mal rasata e i capelli radi chiazzati di bianco.
Ma non appena furono in casa ed ebbero gettate, passando nell'anticamera, le pellicce al domestico, Nicla si ravvide; squadrò Bruno e gli disse, uscendo dal breve sogno:
- No, non è possibile! Non devo darti del tu. Non sei più un bambino!
- Lo credo, - rispose Bruno con un sorriso. - Ho vent'anni!
Si guardò intorno: erano in un piccolo salotto, addobbato con una stoffa a liste verticali argentee sul bigio; la luce falsa della nevicata dava un chiarore albale ai mobili di stoffa bigia a liste argentee.
- Dimmi, - seguitò Nicla ansiosa. - Quando sei arrivato?
- Da due giorni, - rispose Bruno.
Egli stava seduto di fronte a lei e si tenevano ancora per mano.
- Col tuo papà? - riprese Nicla.
Un velo di dolore calò sul volto del giovane.
Nicla esitò: aveva toccato una ferita.
- Mio Dio, - interrogò a bassa voce. - Non c'è più?
- C'è, - disse Bruno sordamente. - Ma sta male: da quattro anni in una casa di salute.
- In una casa di salute! - ripetè Nicla, presa da un formicolìo di raccapriccio.
- Non me ne parlare! - mormorò Bruno, stanco.
Ella si alzò ad accarezzargli i capelli folti e ondulati.
- Ti chiedo perdono! - susurrò dolcemente. - Egli è stato sempre buono con me; mi ha dato pel primo tue notizie, quando sei partito....
Bruno le fermò la mano e vi posò un attimo le labbra.
- Allora con la mamma? - riprese Nicla.
- Sì, - disse Bruno. - Veniamo da Roma; siamo stati a Roma quattro anni....
E mutando voce, gaiamente soggiunse:
- Ora tocca a me interrogare. Dov'è tuo marito? Sei felice? Quando mi presenterai al signor Barbano? Che cosa hai fatto in questi lunghi anni?...
Si guardò in giro, a terra, come vedesse piccole cose o piccoli esseri corrergli incontro:
Nicla aveva ripreso il suo posto, e non distaccava gli occhi dal volto del giovane; lo riconosceva, lo ritrovava a poco a poco, con un segreto palpito di gioia.
Era quel caro volto, un po' smagrito, dalle linee decise, con la piega sdegnosa all'angolo destro della bocca, era quello sguardo dritto negli occhi scuri, era quella voce, fatta più maschia, ma uguale, senza soni falsi, che le portavano innanzi lutto il suo bel passato radioso di fanciulla.
- Aspetta, aspetta, - disse ridendo. - Mio marito non tornerà che per il pranzo; è tutto il giorno nel suo stabilimento e spesso non lo vedo nemmeno a colazione. Lavora troppo, e ne sono inquieta. Bambini? neppure uno, piccolo, piccolo così....
Il suo sorriso si fece incerto, scomparve un istante dalle labbra.
- Non ho bambini. Sì, sono felice: oggi più che mai. Mio marito è l'uomo leale, degno, delicato, che può far felice con la sua bontà la donna più difficile. È impossibile non volergli bene; anche tu gli vorrai bene subito.... Che cosa ho fatto in questi lunghi anni?
S'interrogò brevemente, gettò uno sguardo ai dodici anni trascorsi, poi constatò, come sorpresa:
- Nulla! Non ho fatto nulla! Ho vissuto: sono invecchiata!...
E sorrideva con la bocca fresca e rosea, come ai giorni lontani.
Bruno l'aveva ascoltata, scrutandola attento. Si alzò, si mise a passeggiare.
- Dunque esisti, esisti davvero? - egli disse fermandosi, dritto in piedi a guardarla ancora dall'alto in basso.
- Tu credevi che io fossi sfumata nell'aria? - rispose Nicla, alzandogli in volto gli occhi limpidi.
- Sì, io credevo che tu fossi sfumata! - ripetè Bruno senza sorridere. - Quante, quante volte mi son chiesto in questi ultimi tempi se tu esistevi, o se non eri piuttosto una creazione della mia infanzia fantastica! Ti ricordavo così bella, così dolce, così diversa dalle altre, che avevo paura di rivederti.... Avevo paura di ritrovare una donna placidamente volgare (mi perdoni?), priva di tutte le bellezze d'anima e di persona che la mia imaginazione di fanciullo ti aveva donato.... E invece esisti....
S'interruppe come per assaporar con gli occhi la svelta figura che gli stava innanzi: e Nicla senza civetteria e senza ritrosia si lasciava guardare per rievocare il sogno di lui.
Era veramente, veramente Nicla, dai capelli bruni, dagli occhi scuri intorno ai quali s'era adunata una lievissima ombra di stanchezza che ne aumentava la luce; e il busto forte e agile balzava su dalla curva dei fianchi con tutto lo slancio giovanile dei più freschi anni; pareva fosse rimasta intatta, salvo la piccola ombra intorno agli occhi profondi. E la bocca rosea, finemente disegnata, era essa sola una giovinezza serena, diceva essa sola la purità tranquilla dell'anima.
- Come mi fa bene, - esclamò Bruno, accarezzando d'un tratto la testa della giovane con mano lieve e fraterna, - come mi fa bene rivederti così bella!... Sei ancora la mia Nicla....
Ella rispose, abbandonandosi a quella carezza:
- Sì, sono ancora la tua Nicla! Non mi avevi detto d'aspettarti, che saresti tornato?
- Ti ricordi! - disse Bruno. - È sempre vivo il mio vetturale, Vico Malerba...?
- È vivo e allegro, e lavora!..
Tacquero un istante; poi Bruno riprese, allontanandosi:
- Perchè tu devi farmi dimenticare. Ho visto troppe cose....
Si fermò passandosi una mano sugli occhi.
- Tu devi strappar dalla mia vita alcune pagine d'orrore. Potrò sedermi ancora ai tuoi piedi, a cuccia, ascoltarti.... E ti dirò io l'antica poesia nostra.... Io la so; e non l'ho mai detta a nessuno, l'ho portata nel cuore per tutti questi anni, insieme al desiderio e al timore di rivederti....
Nicla ascoltava immobile, avvolta ella pure nell'illusione, con un sorriso piccolo sulle labbra, che diceva un piacere infinito.
Parevano essersi staccati, ella e lui, dal mondo, avere obliato il mondo, come se la neve che cadeva ininterrotta in un silenzio mortale avesse drizzato intorno a loro un palazzo candido, un grandioso palazzo di sogni, entro il quale occhio umano non poteva penetrare.
E il palazzo si sfasciò d'un tratto, crudelmente.
Era comparso sulla soglia un domestico. E annunziò:
- La signora è chiamata al telefono
- Chi è? - chiese Nicla, scuotendosi.
- Il signore.
- Aspettami! - disse Nicla a Bruno.
Bruno aspettò con la fronte appoggiata ai cristalli d'una finestra, pensoso, come quando, piccino, soffiava sui vetri e disegnava pupazzi col dito nel velo del fiato.
- È mio marito, - disse, - che mi avverte che verrà a pranzo più tardi del solito.
Bruno la guardò e non rispose.
- Ascoltami, - ella soggiunse. - Bisognerà che io ti presenti. Vuoi questa sera stessa?
- No, - disse Bruno. - Domani. Mi aspettano a casa. Quando ti ho incontrata, ero con Salapolli; non mi ha più visto, e avrà creduto che io sia scomparso nella neve....
- Rapito! - corresse Nicla. - E Salapolli è sempre con te?
- Sì, povero vecchio! Mi vuol bene, e vuole anche molto bene al mio papà....
- È un brav'uomo; l'ultima volta mi ha scritto pel tuo duello, pregandomi di lodarti e d'incoraggiarti. Io gli ho risposto, facendogli comprendere ch'era un insensato.
E rise.
- Ah il briccone! - esclamò Bruno. - Non mi ha mai detto nulla!
- Ascoltami, - riprese Nicla. - Non potremo darci del tu....
- Non potrai sederti ai miei piedi....
- Nemmeno quando saremo soli, - aggiunse Nicla, esitando un poco.
E sentendosi arrossire, volse il capo perchè Bruno non vedesse.
- Nemmeno? - egli pregò con voce supplichevole.
- No. Non è possibile! - confermò Nicla.
- Abbiamo sognato! - disse Bruno dolente.
Nicla gli sorrise e gli prese le mani.
- T'inganni, - rispose. - Io sarò sempre la tua Nicla; io ti ho aspettato sempre. Ma lo saprai tu solo....
E con voce tremante soggiunse:
- Lascia che ti chiami ancora Brunello, per l'ultima volta, amore mio, bambino caro....
Poi, d'un tratto, come trascinata da una follia, afferrò la testa di Bruno e l'avvicinò alle labbra:
- I tuoi occhi hanno visto troppe cose d'orrore, - disse. - Io ti farò dimenticare!
E lo baciò sulla fronte e sugli occhi; egli ebbe un brivido e si fece pallido.
- Ti ricordi, - riprese Nicla, tenendolo ancora per mano, - ciò che mi disse un giorno tuo padre?... Eravamo nel bosco; egli venne a ringraziarmi perchè stavo sempre con te. E mi disse: «Lei potrà fargli molto bene, signorina!».
- Sì, sì, mi ricordo! - esclamò Bruno. - Tu mi recitavi la poesia....
- E io ti farò molto bene! - promise Nicla. - Ora va; aspetto visite. Non voglio che tu ti confonda con gli altri; non voglio distruggere quest'ora con discorsi insignificanti.
Sulla soglia, Bruno si volse, si chinò a baciar le mani di Nicla, una dopo l'altra, ardentemente.
- Sei mia! - disse.
Ella col capo gli fece un cenno di promessa, sorridendo.