Luciano Zuccoli
La freccia nel fianco

SECONDA PARTE.   Io coglierņ per te balsami arcani....

XVIII.

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XVIII.

 

Dopo averlo aspettato per quasi un'ora, il professore Salapolli si decise ad andarsene dal caffè e ad aspettare Bruno a casa.

Gli anni non eran riusciti a curvar la sua adusta, alta figura; ma aveva perduto fin l'ultimo capello, e in compenso s'era lasciato crescere la barba, una barba lunga e sottile, di cui prendeva in bocca e masticava la punta allorchè meditava sopra un'edizione aldina o sopra qualche gran caso della vita.

Per quella figura e per quella barba e per la saviezza facile con cui aveva condotto sempre la sua esistenza, Bruno lo chiamava qualche volta Pantalone.

Aveva trascinato seco, partendo da Parigi, la biblioteca raccolta coi più duri sacrifici; e da Parigi a Roma, e da Roma a Milano non l'aveva mai abbandonata.

Egli contava di lasciarla morendo al suo alunno, ormai diventato un maestro che ne sapeva più di lui.

Non aveva nella casa alcun ufficio speciale; faceva da bibliotecario pei libri suoi e pei libri di Bruno, e serviva a questi da segretario, quando Bruno non aveva voglia di sbrigare la sua corrispondenza con i conoscenti di Parigi, di Bruxelles, di Vienna, di Roma.

Conoscenti, diceva Bruno, calcando sulla parola; perchè amici, veri amici ai quali potesse confidarsi, non ne aveva e forse non voleva averne. Il solo amico era il Salapolli, il quale era stato testimonio di quasi tutta la sua vita; gli dava del tu; e il Salapolli da anni lo chiamava conte e nulla aveva potuto ridurlo a trattarlo più familiarmente.

La devozione per il conte Fabiano, l'affetto e l'ammirazione per Brunello, i ricordi felici e tragici d'un passato che apparteneva insieme a lui e a quei due signori, gli imponevano di trattare il bambino di ieri con tenera fiducia, ma con forma rispettosa. Talora si lasciava scappare, parlando con Brunello, anche qualche «Signoria» che faceva ridere il giovane.

Messosi dalla finestra a guardar nella strada, il Salapolli vide tornar Bruno in una carrozza padronale, tratta da una pariglia di roani tarchiati.

Aveva già comperato i cavalli? Aveva già trovato amici?

Non disse nulla, ma andando incontro a Bruno, nel vestibolo, non potè non notare un'espressione di gioia nervosa, di soddisfazione mal contenuta ch' in ogni gesto di lui e che gli faceva rilucere stranamente lo sguardo.

- Ah, ah, Pantalone! - esclamò il giovane ridendo. - Mi avrai aspettato per un bel po', non è vero?... Che vuoi? Sono stato rapito, in un turbine di neve, da una fata bianca!

- È arrivata molta posta per lei! - annunziò il Salapolli, il quale non aveva capito niente.

- Andiamo in biblioteca, e così vedremo! - rispose Bruno.

Consegnò il cappello e la pelliccia al domestico, e precedette il Salapolli nella biblioteca, a pian terreno.

E camminandogli innanzi, seguitò

- Che vuoi, Pantalone mio? I bei ragazzi trovano le fate all'angolo della strada.

Poi, non appena fu nella biblioteca, fece tre o quattro salti, tre o quattro piroette, sotto il naso del Salapolli trasecolato.

- Ah com'è bella! - esclamò. - Com'è bella, giovane, pura! Com'è ancora lei! Ed è mia, mia, tutta mia!... Ha ancora diciotto anni!... Io sono ancora un bambino.... Non sognavo, quando la vedevo così, unica al mondo, col cuore preso, invaso dal suo ricordo!... Mi ha sempre aspettato, ha sempre fidato nel mio ritorno....

Fece ancora una piroetta con tale velocità, che il Salapolli si trasse indietro per non esserne rovesciato.

- Ma, signor conte! - disse, strabiliando.

- E tu sei una bestia, vedi? - riprese Bruno, fermandosi di contro al Salapolli e appuntandogli l'indice sotto il naso. - Le hai scritto che mi sono battuto, e le hai detto d'incoraggiarmi!... Dio degli Dei, che bestie sono questi bibliomani...!

- La signora Nicoletta! - esclamò il Salapolli. - Ha ritrovato la signora Nicoletta!...

- Nicla, Nicla, Nicla! - esclamò Bruno. - La mia Nicla!

E il suo grido risonò tra i vecchi libri come il nitrito fremente d'un puledro.

Soggiunse:

- Era la fata bianca, veramente. Aveva pelliccia d'ermellino, un berretto d'ermellino, era tutta bianca, come fosse nata nella neve. E mi ha portato via nella sua carrozza, e mi ha baciato sulla fronte e sugli occhi. Caro Salapolli, io oggi sono felice!

S'arrestò, il suo pensiero corse lontano, rapidamente.

- Felice quanto mi è possibile essere!... - soggiunse in tono più basso.

Il Salapolli rimaneva a guardarlo, con le mani in mano, confuso e meditabondo; poi disse:

- Mi pare un grosso imbroglio!...

- Che cosa? Che cosa ti pare un grosso imbroglio? - domandò Bruno ridendo.

- Questo incontro con la signora. Quanti anni ha....?

- Aspetta. Io ne ho venti.... Dunque lei deve averne circa trenta....

- Fiore di donna! - definì il Salapolli.

- Fiore di donna, fiore di bellezza, fiore di virtù, fiore di bontà, fiore di tutto!...

- E la signora l'ha baciato sugli occhi!

- Naturalmente. Anch'io l'ho baciata. Non è mia sorella? Non è stata sempre mia sorella?

- Ah! - fece il Salapolli, negligentemente.

- Già, tu, vecchia cartapecora, non capisci nulla di queste cose!

- È arrivata molta posta per lei! - ripetè il Salapolli.

- Vediamo.

Sedettero a una lunga tavola, nera come le scansie che chiudevano i libri. La tavola occupava il mezzo della sala, in cui pioveva la luce da due grandi finestre e da una tettoia di vetro.

Con un sottil tagliacarte che somigliava a un pugnale, Bruno tagliava rapidamente un lato delle buste, apriva, leggeva, guardando innanzi tutto la firma.

- Oh! - disse a un tratto. - Armanda! È Armanda che mi scrive.

- Armanda Jeoffroy, - ripetè il Salapolli. - Credo che volesse molto bene al signor conte....

- Sì, poveretta, ed io era molto cattivo con lei....

Lesse attentamente, poi tornò a leggere; infine disse al Salapolli:

- Bisogna mandarle cinquecento lire.

- La signorina chiede cinquecento lire?

- No, non chiede nulla. Ma ha bisogno. Figurati che Etienne, l'ufficiale d'artiglieria col quale viveva, si è bruciato le cervella; e la ragazza è sul lastrico....

- Basteranno cento lire, - osservò il Salapolli.

- No. Bisogna mandargliene cinquecento! - ordinò Bruno. - Perchè queste miserie con una donna?

- Ma caro conte.... - insistette il Salapolli.

- Eh, lo so! - interruppe Bruno con un sorriso. - Se tutti i suoi amanti le mandassero cento lire, diventerebbe milionaria!... Ma nessuno le manderà nulla. E in ogni modo ciò non mi riguarda.

- Io non volevo dire niente di tutto questo, - fece il Salapolli ostinato. - Volevo dire che bisogna andar piano coi biglietti da cinquecento lire. La signora contessa....

- Sì, la signora contessa spende molto, getta i denari dalla finestra, se li fa mangiar da tutti.... Me lo hai fatto comprendere mille volte, caro Pantalone.... Ma oggi, proprio oggi che sono felice e ho ritrovato la mia Nicla, proprio oggi vuoi ch'io lesini con una donna che mi ha amato? Non hai vergogna, vecchio esoso?... Dunque, cinquecento lire a Armanda, e subito!

Il Salapolli scosse il capo, disapprovando.

- Sua Signoria sarà servita!

Bruno si mise a ridere; fissò il vecchio, che masticava la punta della barba; e seguitò:

- Ti ricordi che cosa diceva il povero papà? «Quando non ce ne sono più, ce ne sono ancora!». Ebbene, io son dell'opinione del papà!...

Il Salapolli continuava a scuotere il capo.

- Insomma, tu mi annoi! - dichiarò Bruno. - Tu vivi da anni in un grande errore!...

- Io? - esclamò il Salapolli.

- Tu sei sempre vissuto nell'errore di credere che io abbia mai contato e che conti sopra il mio patrimonio. È qui dove si vede che tu sei uno sciocco. Neppure un centesimo di quel danaro si troverà fra qualche anno, ne sono sicuro; sarà tutto sperperato; ha cominciato il papà; finirà la mamma. E a me non ne importa nulla!

Il Salapolli lanciò un'occhiata interrogativa al suo giovane amico.

- Nulla! - ripetè questi.

Stese la mano destra sulla tavola, ne mostrò il palmo al vecchio.

- Vedi? - seguitò. - Qui dentro c'è tutto! Volontà, energia, forza, potenza di miracoli; e ci sarà un giorno anche il danaro, e ci sarà un giorno anche la gloria; tutto è chiuso qui dentro! Non sono uomo che viva del patrimonio comodo. Ho piacere, anzi, che al momento in cui balzerò nella vita per combattere, quel danaro sia sfumato; altrimenti direbbero che la mia vittoria è stata troppo facile, perchè non ho patito la fame e il freddo.

Guardò ancora la mano, e ripetè:

- Tutto è qui dentro, chiuso!

Ma alzando lo sguardo, vide che gli occhi del Salapolli s'erano inumiditi per una commossa ammirazione.

- Se piangi, - gli disse ridendo, - ti getto tutte le buste sulla faccia!...

- Vuole, - mormorò il Salapolli, - che alla signorina Armanda spediamo mille lire?...

Bruno diede in una risata.

- No, - disse, - non esageriamo. Tanto più che di danaro Armanda me ne chiederà presto dell'altro!

Salapolli voleva domandargli qualche nuova d'un libro che Bruno aveva pensato di scrivere; meglio che un romanzo, un breve poema in prosa, agile e lieto, del quale gli aveva parlato sovente a Roma: e doveva intitolarsi «Gli anelli del Serpente».

Ma Bruno stava leggendo la sua corrispondenza; o, a dir vero, con gli occhi fissi sulla prima pagina d'una lettera, galoppava col pensiero per campi sterminati e vaghi; e il Salapolli seguiva in silenzio le fantasie del suo alunno, che non lo vedeva e forse non lo sapeva nemmeno presente.

Alzatosi di scatto, il giovane cominciò a passeggiar per la biblioteca intorno alla tavola rettangolare, a capo basso, con le mani nelle tasche dei calzoni.

Poi subitamente proruppe:

- Com'è bella! Com'è ancora lei, fresca, giovane, pura!...

- Ho capito! - pensò il Salapolli. - Si tratta della sorella!

E borbottò tra i denti:

- Povero signor Barbano!

 

 

 


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