Luciano Zuccoli
La freccia nel fianco

SECONDA PARTE.   Io coglierņ per te balsami arcani....

XX.

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XX.

 

Per addobbare la casa di Milano in via Meravigli, erano stati mandati innanzi da Roma il professore Salapolli, che doveva curare l'assetto della biblioteca, e la governante ungherese, Maritza, che doveva disporre i mobili.

Ma giunti a Milano, Brunello s'era dichiarato contento del lavoro compiuto dal suo vecchio maestro, e la contessa Clara Dolores aveva espresso la più viva disapprovazione per il lavoro compiuto dalla governante.

Aveva ordinato che si tornasse daccapo, trasportando il mobilio dal secondo piano al primo, dando tutto il primo piano a Brunello, mutando gli oggetti da stanza a stanza; onde ancora dopo quindici giorni dall'arrivo, dopo più d'un mese dacchè la governante aveva lavorato, la casa dava lo spettacolo d'un disordine che somigliava a uno sgombero interminabile.

Clara Dolores doveva ricevere i suoi amici così, in un salotto in cui i quadri erano appoggiati a piè del muro, invece di pender dalle pareti, e le poltrone eran coperte di vecchie stoffe accatastate; prendeva e offriva il sopra un angolo di tavolino, accoglieva insieme un'amica e il tappezziere e lo stipettaio e il decoratore.

Bruno sbuffava; ella rideva noncurante.

Toccava ormai la quarantina; la sua figura era tuttavia snella ed elastica; ma i cosmetici del Kallòtrofo e degli altri empirici le avevan presto avvizzito il volto, e le tinture bionde le avevano devastato la chioma, bruciandola e tagliuzzandola. Aveva una testa da vecchia dipinta e rifatta sopra un corpo giovanile e flessuoso; e la sola bellezza di quel viso erano gli occhi lunghi dalla fiamma penetrante.

Dopo alcuni giorni dall'arrivo, Bruno, salendo verso le cinque a prendere il , aveva trovato in salotto un signore, la cui fisionomia non gli parve ignota.

Non ebbe tempo a chiedersi dove l'avesse visto, che già Clara Dolores aveva fatto la presentazione.

- Il mio Bruno. Il conte Duccio Massenti.

Bruno s'inchinò e si lasciò stringere la mano.

- Il conte è un vecchio amico di casa, - continuò Clara Dolores. - Tu forse non lo ricordi, perchè eri piccino....

Bruno e il conte si guardarono di nuovo; ambedue rammentavano benissimo, ma nessuno disse parola.

- Un vecchio amico e un fidato consigliere, - seguitò la contessa.

- Che cosa ti ha consigliato? - domandò Bruno in tono beffardo.

Ma la contessa spaurita dalla domanda insolente, finse di non averla udita, e parlò presto d'altre cose, dell'addobbo, delle noie che le arrecavano gli operai, del tempo rigido.

Bruno ingoiò una tazza di , sogguardando il conte, fattosi canuto precocemente ma sempre mellifluo, con un sorriso dolciastro sulle labbra. Il giovane sentiva in lui l'ipocrisia.

S'alzò, s'inchinò e se ne andò.

Duccio Massenti! Aveva un vecchio conto da saldare; ricordava bene ch'egli aveva offesa Nicla in altri tempi; non sapeva come, non sapeva perchè, ma l'aveva offesa.

E gli venne l'idea, non appena fu da Nicla, di parlarne con lei.

Bruno andava da Nicla tutti i giorni, a qualunque ora, spesso trovandola sola, spesso con altre signore giovani alle quali ella lo aveva presentato, dicendo in brevi parole ch'egli era stato il suo fanciullo, il suo protetto; e poichè ne avevano udito parlare più volte, le signore lo accolsero festosamente.

Quand'erano soli, Nicla e Bruno si davano ancora del tu; l'illusione era più forte d'ogni ragionamento; e talora Brunello sedeva ai piedi dell'amica e posava il capo sulle sue ginocchia; ed ella lo accarezzava lievemente.

Egli sentiva ch'ella era sua come aveva promesso; e invece di rallegrarsene. Bruno n'aveva quasi sgomento. Nicla s'abbandonava a lui; s'egli avesse voluto baciarla, accarezzarla, prenderla tra le braccia, ella avrebbe lasciato fare, nella inesperienza della sua anima; non sapeva d'essere bella e desiderabile, o credeva che la sua bellezza fosse così pura agli occhi di Bruno da allontanargli ogni pensiero cattivo.

Bruno la teneva in mano, inerte e arrendevole; ma sentiva la sua bellezza ben diversamente da ciò ch'ella supponeva; e per non atterrirla, si frenava, nascondendo con cura la passione che cominciava a soffiargli nel cuore.

Quando ella gli diceva di appoggiare il capo sulle sue ginocchia, egli tentava di rifiutare; quando ella gli passava le mani sui capelli e sul volto, egli tratteneva un fremito, e con garbo, sorridendo, le allontanava.

- Non mi vuoi più bene? - chiedeva Nicla.

- Sì, - egli rispondeva con voce malcerta.

- Perchè non lasci che ti accarezzi?

- Non so.

E si alzava di scatto e andava a posar la fronte contro i cristalli freddi della finestra.

Quel giorno le disse:

- Sai chi ho trovato oggi in salotto, dalla mamma? Duccio Massenti...

- Ah! - fece Nicla, reprimendo un moto di sorpresa.

- È molto antipatico, - osservò Bruno. - Mi ricordo ch'egli ti ha offesa, e non hai voluto mai dirmene la ragione.

- Non è vero! - esclamò Nicla impaurita. - Non mi ha offesa.

- C'è sempre stato un mistero in quel piccolo incidente della nostra vita, - riflettè Bruno. - Io voglio venirne a capo. La mamma mi ha detto che è un vecchio amico e consigliere fidato, e ciò mi ha fatto ridere; temo sia stato lui a consigliar la mamma a tingersi i capelli color d'oro.

- Bruno! - esclamò Nicla in tono di rimprovero.

- Non mi vuoi dire dunque ciò che c'è stato fra te e lui? - incalzò Binino.

- Nulla; ti assicuro che non c'è stato nulla!

- Bada! - minacciò Bruno, alzando l'indice e sorridendo. - Bada che la tua ostinazione mi fa pensare a molte cose brutte. Io ricordo ancora (ahimè, io ricordo tutto!), ciò che dicevi quel giorno in barca a me e a lui.... E oggi più che mai, avrei piacere d'ammazzarlo come un cane.

Nicla s'alzò d'un balzo, tutta pallida, e afferrò Bruno tra le braccia.

- Se tu mi vuoi bene, - disse, - se tu mi vuoi bene, devi promettermi che non farai nulla, devi prometterlo e giurarlo per ciò che hai di più caro...!

Ella lo stringeva sul seno, e il volto di lui era appoggiato alla spalla della giovane, gli occhi erano fissi negli occhi.

Bruno sentì quel brivido che lo percorreva sempre, allorchè le mani di Nicla lo toccavano e il profumo della sua persona lo avvolgeva.

Senza cangiar positura, con gli occhi affondati negli occhi di Nicla, muovendo appena le labbra, disse:

- Perchè devo promettere?

- Per me, per la tua Nicla, per te stesso! - affermò la giovane.

- Io prometto a una condizione, - mormorò Bruno.

- Oh, il vile che si vende! - esclamò Nicla con un piccolo riso. - Sentiamo.

- A condizione che tu ti lasci baciare sulla bocca.

Impensatamente, dissennatamente, ella gli offerse subito la bocca.

E si baciarono, a lungo, gli occhi chiusi, con l'avidità di due anime che si confondono, con la bramosìa con cui l'assetato beve, beve, beve, fino all'ebbrezza mortale, fino alla follia, fino all'annientamento, si baciarono col cuore che pulsava vertiginoso, con la gioia di sentirsi vuotar le vene di tutto il sangue.

Poi quando si sciolsero da quella stretta invincibile, si guardarono e videro gli occhi soli che sfavillavano nel volto interamente bianco.

E tacquero.

Ciascuno era entrato nel cuore dell'altro e aveva capito.

La prima a riprendere la parola fu Nicla; ma la sua voce era nuova, col tremito che veniva dal terrore d'un'anima sul ciglio d'un abisso imperscrutabile.

- La tua casa è pronta? - chiese, per dir qualche cosa.

- Non ancora! - rispose Bruno.

Tacquero di nuovo. Era impossibile parlar di cose comuni.

Avevano bisogno ambedue di raccogliersi e di meditare.

Nicla stava aggomitolata, meglio che seduta, in un angolo del divano.

Bruno trovò il suo sgabelletto e lo portò ai piedi di Nicla.

La donna fece un gesto istintivo, come per respingerlo.

- Lasciami! - supplicò Bruno.

Sedette ai suoi piedi, posò il capo sulle sue ginocchia, e pianse in silenzio.

- Bruno, - disse Nicla, a un tratto, con voce grave e pacata. - Ascoltami!... Devo dirti qualche cosa che mi costa molto; ma tu comprenderai.

- Ti ascolto, - rispose Bruno senza muoversi.

Nicla si raccolse, meditò; poi con uno sforzo riprese:

- Oggi ho capito. Tu mi ami, non come una sorella; come una donna....

Arrossì, tacque ancora; si fece forza nuovamente, e soggiunse:

- Tu vorresti che io fossi la tua amante.

Bruno scosse il capo, ma non osò negare in altro modo.

- Ascoltami, Bruno. Io sono tua. Ma bada; tu non mi chiedi l'amore: tu mi chiedi la vita! Io non saprei ingannare nessuno; e quand'anche sapessi, no, mio marito, colui che ti ha accolto a braccia aperte e ti ha chiamato fratello, io non lo ingannerei. L'indomani del giorno in cui fossi stata tua, mi darei la morte. Hai compreso?... Se tu vuoi ch'io muoia, chiedimi l'amore: e ti darò l'amore e la vita; ma sopravvivere mi sarà impossibile.... Hai compreso...?

Egli si alzò.

- Ho compreso, - disse. - Non ti chiederò e non vorrò che il tuo affetto di sorella.

Nicla lentamente gli asciugò gli occhi arrossati da lagrime che parevano avergli bruciato le palpebre

 

 

 


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