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XXII.
Brunello Traldi era tornato savio.
Lo diceva egli stesso qualche volta con espressione infantile:
E Nicla gli sorrideva per gratitudine, certa che nessun pericolo li minacciava or mai più.
Il tempo s'era fatto bello; v'eran giornate in cui entrava dalle finestre un soffio di primavera precoce, e dal palazzo Barbano si vedeva il lungo tratto fra via Santa Margherita, piazza della Scala, via Manzoni, tutto scintillante di sole, tutto brulicante di folla; il rumore saliva infaticato a dir che la festosa vita primaverile non era lontana e che la gente fluiva per le strade a godersi il sole e la fresca aria. Si parlava d'anticipar la partenza per la campagna e già al sabato impiegati e commessi e lavoratori correvano a far gite, lasciando quasi deserta la città.
Non chiedeva più di baciar la bocca della sua amica e non era nervoso.
Aveva fatto appello alla forza di volontà della quale si vantava, ed era giunto a far tacere le inquietudini del senso. Non provava, come aveva pel primo temuto egli stesso, alcuna gelosia di Gigi; era fraterno con lui. Non si appartava selvaticamente, e sosteneva con gli amici e le amiche di casa Barbano le conversazioni leggere, spesso fatue, che interessano le persone oziose.
Usciva a passeggio, non sovente per non esser troppo notato, ma qualche volta, con Nicla, e andava con lei ai giardini che rinverdivano e di volta in volta si facevano più ricchi di fronde.
Gigi Barbano lo aveva invitato già a passar qualche tempo in campagna, sulla riva del lago, non appena egli e Nicoletta vi si fossero recati; e Bruno aveva ringraziato senza promettere.
- Perchè? - gli aveva chiesto Nicla. - Perchè non hai detto subito di sì?
Egli non sapeva; aveva obbedito a una oscura voce.
- Che vuoi? - confessò infine. - Riveder quei luoghi che mi sono tanto cari, dove sono stato felice con te e col mio papà.... Che vuoi? Ho paura!...
- Eppure sarebbe molto bello! - disse soltanto. - Si tornerebbe fanciulli!
Bruno scosse il capo con espressione di dubbio.
Il ragazzo di vent'anni aveva dato a pensare a qualcuna fra le amiche di Nicla; le più maligne supponevano senz'altro ch'egli fosse l'amante della giovane, e parlavan di quel povero Gigi Barbano con un lieve senso ironico; le più accese guardavano Bruno e si sforzavano a farsi corteggiare.
Sveltissima tra queste era una signora sui ventiquattro anni, bella d'una bellezza sensuale, i cui occhi velati potevan dire le parole che la bocca taceva.
Si chiamava Claudia Viviani; e avendo più volte incontralo Bruno presso Nicla, n'era rimasta assai piacevolmente impressionata. Accortosi ch'ella si faceva leziosa con lui e desiderava essere sedotta, Bruno ne aveva riso; e pungendola e irritandola, l'aveva aizzata ancor meglio.
- Lasciala stare! - gli aveva detto Nicla. - Finirà con l'odiarti!
Ma Nicla non esprimeva tutto il suo pensiero; stranamente sentiva che l'incessante schermaglia tra Claudia e Bruno, una di quelle schermaglie che il più spesso buttano gli schermitori l'una nelle braccia dell'altro, la torturava come un'acuta e feroce tortura.
Non sapeva dirsene la ragione; eppure quando vedeva Claudia col volto a un dito dal volto di Bruno, e vedeva quegli occhi velarsi e promettere, Nicla domava a fatica l'impeto di gettarsi tra il giovane e la signora e di cacciar la signora come l'avesse sorpresa a rubarle qualche cosa che le apparteneva.
Claudia, invelenita dalla mordente indifferenza di Bruno, s'era fatta ardita.
- Vi piace il mio nome? - gli chiese un giorno.
- Come, non vi piace? Eppure è pagano, è classico!...
- Senza dubbio! - esclamò Bruno ridendo. - Ma Claudio in latino significa zoppicante....
La signora si morse le labbra.
- Io non sono mai gentile! - rispose Bruno.
E tuttavia quello stesso giorno, durante quella stessa visita, Claudia trovò maniera di dirgli spiccicatamente, alla presenza di Nicla, che tutti i giovedì era sola, dalle tre alle sette.
Non appena ella se ne fu andata, Nicla balzò in piedi, e fece alcuni passi, come smarrita.
- Ebbene, - chiese Bruno attonito, - che cosa avviene, Nicla?
- No, è troppo! - esclamò. - È troppo!... Tu non andrai da quella sfrontata?
- Non hai udito? Giovedì, dalle tre alle sette!... È troppo!... Quella donna perde la testa!...
- Lo ha detto per me? - domandò Bruno con indifferenza. - Non le ho badato....
- Sì? Non le hai badato? - fece Nicla, muovendo un passo per accarezzar Bruno, e trattenendosi subito. - Allora non andrai?
- Certamente che no!
- Non ho bisogno di fartelo giurare? - insistette Nicla.
- Tu m'hai insegnato, quand'ero piccino, che del giuramento non si deve abusare, e che la parola basta!...
- Te lo giuro! - affermò Bruno.
Poi guardando la sua bella amica pallida, che s'era lasciata andare in una poltrona, soggiunse:
- Ma come sei agitata!...
- Sì, è vero! - confessò Nicla. - Quella cattiva donna mi ha messo l'inferno, il fuoco, nel cuore. Non ho mai sofferto tanto....
E per spiegare a sè e a Bruno l'agitazione che la faceva tremare, seguitò:
- È lo spettacolo della sua sfacciataggine, del suo ardire, che mi fa male. Non sapevo che una donna, una donna rispettabile, può aver tanta impudicizia. E ciò mi sconvolge.
- Senza dubbio! - confermò Bruno. - Io lo sapevo, e sono tranquillo.
Tacquero un istante. Bruno vedeva che Nicla combatteva una battaglia con sè stessa, e voleva e non voleva, ed era inquieta. Alfine ella si decise, e chinando il capo a guardarsi la punta delle scarpette, disse:
- Bruno!
- Che c'è?
Nicla tacque di nuovo. Bruno rise.
- Devi dirmi una cosa difficile! - osservò.
- Sì, - confessò Nicla. - Aiutami!
- Come posso aiutarti?
- Hai ragione: non sai..... Volevo chiederti....
Esitò ancora; poi, con uno sforzo supremo, abbrancandosi ai bracciuoli della poltrona, osò:
- Volevo chiederti se hai avute molte amanti?
- Molte? - ripetè Bruno sorridendo. - A vent'anni?
- Ma qualcuna sì?
- Qualcuna sì! - confermò Bruno.
- E ora? Quante ne hai?
- Non ne ho! - disse con franchezza.
E sbigottito vide che il volto di Nicla s'irradiava d'una gioia, d'una felicità così palesi, così grandi, che davano ai suoi occhi una luce sfavillante. Volle provar meglio, dubitando ancora; e con finta aria d'indifferenza soggiunse:
- Ma prenderò ora quella stupida tua amica, la Viviani, perchè ciò le fa piacere!...
Nicla mandò un grido soffocato.
- No! - disse. - Te ne supplico. Amore mio, te ne supplico!... Vuoi che mi getti ai tuoi piedi, per supplicarti di più? Amore mio, non farmi morire!... Tu, nelle braccia d'un'altra donna, che ti bacia e ti accarezza?...
Istintivamente e lentamente s'era drizzata.
Poi ricadde di schianto e si passò le mani sul volto come trasognata.
- No. Che cosa ti dico? Che cosa ti ho detto? - mormorò. - Non mi badare; prendi tutte le donne che vuoi, tutte le donne che ti piacciono. È il tuo diritto. Ciò non mi riguarda.
Bruno le accarezzò le mani con dolcezza.
- Non sei tu la mia amante? - disse. - Tu sai che io non amo e non desidero che te. Ma noi non possiamo ingannare. E non avrò altre donne. Te lo prometto, Nicla. Te lo giuro!
Ella levò gli occhi umidi a guardarlo con speranza.
Lo vide diritto come uno stelo, così elastico che pareva pronto a scattare in corsa. La fronte era senza rughe, la bocca ancor fresca e rosea come d'una fanciulla; una pelurie lieve adombrava appena il labbro superiore, e gli occhi splendevano nel carnato olivastro. Era la giovinezza medesima, sciolta e possente, assetata d'amore.
- Oh, tenerezza mia! - esclamò Nicla con un grido d'angoscia cocente. - Bambino mio, è assurdo ciò che tu mi giuri!
Poi, non appena egli volse le spalle per uscire, la giovane si rannicchiò nella poltrona.
Spasimava per quella freccia, di cui doveva portare il peso e il segno nel fianco tutta la vita.