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Oggi la pianura della Migliarina è stata in subbuglio. Sopra un'aia impietrata v'era come uno spettacolo a cui la gente accorreva dalle aie finitime.
Protagonisti: una bastarda di anni diciassette, un vecchio e una vecchia: marito e moglie senza prole, i quali, dodici anni fa, avevano rilevato, d'amore e d'accordo, la fanciulla dall'«Ospizio», e una donna fatta, di dilombamento marziale, che palcheggiando sul pietrato come una folle, asseriva d'essere la madre della bastardella e che era venuta per portarla seco.
La ragazza guardava malfidata la donna. I due vecchi l'avrebbero sbranata con gli occhi. La folla prese la parte dei vecchi.
– Se avevi cuore, non la portavi alla «Ruota».
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Oggi la «Ruota», a cui accennava la folla con raccapriccio, non cigola più sul pernio. Transitando per le città medioevali, nei quartieri non ancora intaccati dal piccone, si scorgono certi tagli di finestre ad altezza d'uomo, al di là dei quali v'è una «Ruota» di legno partita a ventaglio. La finestra è oggi intelaiata da una croce fatta con due spranghe di ferro. Il casamento sul quale cigolava la «Ruota» era l'«Ospizio», che salvava dai gorghi e dalle gore tanti innocenti.
«La Ruota», macchina passiva nei suoi movimenti, tosto che v'era deposto l'innocente, con un colpo di mano la si faceva girare sul pernio; un campanello suonava in corte, e la conversa di servizio raccoglieva un figlio della vergogna o del peccato.
– Passaporto alla dissolutezza, – disse qualcuno.
E vi fu chi, il mostro, dal capo rotondo e dalle mandibole di legno, lo paragonò alla lupa dantesca:
Che mai non empie la bramosa voglia,
E dopo 'l pasto ha più fame che pria.
E chi la definì: sentina di tutti i vizi, sorgente di tutti i delitti, strumento fattore di demoralizzazione.
– Se avevi cuore, non la portavi alla «Ruota», – urlava la folla con raccapriccio.
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La donna, – la madre, – asseriva di aver messo al collo dell'innocente un abitino, quei due pezzetti di pannolano con la imagine della Madonna, per renderla riconoscitiva. E l'abitino fu trovato al collo dell'innocente.
– Sta a lei a decidersi, – dicevano i vecchi.
La ragazza guardava malfidata la donna che asseriva essere sua madre.
– Io non vi riconosco.
– E io ti dico che tu sei mia figlia e verrai tosto meco.
– Io?
– Sì!
– No!
E la madre e la figlia altercavano sull'aia al cospetto della folla che guardava attonita come a uno spettacolo.
– Son dieci anni che ti cerco!
– Non è vero!
– Tu verrai meco!
– Innanzi la morte!
– Via!
– Lasciatemi. M'avete fatto bastarda.
– Niuna madre partorisce bastardi. Via al momento.
Pareva che sul pietrato si rappresentasse il «maggio» della Bastarda ritrovata, e la folla ascoltava ammutolita.
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La donna andava da giovane al «servizio». Scese dal piano di Solaio con le calze fatte di stame di pecora e un paio di scarpe a doppia suola e tutti chiodi sotto; il petto tondo lo costringeva al costato un busto con le stecche alte fino alle clavicole. L'anche erano strette da una gonnella di ghineone, sul capo aveva una pezzuola di mezzalana nera a fiori gialli.
Dopo una quindicina di giorni che s'era allogata, girottolò la città con le calze della padrona cicatrizzate dai rammendi. Trampolò su delle scarpe a punta col tacco a pero e si mise un abito di percalle celeste a palline rosse e si specchiava in tutte le vetrine. La domenica si frescheggiava nei giardinetti e faceva dei mazzetti di fiori insieme a un giovanotto ben portante. Chi era? Lei non lo seppe mai, nè prima nè dopo. È il solito ignoto che vanisce come un'ombra.
– Se torni a casa a quel modo, ti attacco la pelle a un gancio, – gli disse il padre prima che ella partisse per il servizio.
Ed ella, dopo aver messo l'abitino al collo dell'innocente, ritornò verso il suo paese al tempo della raccolta delle castagne e ridiscese al piano a primavera. E poi si perse là per le città assaettate.
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La «Ruota» inghiottiva, passiva come un mostro di legno, gli innocenti: il tinnire di un campanello, un vagito soffocato dal contrasto della «Ruota» col muro, e: amen.
La «Ruota» girava nei sobborghi tenebrosi di Parigi e in altre centocinquantasei città della Francia, cigolò in Spagna e in Germania. Prima che la «Ruota» inghiottisse gli innocenti, questi venivano lasciati sui gradini delle chiese, sui cuscini delle erbe lattate dei pubblici giardini alla mercè dei paltonieri e degli stregoni, i quali, a queste creature, impiagavano le membra e slogavano gli arti perchè la orribile vista desse più frutto di elemosine. La «Ruota» fu nel tempo glorificata e maledetta, maledetta da Malthus, irritato quasi delle pietose cure, il vagheggiatore sinistro delle pestilenze ed epidemie provvidenziali, da Lord Brougham, dal barone di Watteville, e fu difesa da gente più umile e fu, finalmente, scardinata dal pernio, e venne l'ufficio di recezione.
Chi si avvicinava alla «Ruota»? L'ufficio di recezione, con la statistica impassibile, dà volto alle ombre: su 8oo esposti, 225 appartengono a operaie, 399 a domestiche, 97 a giornaliere, 4 ad artiste drammatiche, 40 a sconosciute, 35 a donne senza professione.
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Anche la donna che sull'aia reclamava, col gesto e la voce, la sua figliola era stata una donna di servizio: quelle che è tanto difficile trovare oggi.
– Creda, è una disperazione, non si trova più una donna di servizio.
– Anche su per i monti le ragazze si fanno tagliare i capelli, s'allargano gli occhi, si strettiscono la bocca, si riducono le gambe come bacchette di tamburo, e sul loro petto par sia passata la pialla di San Giuseppe.
– Creda, è una bella vergogna.
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La «Ruota» tragitta ancora nel capo del popolo. L'ordigno, che prendeva dalle mani della madre l'innocente e lo riduceva ignoto, è sotto il crocione di ferro che graticola la sinistra apertura ed è fermo sull'asse arrugginito; l'ufficio di recezione funziona, ma gl'innocenti sono ancora i figli della «Ruota».
– Se avevi cuore, non la portavi alla «Ruota».
Su questa Migliarina girano tante ruote, ma sono quelle sul cui vertice è ritto un contadino, e la spinge, e le dà movimento coi piedi; le ruote, a guisa di quelle dei molini, ingollano con le votazzole alternate l'acqua dei canali, su cui sono imperniate, e la rendono ai campi assetati.
L'uomo, ritto sulla ruota, visto sul fondo del cielo vi cammina e sta fermo.
Questi ordigni riportano il pensiero alla «Ruota», ai figli della «Ruota».
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Su queste vie, larghe come i fossati, che il cielo imbianca come strade sotto il polverone, passavo un giorno, lontanissimo nella memoria, in compagnia di un giovanotto, il quale aveva una gamba e un braccio rattrappati, un occhio strabuzzato, dei denti felini e un pel gattino biondo su tutto il viso terragno. Studiava con me. L'amico vestiva di colore piombo, regatino al telaretto, e portava un berretto d'incerato su cui erano, in rosso, due lettere. P. V.
– È tanto tempo che mi scervello sulle iniziali che hai stampate sul berretto. Spiegamene il significato.
– Sono ricoverato nell'Istituto dei Poveri Vecchi, – rispose.
– Sono un figlio della «Ruota» – disse. – Nel girare, mi suppliziò il braccio e la gamba; per una quindicina d'anni mi tennero all'«Ospizio», poi, non avendomi reclamato nessuno, mi hanno passato nei Poveri Vecchi, e studio a spese del «Ritiro». Ho già fatto un paliotto d'altare per la cappella e ora sto facendo l'ingrandimento a sfumino del presidente del «Ritiro».
Dal taschino della giubba gli spuntava fuori lo sfumino di cartone rattorto e acuminato.
– Vedi, quando vedo quelle ruote mi viene in mente la mia «Ruota» del supplizio.
Tenebrato nel viso, tolse dal taschino lo sfumino: così celeste com'era sembrò una lama. Quando si fermò aveva gli occhi incorollati di sangue, e guardando la ruota, disse:
– Vigliacca!
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– Se avevi cuore, non la portavi alla «Ruota».
– Niuna madre partorisce bastardi.
Tela.