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SCENA II.
Forca. Fermate, padrone: che volete fare?
Forca. Romper la testa a chi se la rompe ogni ora per pensar trappole per vostro serviggio? fermatevi, vi dico.
Pirino. Non mi fermarò, se prima non ti arò cavato il core.
Forca. Volete cavar il cuore a chi ha cavato i danari dal cuor di vostro padre? Cancaro, io l'ho scappata bene, aiutami tu, Panfago!
Pirino. Assassin cane, ti voglio aprire il petto!
Forca. Questo è il premio di chi ave aperto la cassa e la borsa di vostro padre, e or ve le porto?
Pirino. Che borsa? che ci è ivi dentro?
Forca. Cento scudi che son il cuor di vostro padre.
Pirino. Come ce l'hai cavati dalle mani?
Forca. Basta l'avemo, a che bisogna saper il modo?
Pirino. Che ave a far cavargli i dinari dalle mani e scoprirgli i miei secreti? non potevi dargli ad intendere alcuna altra cosa?
Forca. No, che fusse verisimile e credibile come quella, perché giá mezza la credeva, e v'era l'amor suo; e che sia vero, la riuscita ave approvato il mio consiglio.
Pirino. Che gli hai dato ad intendere?
Forca. Che per salvar voi dal pericolo del dottore bisognava pagargli cento scudi che li mancavano per lo riscatto di Melitea; e la menava seco fuor di Napoli e, come era lontana dagli occhi vostri, ve s'allontanava dal core. Se l'ha bevuta, datomi i danari e restituito voi nella sua grazia.
Pirino. Se è cosí, ho il torto.
Forca. Mille torti, non ch'uno.
Forca. Canchero! pormi a pericolo d'una perpetua galea e prepararmi un seminario continuo di buone bastonate: per sodisfare a' vostri capricci, cado in pericolo maggiore di essere ammazzato dalla vostra furia.
Pirino. Perdonami, per amor di Dio.
Forca. Meglio sará per me che non m'impacci con i vostri amori. Poco anzi mi promettesti con giuramenti non volermi piú maltrattare, e or mi volevi uccidere: questo è altro che bastonate: sempre sète l'istesso e ogni giorno siamo al medesimo. Sará meglio per me tornare i danari al padrone.
Pirino. Perché farmi stentare a saperlo? non me lo potevi dir subito? Perdonami, fratello, fratellino mio dolce.
Forca. No, no: non mi ci correte piú: tornerò i danari a vostro padre, dirò che ho voluto scherzar seco.
Pirino. Forca mio, m'ingenocchiarò a' tuoi piedi.
Forca. No, no: non ci è ordine piú.
Pirino. Forca, non afforcar ancor me; conosco l'errore: s'un cuor pentito merita la perdonanza, dammela. Si placa Iddio, pentendosi l'uomo; non vuoi tu placarti?
Forca. Non è cosa che piú mitighi l'animo d'un offeso, che l'umiltá del nemico; però non solo vo' perdonarvi, ma procurar la sodisfazion di chi mi ha offeso. Vo' esser di animo piú generoso verso voi, che voi non sète con me.
Pirino. Orsú, poiché avemo i danari, che faremo?
Forca. Dove è Panfago? ché abbiamo bisogno di lui.
Pirino. È scampato via. Ma non bisogna trattar con lui, perché è un ciarlone; ed è peccato a non esser trombetta.
Forca. È a nostro proposito, perché è astutissimo.
Pirino. Non sa far altro che spirar i fatti nostri e riferirgli al dottore.
Forca. Serve ancora a spirare i fatti del dottore e riferirgli a noi.
Pirino. Ha detto molti nostri secreti a lui.
Forca. Ha detto molti de' suoi secreti a noi.
Pirino. È piú tristo con noi che con lui.
Forca. Ce ne guarderemo. Ma io con quattro palmi di salciccia - compráti il giovedí mattina prima ch'esca il sole, e pagandole al bottegaro quanto ne chiede, e arrostite a fuoco di legne di lauro senza parlare e con certe polveri di sopra, - ne fo un capestro, ce lo pongo in gola, e non potrá piú parlare.
Pirino. Questo secreto l'ho provato molte volte e non mi è riuscito.
Forca. Perché non sai tutte le cerimonie che vi si convengono; overo farò esperienza di una certa onzione.
Forca. Medolle di ossa di bue cotte in certi pasticci, grasso di caponi in suppa, e la domenica mattina a digiuno li ongerò la gola.
Pirino. Questi grassi lo faranno vomitar piú tosto quanto saprá di noi.
Forca. Anzi è contro il vomito, e l'ho esperimentata con voi piú volte.
Pirino. Fa' come vuoi, non ti vo' contrariare in questo; dimmi, che hai disegnato di fare?
Forca. Ascolta: io so far una polvere di carboni che, meschiata con olio e ongendone la faccia, la fará nera come un schiavo, d'un nero assai naturale.
Pirino. A che servono i carboni?
Forca. In simili carboni sta tutto l'inganno e la furberia: questi trarranno i danari di man di vostro padre, inganneranno Mangone e vi faranno posseder Melitea. Questa polvere la buona memoria di mio padre usava spesso ne' suoi ladroneggi, con questa scappò mille volte da prigionia, dalla galea e dalla forca - ché era la piú reverenda persona del mondo; - io che camino per le paterne vestigia, imitator della sua virtú, me ne sono servito in molti casi importantissimi.
Pirino. Che abbiamo a far con la polvere?
Forca. Con quella polvere ti ungerò le mani e la faccia, che parerai un schiavo naturalissimo.
Pirino. Poi?
Forca. Poi pregaremo Alessandro vostro amicissimo, che preghi vostro padre, che compri da Mangone un schiavo di buon garbo, giovane di diciassette overo di diciotto anni, dell'etá tua e di Melitea che sète poco differenti di etá e di persona; e che gli ne dia quanto ne vuole per un suo disegno molto importante, e gli dia i cento scudi per caparra.
Pirino. Appresso?
Forca. Appresso vestiremo Panfago, che non è conosciuto da Mangone, da raguseo - perché avemo inteso da lui, questa mattina, che voleva andar al molo a comprar schiavi, - ché dica esser fattor del raguseo e gli venda voi per schiavo, per quello prezzo ch'egli vuole, perché vi meni a casa. Esso, perché spera guadagnarvi con Filigenio vostro padre, da cui n'è stato pregato, vi comprará sicuramente. Come sarete dentro, arete agio da trattar con Melitea: e portando con voi un cartoccino della medesima polvere, tingerete la faccia e le mani a Melitea e la vestirete delle vostre vesti; e voi lavandovi mezanamente le mani e la faccia, vi vestirete delle sue e vi chiuderete in camera.
Pirino. Che n'averrá per questo?
Forca. Verrá vostro padre per lo schiavo. Mangone, pensandosi vendere lo schiavo che ha comprato, gli venderá Melitea; e cosí vostro padre se la menará a casa. Ecco fin ora Melitea in casa vostra.
Pirino. Giá comincio ad intendere. O bello inganno! e il meglio che abbia, è che ha del verisimile e del naturale; e chi non ci restarebbe ingannato? Ma come caverai me di casa sua?
Forca. Se avete pazienza di ascoltare, lo saprete. Vo' che quando il parasito vende lo schiavo a Mangone, gli prometta mandar un presente di cose della nave per far amicizia seco e tener ragione insieme, accioché, sempre che verrá in Napoli, gli riempia la casa di schiavi e poi partire il guadagno. Trovaremo quattro fachini giovanetti del vostro tempo, li vestiremo da bratti da navi, mezo nudi e mezo impeciati, neri, con un cesto in spalla, carichi di provature e di bariletti di vino o malvagía e cose simili; e quando verran dentro, e voi starete su l'aviso e spogliarete uno di quelli e vi vestirete de' suoi panni e vestirete colui de' panni di Melitea e scamparete fuora con gli altri, e il parasito e i bratti vi aiuteranno a questo. Ecco amboduo sbalzati fuora della casa del ruffiano e condotti in casa vostra: cosí il giorno l'arete nera in casa, e la notte bianca in letto, lavandole la faccia.
Pirino. Ogni cosa va bene, eccetto che come Mangone troverá quello in casa vestito de' panni di Melitea, lo porrá in mano della giustizia, e la corda li fará confessare il furto usato da noi.
Forca. A questo ci penseremo poi; e quello che non riesce per una via, il faremo riuscir per un'altra. Ma eccola senza lambiccarmi molto il cervello. Una bugia tra l'altre. Alessandro vostro amico ha quel servo sbarbato che conduce le legna dalla villa a casa, che è sordo, muto e un pezzo di pazzo, né molto dissimile dalle vostre persone, si lascia spogliare, vestire e tingere a nostro modo; e se Mangone li domandará, non saprá che rispondergli; e perché è molto gagliardo, se sará stuzzicato, dará mazzate da cieco.
Pirino. L'inganno è pensato con tanta arte e ingegno, che come avanza tutti gli altri che sono stati per addietro fatti, cosí per l'innanzi non potrá ritrovarsene un altro simile.
Forca. Avertite che, quando la trappola è ben inventata e consertata, se vi s'usa diligenza in esseguirsi, ha buona riuscita; ma esseguita malamente, non può aver se non pessimo fine.
Pirino. Ella è tanto bene imaginata che, a dispetto di tutte le negligenze e intoppi della fortuna, ará ottimo fine; ma ancorché fusse per succederne qualche pericolo, animo grande, e succedane quel che si vuole: vada la robba, la vita e l'onore, per non dir l'anima, pur ch'abbia Melitea. Né meno sará l'allegrezza dell'acquisto di lei, che della beffa fatta a Mangone.
Forca. Or poiché cosí rissoluto l'abbiamo, pensiamo a' mezi.
Pirino. Poiché hai mostrato tanto ingegno in questa fizione, di' ancora i mezi de' quali abbiamo a servirci.
Forca. Dove troveremo noi Panfago?