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SCENA VII.
Forca. Noi avemo il bisogno: ecco le vesti per vestirsi da raguseo; ecco quelle per lo schiavo, son ricche e pompose: almeno, se non per la persona, lo torrá per le vesti. Ecco i barilotti, i formaggi e i confetti.
Panfago. Sai tu che a proposito ho comprato le vesiche e i budelli?
Panfago. Ho fatto il tutto a vostro modo; in questo solo vo' che voi secondiate il mio: ho tolto il barilotto e gli altri intrighi per empirli di varie furfanterie, e ti farò veder salciciotti, provature e mille altre galanterie; ché avendogli a far una burla, non ci vogliamo perdere il presente, e noi restassimo i burlati. Ma avèrti, accioché non abbiamo a far questione poi, che, ingannandolo con i falsi, mi arò guadagnato i buoni.
Forca. Hai ragione, lo credo, che accompagnando la tua presenza con vesti riccamente addobbate, che farai miracoli.
Panfago. Quando vedrai l'architettura ch'usarò in contrafar i salciciotti e le provature e i confetti, resterai stupito; e sará non men gloria averlo beffeggiato nello schiavo che nel presente.
Forca. Entriamo, perché non abbiamo a far altro; ché Pirino deve struggersi di desiderio di far presto.
Panfago. Avèrti che, subito che ritorno, ritrovi la tavola apparecchiata, ché io crepo dalla fame, e sovra tutto buona lacrima, ch'io ne diluviarò un fiasco ad un tratto, per capace e grande che sia, per lacrimar poi fino a notte.
Forca. Ricòrdati di usar buone parole - ché non è il miglior instrumento per ingannare - e a far l'ufficio tuo di buon animo; ché dalla nostra parte non mancheremo noi di quanto ti abbiamo promesso.
Panfago. Entriamo, ché mi par mille anni di esseguir l'opera e far poi un guasto mirabile di vivande.