Giambattista Della Porta
La Carbonaria

ATTO III.

SCENA II.   Mangone, Panfago, Pirino, Filace.

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SCENA II.

 

Mangone, Panfago, Pirino, Filace.

 

Mangone. (Veggio un mercadante da nave, che mi dimanda: certo costui sará quel raguseo che ha portato schiavi a vendere e ne porta un seco per mostra). Chi dimandate?

Panfago. Sète voi Mangone?

Mangone. Io son mentre Iddio vòle.

Panfago. Voi siate il ben trovato per mille volte, padron caro; perdonatemi se, non conoscendovi, primo non vi ho salutato.

Mangone. Non accadono simili cerimonie tra mercatanti: eccomi se son buono a servirvi.

Panfago. Io son il fattor del raguseo, padron della nave che ora è gionta in Napoli, carica di schiavi; vi prega che vegnate domani o questa sera a vedergli: e ve ne porto uno per mostra.

Mangone. (Questo mi par a proposito per Filigenio: me lo chiese di fattezze simili; mi par bello e proporzionato e ave assai del nobile). Lo schiavo mi piace, secondo il mercato che me ne fate.

Panfago. Il mio padron desia far amicizia con voi, e però non mira al prezzo di cotesto: volendolo in dono per amor suo, ve lo potrete tor liberamente, perché ogni volta che verrá in Napoli, vi riempirá la casa di schiavi, e voi vendendoli poi col vostro commodo, partirete il guadagno.

Mangone. Io non ho desiato altro nella mia vita che un simile incontro: io accetto carissimamente la sua amicizia. Di costui vo' dar cinquanta scudi, se ben conosco che val piú, e quel piú lo ricevo in dono, accioché egli prenda medesimamente fiducia di servirsi di me, delle mie robbe e della mia vita.

Panfago. Mi contento di quello che voi vi contentate di darmi, cosí il mio padrone desia la vostra amicizia.

Mangone. Eccovi quindici scudi; in casa vi darò gli altri: potrete annoverargli.

Panfago. Credo alla vostra parola.

Mangone. Come si chiama lo schiavo?

Panfago. Amore, padron caro.

Mangone. Di che paese?

Panfago. Di Donnazapi, della provincia di Rabasco.

Mangone. Che nome voi mi dite?

Panfago. Nomi che si usano in Schiavonia.

Mangone. Amor, vien qua, non mi vòi tu servir con amore?

Pirino. Ben sarei discortese e villano, se, voi avendomi comprato con grande amore, non mi disponessi a servirvi con grandissimo amore.

Mangone. Servendomi lealmente, ti terrò da figlio, non da schiavo.

Pirino. Anzi, servendo voi, mi parrá di servire non un padrone, ma mio padre.

Mangone. Sai alcun ballo all'usanza tua?

Pirino. È gran tempo che non l'ho usati; ma però comandandomelo cosí voi, vo' piú tosto servirvi cosí goffamente come so, che disubedirvi.

Mangone. Orsú via.

Pirino. «Siam, siam per via, guallá! siam, siam per via, guallá!».

Mangone. O ben, per vita mia! lo schiavo è cosí allegro e festevole, che mi fará viver dieci anni di piú: dispiacemi averlo promesso a Filigenio, ché vorrei tenermelo per mio spasso. Ma poiché Melitea sta cosí disperata, Filace, va' tu su, chiamala, ché venga giú e veggia ballar e cantar questo schiavo che le rallegrará un poco li spiriti. Noi, galante uomo, entriamo in casa, ché vi darò i restanti danari, e faremo un poco di collazionetta, e berete una volta.

Panfago. Per non parer discortese alla prima con voi, se ben ho desinato poco anzi in nave, verrò volentieri, berrò una volta e due e quattro, se me lo comandarete.

Mangone. Filace, non levar gli occhi da Melitea, lascia che veggia ballar e cantare lo schiavo. Fra tanto tu da' una scorsa con la vista intorno, ché non passi Pirino o Forca; e passando, falla entrar dentro, nascondila da loro quanto sia possibile. Noi entriamo.

Filace. Entrate sicuro e vegghiate con gli occhi miei.

 

 

 


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