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Filigenio. Mangone, son venuto a trovarti secondo l'appuntamento doppo tre ore; e se non m'hai servito, vengo almeno, ché ti ricordi di me.
Mangone. Sète venuto a tempo: v'ho comprato un schiavo piú meglio assai di quello che m'avete chiesto o che sapete desiderare. È giovane di diciassette o diciotto anni, bello di corpo e piú bello d'animo: ha un bel procedere, di belli ragionamenti, di apparenza assai nobile e allegrissimo, balla e canta graziosamente, e m'ho preso gran spasso con lui.
Filigenio. Poiché tanto lodi la tua mercanzia, è segno che vuoi stravendere. Mi bastava solo che fusse stato giovane e di belle fattezze.
Mangone. Vi dolete dunque che ve l'abbi compro miglior di quello che me l'abbiate chiesto?
Filigenio. Io non mi doglio di quel meglio, ma che tu con questo meglio mi vogli impiccar per la gola e vendermelo soverchio.
Mangone. Non l'ho detto per tale effetto, ma perché mi ricordo e so servir gli amici a' quali porto affezione.
Filigenio. Te ne ringrazio: fallo calar qui giú, ché lo veggia.
Mangone. Filace, fa' calar quello schiavo. Vedrete che non v'ho detto bugia: avanzará con la presenza quello che vi ho depinto con le parole. Ma avertite che non vi lascerò un quattrino di trecento scudi, perché val cinquecento, e vo' che voi ne siate giudice.
Filigenio. Io non ne ho a comprar la bellezza di lui, il bel ragionare, il cantare e il ballare; ma vo' che sia ben creato, gagliardo e che sappia servire.
Mangone. Eccolo, vedetelo bene, consideratelo; non vi ho chiesto soverchio.
Filigenio. Non è di cattiva apparenza.