Giambattista Della Porta
La Carbonaria

ATTO V.

SCENA II.   Raguseo, Mangone, Isoco.

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SCENA II.

 

Raguseo, Mangone, Isoco.

 

Raguseo. Io non so che hai tu meco né che cerchi da me: che sai tu chi sia io, se questa è la prima volta che pongo il piede in questa terra? e tu come una infernal furia mi persegui!

Mangone. Vo' che mi restituisca la mia robba, poiché per tuo conto io son stato miseramente assassinato.

Raguseo. O che tu sei infernetichito o devi star ubbriaco, poiché cerchi da un uomo che mai vedesti, che ti restituisca la tua robba.

Mangone. Io non ho visto te, ma ben il tuo fattore che, vendutomi un schiavo in tuo nome, m'ha rubbata la schiava mia.

Raguseo. Io non ho fattori, ma disfattori bene; e il fattore servo e mastro di casa e padron della nave son io stesso.

Mangone. Tanto è: egli mandatomi da te venne a cercarmi a casa, con dir che volevate tener conto meco di vendere e comprar schiavi.

Raguseo. Come si chiamava quell'uomo?

Mangone. Maltivenga.

Raguseo. Mal ti venga e mille cancheri e mille ruine!

Mangone. E non contento di avermi rubbata la mia schiava, per svillaneggiarmi mi mandasti un presente pieno di furfanterie, con dirmi ch'eran le miglior robbe di Raguggia.

Raguseo. Le robbe di Raguggia son buone: e stimo che le robbe di Napoli, come tu sai, sieno piene di furfantarie e di sporchezze; e se tutti i napolitani sono come tu sei, dal cattivo saggio che me ne dái, son uomo da tornarmene in nave or ora, far vela e girmene all'Indie nuove, per non aver a far con simili uomini.

Mangone. Qui in Napoli avemo buona ragione.

Raguseo. A me par che ve ne sia molto poca; perché tu mi richiedi di cose senza ragione, mi molesti con poca ragione e mi provochi a ira con molta ragione.

Mangone. Oh, seria bella certo, ch'essendo tu solo e forastiero, senza aver alcuno per te, volessi vincer me che ho parenti e amici nella mia terra.

Raguseo. Dimmi, ch'è l'arte tua?

Mangone. Comprare schiavi e schiave belle e venderle poi a' giovani che se n'innamorano.

Raguseo. Come se dicessi ruffiano.

Mangone. Come se tu lo dicessi e io ci fussi. Non mi dell'arte mia; ma qual arte è la tua?

Raguseo. Di corseggiar mari e lidi de' nemici e andar facendo prede.

Mangone. Come si dicessi un spogliamari, saccheggialidi, cacciator d'uomini; come si dicessi un ladro publico.

Raguseo. Piacesse a Dio che il mar ben spesso non spogliasse e rubasse me!

Mangone. Or tu che osi rubar i lidi e i mari e gli stessi ladri, hai osato rubar ancor a me.

Raguseo. O ruffiano, lassemi stare.

Mangone. O ladro de' ladri publichi, tornami quel che m'hai rubato.

Raguseo. Un corsaro si chiama soldato e non ladro.

Mangone. Tu sei un di quei soldati che non dái batterie se non alle case private e alle porte delle botteghe.

Raguseo. O fussi incontrato piú tosto con la nave in un scoglio che in costui!

Mangone. O fussi venuto piú tosto in Napoli un diavolo che tu! Ma qui arai condegno castigo delle tue opere, ché vendi i cristiani per turchi e per mori.

Raguseo. E tu fai peggio.

Mangone. Qui ti saranno scontati i tuoi ladronecci.

Raguseo. E a te le tue poltronerie.

Mangone. E come un publico ladro morirai nell'aria publica.

Raguseo. E tu per il tuo mestiero nel foco.

Mangone. E tu che vai pescando gli uomini per lo mare, sarai pescato dal mare.

Raguseo. E tu lapidato da' giovani che rovini.

Mangone. E se pur il mar ti rifiuta per un cattivo guadagno, un giorno i turchi ne faranno vendetta per me, ché sarai impalato.

Raguseo. Ed il boia la fará per me, ché sarai arrostito.

Mangone. Mi pensava aver fatto un gran guadagno, che cotal mercatante fusse venuto ad alloggiare in casa mia: bella mercanzia che hai portata in Napoli!

Raguseo. Ci ho portata una gran mercanzia di legne; e se le cerchi, te ne darò a buon mercato quante ne cerchi.

Mangone. Orsú, vieni innanzi al Reggente.

Raguseo. Tu cerchi briga e n'arai.

Mangone. Se non vieni di bona voglia, ti strascinarò a forza.

Raguseo. Dubito che lo strascinato sarai tu.

Isoco Io son stato tacito insino adesso, stimando che la tua importunitá avesse pur a far qualche fine; ma veggio che sei soverchiamente temerario, e dubito che non facci temerario ancor me. Ma forse non v'intendete l'un l'altro.

Mangone. La ragione che ho, e l'importanza del fatto che importa cinquecento ducati, faranno o che io uccida costui o che sia ucciso da lui, perché non è cosa che ne possa passare.

Isoco Che costui non sia stato mai piú in Napoli e questa la prima volta che sia sbarcato di nave, ne son buon testimone.

Mangone. O che testimone! Mi venne un uomo da parte di costui e mi chiamò per nome - Mangone! - e dissemi: - Poiché sei mercadante di schiavi, il mio padron Rastello Fallatutti di Monteladrone ...

Raguseo. Menti per la gola, ché rastello di Monteladrone sei tu!

Isoco Lascia dire.

Mangone. ... ne ha portato una nave, e si vuol accomodar teco.

Isoco Férmati, di grazia. Tu sei colui che vendi schiavi e schiave, che ti chiami Mangone?

Mangone. Io son: mal per me!

Isoco Lasciamo il primo e cominciamo un altro ragionamento piú importante. Son d'intorno a tre anni che certi uscocchi depredando i lidi della Schiavonia, da una villa dove io abitava mi tolsero una giovane bellissima; e mi fu riferito che la vendero in Napoli per ducento ducati ad un mercadante di femine, detto Mangone.

Mangone. È vero; e si chiama Melitea.

Isoco Non, no: quella si chiamava Alcesia.

Mangone. Ho inteso ben dir da lei che si chiamava Alcesia; ma allora che la comprai, si chiamava Melitea.

Isoco Che n'è di questa giovane?

Mangone. Di questa giovane ragioniamo ora, che sotto nome di costui m'è stata sbalzata da casa.

Isoco Sappi che quella Melitea, che tu dici, è donna libera e gentildonna cristiana e non schiava; è figlia di un napolitano molto ricco e importante.

Mangone. Fusse alcuna altra trappola ordita tra voi, per rubbarmi alcuna altra cosa?

Isoco Sappi che a questo effetto son venuto qui in Napoli, per saper nuova di suo padre, se sia vivo o morto; e qui non son per tòrti alcuna cosa, anzi per giovarti: ché ritrovandosi lei e suo padre, sarai per averne una buona mancia. Ma, di grazia, sapete voi s'ella si ricorda del nome di suo padre?

Mangone. Di suo padre no, ma ben d'un suo balio detto Isoco, e d'una sua balia detta Galasia.

Isoco Io son Isoco, e mia moglie, giá morta, era detta Galasia. Ma oh, piaccia a Dio ch'essendo venuto qui per un fatto che non pensava espedirlo in un anno, lo spedissi in un giorno e liberassi l'anima di mia moglie e la mia da cosí fatta angoscia! Io vo' venir teco per saper nuova di costei, e ritrovata, so che ti sará di non poco utile.

Mangone. Pur che mi sia utile, eccomi pronto a far quanto comandi.

Isoco Di grazia, lasciamo il padron della nave che vada per i suoi affari, ché quando saprai ch'egli abbia errato in alcuna cosa di quel che ti duoli di lui, io voglio rifar il danno.

Raguseo. Isoco, a dio.

 

 

 


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