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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Marco Cybo intanto aveva raggiunto nel bugigattolo destinato a ufficio telegrafico e convertito in quartiere generale, lo stato maggiore del pellegrinaggio: quelli che a Genova e anche fuori erano sempre alla testa d'ogni opera cattolica, dei giornali cattolici, dei circoli cattolici. Non tutti erano sulle mosse, alcuni erano venuti a salutare i partenti, ma tutti occupati a prendere gli ultimi accordi, spedire telegrammi, dare disposizioni, nell'attesa del treno speciale che doveva arrivare a momenti coi pellegrini lombardi e piemontesi e ripartire alla coda del diretto ordinario, appena imbarcati i liguri. Di nome c'era il presidente, ma nella febbre dello zelo facevano un po' tutti da presidente, massime i più giovani, ciascuno pigliandosi volentieri le attribuzioni degli altri, andando, tornando, provvedendo a questo, provvedendo a quello, non senza qualche piccolo alterco e magari qualche disguido.
Si trattava dell'imbarco, i pellegrini obbedivano a tutti, umili e pazienti. Non molta gente in complesso, ma tanti capi li facevano manovrare e in tante diverse evoluzioni d'andata e ritorno sotto la tettoia, che un estraneo spettatore avrebbe creduto di vedere sfilare sei dozzine di battaglioni.
– Prima squadra.... seconda squadra.... presto, tutti quanti dall'altra parte dei binari, laggiù in fondo, a sinistra, dove sono pronti i vagoni. – San Francesco, San Martino.... seconda squadra.... dove s'è cacciata la seconda squadra? Varazze avanti! quei di Varazze insieme a quei di Sestri e di Nervi.
– Nossignore: Nervi è con Rapallo; ecco la lista: Nervi, Bogliasco e Rapallo.
– Ma che lista d'Egitto! la lista non conta niente; chi l'ha fatta la lista? il signor Rossi? il signor Rossi doveva prima intendersi con Cantabruna: una squadra d'otto uomini e un'altra di ventisei?
Ma i vagoni si trovavano a destra sul secondo binario; bisognava tornare indietro o rifare tutto il giro. Chi erano quei là che attraversavano la linea? che giudizio! a rischio di farsi stritolare sotto una macchina!
– Quanti vagoni sono pronti, insomma? tre? non bastano! ecco cosa vuol dire lasciarsi ridurre all' ultimo! San Martino avanti, San Francesco, Sturla, Cornigliano....
– In un vagone solo le squadre di De Michelis non ci stanno....
– Un momento: tutti giù! non sono quelli i vagoni, quello è il primo treno del mattino per Chiavari. Tutti giù: a sinistra, a sinistra!
– Un momento: prima d'imbarcare la gente si deve aspettare che sia partito il diretto.
– Nient'affatto, il capo-stazione ha dato ordine d'imbarcarla subito.
– Dov'è il capo-stazione? e gli impiegati? porchè si nascondono, gli impiegati?
Discorrendo con Marco Cybo e pochissimi del sinedrio, tra cui Marcenaro, detto il consigliere dei consiglieri, proprietario-direttore del Quotidiano, e monsignor Brasile, superiore ecclesiastico della Gioventù cattolica genovese, persone di spiriti calmi e di troppa autorità per correr su e giù a guidar le squadre come caporali, il presidente Torre lasciava fare paternamente. Cristoforo Torre, a Genova nient'altro che Cristoforo Torre puro e semplice, ma fuori di Genova, non si sa come, diventato da qualche anno, in barba alla Consulta araldica, conte Della Torre dei principi di Valsassina, e sui giornali e nelle circolari e nelle adunanze designato invariabilmente quale uno dei venerandi capi del partito cattolico italiano. Lasciava fare per più ragioni: prima di tutto, la sua carica, sebbene indegno, gli imponeva degli obblighi speciali, più o meno difficili, più o meno delicati e pericolosi, insomma degli obblighi e delle attribuzioni affatto speciali; in secondo luogo, cosa dice san Paolo? ubi spiritus Domini, ibi libertas; era bene non intralciare i giovani nella loro zelante operosità, aver fiducia in essi, abbandonarli, per così dire, e fino a un certo punto, alla loro foga nelle incombenze di minor rilievo, quelle, intendiamoci, d'una importanza puramente tecnica. Per esempio, se ci fosse stato quella sera l'avvocato Visdomini, Dio liberi! non avrebbe dato carta bianca a nessuno, avrebbe voluto far tutto lui, ammazzarsi lui e disgustare gli altri, e le cose, poco più poco meno, sarebbero andate allo stesso modo.
– Come l'avvocato Visdomini non se ne trovano molti al giorno d'oggi, anzi si possono contare sulle cinque dita – sentenziò il superiore ecclesiastico, credutosi in dovere di rendere giustizia all'assente e prenderne le difese – un vero apostolo, l'anima di tutte le nostre associazioni, della buona stampa, d'ogni opera di carità.... e non per niente gode la stima dei cattolici italiani, e quello che più importa, la considerazione e la benevolenza specialissima, del Santo Padre.
Il presidente si sentì punto, ma una sua vecchia politica gli consigliò di rincarare le lodi:
– A chi lo dice? a me che ho i capelli bianchi e l'avvocato Visdomini l'ho conosciuto che andava a scuola? l'uomo missus a Deo, chi ne dubita? nella sua sfera io lo chiamerei l'uomo necessario; non conosce ostacoli, non bada a sacrifizi, si ammazza a furia di lavoro, e questo è appunto quello che noi non si vorrebbe. Ecco da che punto di vista io parlavo.
– Oggi – seguitò mutando registro – deve aver avuto udienza dal cardinale Schiaffino. Sentiremo domani a Roma il risultato della pratica in corso per appianare la dolorosa vertenza dell'Arcivescovo colle monache di Sant'Agnese. Voi, Marco, cosa ne pensate? credete che riusciranno a levarla di mezzo una buona volta senza altri scandali?
Marco fu esplicito: per lui la vertenza sarebbe stata appianata sul nascere e gli scandali si sarebbero evitati, se Roma avesse immediatamente dato torto alle monache o meglio ancora se le monache avessero subito fatto atto d'obbedienza e di sottomissione all'autorità, invece Roma, ossia il cardinale Schiaffino, fin da principio si era mostrata tentennante, per un verso non osando colpire un istituto religioso, per l'altro, e con ragione, non volendo fare sfregio all'Arcivescovo, e così, trascinata per le lunghe, la lite minacciava di durare un pezzo, forse convertirsi in un piccolo scisma, e tutto per non aver saputo in origine mettere a dovere una visionaria allucinata e le sue compagne più allucinate di lei.
Il superiore ecclesiastico della Gioventù cattolica, che durante il discorso di Marco Cybo aveva tentato parecchie volte d'interrompere, all'ultimo scattò come un fiammifero:
– Allucinata!? visionaria!? In questo caso anche santa Caterina da Siena era un'allucinata, anche la beata Margherita Alacocque era una visionaria! Le prove, mi dia le prove di ciò che asserisce e allora chinerò la testa, ma finchè lei e l'Arcivescovo, con tutto il dovuto rispetto, o tanti altri che sembra abbiano paura dei miracoli, non sapranno darmi che il certificato d'una mezza dozzina di medici notoriamente frammassoni, io, e con me la grande maggioranza cattolica, avremo sempre il diritto di credere che i colloqui della monaca estatica di Sant'Agnese con Gesù crocifisso sieno rivelazioni soprannaturali....
– Ma scusi, Monsignor Arcivescovo.... – interruppero diverse voci concordi.
– Monsignor Arcivescovo, mi dispiace doverlo dire, fu mal consigliato da certi prudenti paurosi, zelanti più degli interessi mondani che del bene delle anime. Si fa presto a sentenziare che Roma avrebbe dovuto dar torto alle monache! Roma va con piede di piombo, Roma non si lascia abbagliare da documenti massonici e si pronunzia con maturità d'esame; stiamo a vedere che per non urtare i nervi dei falsi prudenti, Roma dovrà proibire a Domineddio da oggi in poi di rivelarsi con miracoli, anzi dovrà far meglio, tirare una pennata sui milioni e milioni dei miracoli passati, cominciando da quelli del Vangelo!
Intavolare una discussione seria col canonico Brasile, Protonotario apostolico, Abate mitrato di Santa Maria Segreta, Superiore provinciale perpetuo della Gioventù cattolica, era lo stesso che volersi mettere al rischio d'uscirne il giorno dopo stritolati, con una scomunica tra capo e collo, ma per fortuna aveva scelto il momento meno propizio e mentre seguitava a fulminare i sepolcri imbiancati e le concessioni dei timorosi alle idee moderne, i suoi contradditori, che sapevano per esperienza dove si sarebbe andati a finire, occupavano meglio il loro tempo. Era venuto il signor Rossi, gettando fuoco e fiamme contro il capo-stazione che non aveva preparato vagoni sufficienti e si rifiutava d'aggiungerne dei nuovi, tanto che quaranta o cinquanta pellegrini rimasti a terra non si sapeva dove ficcarli; era venuto Paolino Carbonara ad annunziare che lui aveva pensato bene di partire subito col diretto per arrivare a Roma qualche ora prima e assumere più presto in Vaticano il suo nuovo servizio di cameriere segreto; era venuto in persona il capo-stazione a giustificarsi col presidente e invitarlo a verificare coi suoi occhi che dei posti ce n'era per tutti a bizzeffe e i vagoni crescevano anzi, non mancavano, solo che i pellegrini avessero avuto la compiacenza di stringersi un poco; poi la rappresentanza della società operaia di Manassola, su tutte le furie, perchè i signori del Comitato, Manassola l'avevano di punto in bianco levata via dalla carta geografica incorporandola con Varazze come se non esistesse neppure, e questo era un affronto, e piuttosto d'imbarcarsi per andare a Roma dal Papa sotto la bandiera d'un altro paese e d'un'altra società e il Papa non potesse riconoscerli, gli operai cattolici di Manassola preferivano tornarsene a casa.
– Padronissimi, nessuno li tiene e nessuno piangerà – strepitava Luigi Cantabruna, che come scolaro dell'avvocato Visdomini non tollerava lagnanze e tanto meno minacce di colpi di testa – vogliono andarsene? vadano pure e staremo più comodi, ma le squadre sono formate, adesso non si cambiano! – E siccome uno dei presenti saltò su a rimbeccarlo, l'abate Brasile volle intromettersi anche lui:
– Il signor Cantabruna ha ragione, le squadre, come sono, sono, e non si cambiano. Dove andiamo se uno vuole, l'altro non vuole, e tutti si mettono al posto del comando? la prima virtù è l'obbedienza, obbedienza cieca ai superiori, obbedienza perfetta....
– Insomma, questa gente non pretende niente affatto di mettersi al posto del comando; questa gente ha il diritto....
– Davanti ai superiori il vero cattolico non ha altro diritto che di obbedire!
Uomo scettico in fondo, che per diplomazia fingeva di lavarsi sempre le mani nell'acqua di Pilato, Marcenaro uscì questa volta dal suo sistema:
– Perdoni, monsignore, ma un momento fa lei non parlava così, a proposito delle monache di Sant'Agnese in urto col nostro Arcivescovo! – disse furbescamente mitigando la botta giusta con una larga risata.
Il protonotario apostolico diventò più violaceo della sua cappa magna nelle grandi solennità:
– Lasciamo stare le monache.... qui non si tratta di monache, si tratta di pellegrini laici e la cosa è diversa.... ha letto san Tommaso? legga san Tommaso: l'obbedienza non è una sola, ce n'è di tante specie, bisogna distinguerla ratione voluntatis, ratione....
– Fatemi il piacere, caro Marco – supplicò intronato il povero presidente Torre, raccomandandosi a Marco Cybo, il quale non partecipava alla nuova discussione, contentandosi di sorridere d'un sorriso non lieto – fatemi il piacere, occupatevi voi di questo negozio.... io ho troppa roba sulle braccia.... e poi, capirete.... il presidente.... non so se mi spiego: è come un generale il presidente, non può mettersi a tu per tu coi soldati, il suo decoro, la sua dignità.... non parlo per me, io son l'ultimo degli ultimi, il servo dei servi, parlo.... avete capito? oh bravo: andate voi e persuadeteli con buona maniera quei di.... quei di....
– ....di Manassola.
– ....l'avete mai sentito nominare questo paese? io no; probabilmente una tana lassù nelle gole dell'Apennino.... – Basta, persuadeteli a lasciarsi dirigere da chi ne sa più di essi o a non farci venir matti proprio sul punto di partire, chè quando saremo a Roma si vedrà se c'è modo di contentarli.
Marco andò lui. Le buone maniere concilianti non gli mancavano, sapeva accaparrarsi non solo la stima ma l'affetto dei popolani, e senza strepiti, senza minacciare interdetti e fulmini come Cantabruna, fece presto a calmar la burrasca. Si sarebbe evitata e altri spiacevoli incidenti curiosi non sarebbero avvenuti, se Paolino Carbonara, prima, appena arrivato sul sito, non ci si fosse mischiato, chè all'infuori della sua barba rossa, celeberrima, rossa da dar fuoco al Vaticano, come diceva Tommaseo, aveva l'abilità di guastare dove metteva le mani, e voleva metterle dappertutto, e se Luigi Cantabruna più tardi, invece di menar sciabolate al suo solito, spaventando anitre e passeri, avesse avuto la degnazione d'usare quel tatto che il catechismo annovera tra le virtù cardinali.
Sebbene in novembre, la notte non era punto fredda, una notte ligure, intiepidita dei primi aliti dell'estate di San Martino, ma sia che ricamassero l'asfalto sotto la tettoia, sia che battessero i tacchi stando fermi in circolo, sembrava anche ai più pazienti che l'aspettazione cominciasse a farsi lunga oltre i limiti dell'onesto. Già da un pezzo installate le squadre nelle vetture, quando a Dio piacendo il treno speciale coi pellegrini del Piemonte e della Lombardia giunse in stazione, il sonno e la noia avevano del tutto sbollito i primi fervori, e l'accoglienza ai nuovi arrivati non fu così fraternamente clamorosa come Cantabruna aveva disposto. Grandi saluti tra i magnati, non se ne parla, presentazioni, inchini, complimenti reciproci, nondimeno, dei piemontesi e lombardi pochissimi furono quelli che vollero scomodarsi per scendere e sembrò barocca l'idea del presidente Torre d'improvvisare su due piedi una specie d'adunanza sommaria d'affiatamento tra i più anziani, durante la sosta concessa dalla manovra per l'aggiunta dei nuovi vagoni. Coll'argento vivo addosso, invaso da una smania di voler conoscere e abbracciare quella stessa notte l'uomo del suo cuore, ossia don Davide Albertario, monsignor Brasile correva di sportello in sportello cercandolo, chiamandolo ad alta voce, rifiutandosi di prestar fede a quanti ambrosiani gli rispondevano e l'assicuravano che don Davide non si era mosso da Milano.
L'ora affrettava. I tre Comitati regionali avevano ciascuno a loro disposizione uno scompartimento di seconda classe; seconda: niente più d'un gradino per segnare il distacco voluto in via gerarchica tra lo stato maggiore e la truppa, per conciliare il decoro di superiori coll'umiltà di pellegrini. I genovesi naturalmente presero posto insieme, terminate coi loro colleghi d'oltre apennino le formule di prammatica, alla loro volta salutati fino al momento ultimo dagli altri colleghi che non partivano, tra i quali Marcenaro, troppo devoto della saggia economia perchè gli bastasse una sola raccomandazioni a Cantabruna di regolarsi da buon padre di famiglia nel redigere o spedire telegrammi pel Quotidiano.
In mancanza d'un vescovo toccava a monsignor Brasile la direzione spirituale, e appena furono in moto si affrettò a intonare le preghiere liturgiche dell'Itinerario:
In viam pacis et prosperitatis dirigat nos omnipotens et misericors Dominus, et angelus Raphael comitetur nobiscum.
Kyrie eleison.. Christe eleison. Kyrie eleison.
Pater noster.