Remigio Zena
L'apostolo

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X.

 

È pur troppo necessario che gli scandali avvengano, ma non sta scritto nel Vangelo che degli scandali debbano rallegrarsi le anime pie e divote, e il buon giornalista dell'Araldo si sarebbe mostrato più cristiano ed anche più accorto, se strappata a Carbonara la confessione piena dell'eroica avventura, si fosse astenuto più tardi dall'insistervi sopra, deliziandosi di rammentarne ad uno per uno tutti i particolari più scabrosi. Tornato a Montecitorio in furia e in fretta col suo tesoro d'informazioni, dalla piazza aveva visto il marchese Cybo alla finestra dell'albergo ed era salito al galoppo.

Seduta reale? discorso della Corona? ma che discorso, che seduta d'Egitto! il mille per cento egli ci aveva guadagnato nel cambio! un poema tragico-buffo sul gusto di quello del marchese Carbonara, e così ameno e così piccante non l'avrebbe mai più udito letto in vita sua. Da principio, si capisce, reticenze, contraddizioni, tentativi di scapolarsela tra l'uscio e il muro, poi, adagino adagino, a forza di tenaglie, la verità aveva cominciato a mostrare la punta delle corna, e dalla punta al resto, in uno slancio d'abbandono era saltata fuori dal pozzo, tutta intera. Inutile farci sopra delle discussioni bizantine, il marchese Cybo oramai la conosceva anche lui la verità dall'alfa all'omega e capiva benissimo che a parlare d'una smentita sui giornali cattolici sarebbe stato lo stesso come dar fuoco al pagliaio; non restava che battersi il petto pei peccati degli altri in mezzo al susurro della stampa liberale, ma quella notte, chi avesse potuto assistere dal buco della serratura.... – lasciamo da banda un momento la cosa scandalosa in stessa, l'offesa a Dio e il dolore che ne avrebbe provato Sua Santità, ma giacchè si era a quattr'occhi, via, diciamolo pure, chi avesse assistito a quella scena di gelosia da parte di Carbonara a onore e gloria dell'Angiolina e al successivo pugilato, una libbra di buon sangue se la sarebbe fatta.

Marco taceva.

– Alle corteproseguiva il giornalista dopo essersi sbizzarrito con gran lusso di tinte a ricostrurre il quadretto fiammingo della baruffaera lecita una domanda? tra il giorno e la notte, quanti pretendeva coltivarne di giardinetti, il marchese Carbonara? beato lui che trovava tempo a tutto, al suo servizio in Vaticano, a perdere la testa e il cappello per le sgualdrine, a catechizzare le scismatiche belle e ricche dei dintorni di piazza di Spagna. Forse, tra un'Angiolina e l'altra, non lo spaventava l'idea d'un matrimonio a suon di rubli con una neofita russa. Catechizzarle! voleva ridere il marchese Cybo? Sul predellino del treno, al punto di lasciarsi, Carbonara l'aveva incaricato lui il giornalista, di passare da Desclée e Lefébvre alla Minerva, e caso mai fosse giunto un libro che aveva fatto venire apposta da Parigi, una splendida edizione francese, ritirarlo e portarlo in via Gregoriana, pensione Cook, all'indirizzo della signora principessa Brancovenu: le Confessioni di Sant'Agostino!

Taceva sempre, Marco.

Ma la seduta era finita e il corteggio reale stava per rimettersi in marcia. Le livree rosse si agitavano, le truppe si mettevano sull'attenti, i curiosi tutti in punta di piedi. – L'aveva indovinata il marchese Cybo ad approfittare dell'eredità di Carbonara: uno splendido palco di prospetto come meglio non si poteva scegliere per godere lo spettacolo, il vero spettacolo, perchè il bello a vedersi era lo sfilare dei legni e non l'inaugurazione per stessa, una cerimonia di pura formalità, fredda, compassata, monotona.... chè all'infuori del discorso – cinque o sei minuti, orologio in mano – si riassumeva nell'appello e nel giuramento dei deputati di nuova nomina. – I ministri, gli alti dignitari, le rappresentanze della Camera e del Senato erano già nel vestibolo e sotto il padiglione esteriore ad attendere l'uscita delle Loro Maestà. Riconoscerli tutti e indicarli uno per uno al signor marchese non era fattibile, sia per la distanza sia perchè avevano addosso l'argento vivo come scolari finiti gli esami, s'intrecciavano, si mischiavano insieme, sparivano, uno copriva l'altro.... ci sarebbe voluto un cannocchiale! Chi l'avesse domandato per favore al padrone dell'albergo? – Troppo buono il signor marchese: per un giornalista che da tanti anni frequentava la tribuna della stampa non c'era proprio nessun merito a conoscere i pezzi grossi di Montecitorio e di Palazzo Madama: anzi, la tribuna della stampa era un dippiù, bastava il caffè Aragno o la trattoria delle Venete per impararli a memoria, corpo e anima, vita e miracoli, saperne gli intrighi, le magagne e gli altarini segreti. Non si parla dei ministri, neppure dei deputati più in voga, i celebri, quelli che battono la gran cassa alla luce del sole, Nicotera, Cavallotti, Bonghi, Rocco De Zerbi.... si parla degli altri, di quei pezzi grossi onnipotenti, che il pubblico conosce appena di nome, e da una parte tirano i fili, dall'altra tirano l'acqua al mulino, stando sempre nascosti nelle quinte. Avvicinarli, questo era un altro paio di maniche: per esempio, i redattori e i corrispondenti dei giornali liberali colle buone o le brusche ottenevano per mezzo loro l'impossibile, ma i giornalisti cattolici.... diavolo! noblesse oblige, quantunque, sia detto tra di noi, anche parecchi cattolici se ne fossero serviti più d'una volta.

Al cronista dell'Araldo romano il Padre eterno non domandava consigli, ma umanamente parlando, se invece di inondar Roma con quella gioia di sole, Dominedio avesse spalancato le sue famose cateratte, lui, il cronista, un paio di lire per una messa bassa di ringraziamento le avrebbe spese volentieri. Dovevano sempre imbroccarle tutte, questi signori? pareva che dicessero, trionfando: vedete? anche il cielo è con noi e spande sulla nuova Italia i suoi sorrisi e le sue benedizioni. Oh per cristallina! un lavabo a tante marsine, a tanti galloni e a tanti ciondoli, un buon lavabo in forma di doccia refrigerante da sbarazzar la piazza in quattro e quattr'otto, ecco la benedizione del cielo che sarebbe caduta a proposito!

Benissimo, un poco di marcia reale, tanto per divagarci e non suonar sempre la medesima cosa. Daccapo le cannonate? – Signori sonatori, sinistr' riga! signori deputati, destr' riga! – Quando si dice l'abitudine: veder comparire il Re sotto il baldacchino rosso di Montecitorio e cercare subito cogli occhi la barba bianca del povero Depretis, era tutt'uno; non mancava che lui, requiescat; gli altri, i soliti gerofanti e i soliti corifei, tutti al loro posto, nella stessa attitudine stereotipata, in eguale ordinanza, rinnovando gli stessi movimenti meccanici a tempo di musica, inchini, strisciatine, salamelecchi, dell'inaugurazione precedente. – Peccato non essere al piano superiore per dominar meglio la scena; magnifica quella berlina di gala, tiro a sei, tutta cristalli e dorature, magnifica e necessaria come apparato decorativo dello spettacolo, ma era venuta a piantarsi davanti all'ingresso nel vero momento topico e a coprire i personaggi principali. – Aveva mai notato il signor marchese che nelle grandi cerimonie pubbliche, così gallonati e incipriati, i cocchieri hanno tutti la stessa faccia impagabile? non solamente lo stesso sussiego d'alterigia pel posto elevato che occupano, ma la stessa faccia rubiconda, con identici lineamenti, da non distinguerli l'uno dall'altro; passano gli anni, mutano i tempi, mutano i padroni, i cocchieri son sempre quelli, più vecchi più giovani, sempre quelli, anzi, è sempre lo stesso cocchiere, che se cambia qualche cosa, non cambia altro che la livrea. – Ah! Sua Maestà saliva in carrozza. Volere o no, sono funzioni che ammazzano; tre o quattro giorni fa a villa Borghese aveva l'aspetto molto più florido. Il principe Amedeo.... il duca di Genova.... – Applausi timidi, battimani fiacchi, sparpagliati qua e per la piazza. Coraggio, italianissimi, l'Europa vi guarda; scaldate i ferri, scaldate i ferri! siete sordi? non sapete più obbedire al segnale dei vostri direttori? Meno male: pareva che l'entusiasmo cominciasse a propagarsi nella folla e gli evviva si facessero più nutriti e compatti. Bravissimi, spolmonatevi a gridare.... più forte, più forte ancora, ancora più forte.... tutti insieme, tutti insieme come una bomba, possiate tutti quanti scoppiare dall'allegria!

 

Nel mentre la berlina del Re piano piano discendeva verso piazza Colonna tra le lunghe acclamazioni, preceduta da un drappello di corazzieri, scortata da ufficiali generali a cavallo, seguita dalle carrozze degli aiutanti di campo e dei ciambellani, e a poca distanza, collo stesso cerimoniale, da quelle della Regina, Marco Cybo, ritto alla finestra, guardava la sfilata solenne, talvolta assorto da un pensiero molesto, talvolta quasi per distrarsi, partecipando alla curiosità della folla: di mano in mano che il pettegolo scribaccino, facendone il nome, indicava gli alti dignitari della casa militare, i gentiluomini e le dame di corte, egli accennava appena col capo, ovvero rispondeva con monosillabi a fior di labbro per non parere scortese; altrimenti che con rari monosillabi aveva risposto a quell'interminabile cicalata di cui era stato vittima fino allora e che sotto una scorza d'ironia umoristica mal celava il dispetto dell'uomo di parte. Un momento solo, quando dal suo silenzio interpretato a rovescio sembrò che il ciarliero pigliasse argomento di sbrigliare un po' troppo la fantasia e quindi arrischiasse certe velenose frecciate sul conto d'una dama del seguito, non volle lasciar correre e l'interruppe a bruciapelo.

Partiti i Sovrani, la folla che senza lagnarsi era rimasta tanto a lungo pigiata, pur di attendere il gran momento, e non si sarebbe mossa fino a notte se tanto avesse dovuto durare nell'attesa, ad un tratto fu invasa dall'impazienza frenetica d'andarsene via. Massime agli sbocchi, la piazza rigurgitante si agitava nel flusso e riflusso d'un mare in burrasca; all'occhio però di chi stava in alto nulla di più gaio d'un trambusto pacifico come quello, dove gli urti e gli spintoni e il premere della ressa non suscitavano che lepidi battibecchi, e dal quale partivano tra sonore risate e strilli di ragazze le più pittoresche esclamazioni dei dialetti d'Italia. Uscire dall'albergo, anche coll'idea di voltar subito a sinistra verso Santa Maria in Aquiro, era lo stesso che volersi cacciar dentro a giuocar di gomiti per un buon quarto d'ora, senonchè Marco Cybo si sarebbe volentieri arrischiato, pure di sbarazzarsi del suo compagno, se questi avesse lasciato trapelare una lontanissima probabilità di levarglisi dalle costole.

Osservi, marchese: è a lei che quella signora fa tanti segni col fazzoletto?

– A me? dove?

Conti le finestre di Montecitorio, una, due, tre.... la quinta dalla parte di piazza Colonna, al piano della bandiera....

Marco alzò gli occhi verso la finestra indicata.

– ....al piano della bandiera, proprio di fronte a noi: quella signora ritta in piedi, vestita di chiaro, colla veletta bianca sulla faccia e un certo cappello bisbetico, grandissimo.... come li chiamano quei cappelli? alla Rubens? Son due signore e diversi uomini.... padroni di casa, s'intende: uno mi pare l'onorevole Rizzabarba.... – ecco, sventola di nuovo il fazzoletto con maggiore entusiasmo.... non c'è dubbio: risponda, signor marchese, quei segnali sono tutti per lei, guardi: sembra che voglia farle capir qualche cosa d'importante, si aiuta gesticolando coll'altra mano, sporgendosi fuori del davanzale.... via, le risponda, altrimenti la vediamo precipitare sulle baionette del quarantunesimo reggimento fanteria.

Lontana com'era e larvata dall'incerta trasparenza del velo, Marco non ravvisò colei che si sbracciava a comporre un alfabeto di gesti per richiamar l'attenzione di qualcuno, ma ad ogni modo, non potendo dubitare che i gesti fossero diretti ad altri che a lui, fece per creanza un lieve inchino col capo.

– Già da un poco m'ero accorto dell'impianto lassù d'un ufficio semaforicoproseguiva l'esperto osservatore, non senza una tintura d'epigramma nell'intonazione – ma sulle prime non ci avevo badato, ossia ero a cento miglia dal supporre che fossimo noi quelli chiamati a risponderedico noi per modo di dire – e non mi balenò il sospetto se non quando notai che la gente abbasso si voltava verso la nostra finestra con un'insistenza curiosissima. Siano in vetrina, esposti io e lei alla pubblica ammirazione; dia un'occhiata: vede quanti ci guardano?

Staccatosi dal davanzale, Marco si trasse indietro bruscamente e all'occhio del giornalista non isfuggì la vampa di rossore che gli era salita al volto improvvisa.

– Non scappi per così poco: avrebbe soggezione di quattro sfaccendati che ci guardano, ora che non c'è altro da guardare, senza conoscerci e senza sapere perchè? – Oh! questa è bella: vuole proprio scapparsene via, signor marchese?

Evitando d'accostarsi, già col cappello in testa e il soprabito da mezza stagione sul braccio, con un grosso pacco tra le mani che sembrava fasciato e legato alla carlona, il marchese Cybo aveva visto Satanasso o la moglie di Satanasso per prendere così repentina la determinazione di battere in ritirata, senza neppur masticare un pretesto, e non abbastanza pronto accorto per dissimulare l'agitazione interna che lo travagliava? Colla sua praticaccia delle cose di questo mondo, il giornalista sarebbe stato troppo ingenuamente candido se nei segnali semaforici d'un minuto prima, con sua grande meraviglia, non avesse letto o creduto di leggere, le cifre d'un dispaccio molto tenero, e anche molto strano, data la persona al cui indirizzo era spedito. Un fariseo si sarebbe scandalizzato, lui no; altro è scandalizzarsi, altro è pigliare una doccia fredda tra capo e collo.

Tutti figli d'Adamo, veniva meditando in cuor suo nello scendere le scale, tutti figli d'Adamo e il nostro bravo romanzetto con una figlia d'Eva o prima o poi dobbiamo imbastirlo tutti e non c'è clericalismo o cattolicismo che tenga; vada per Carbonara, ma del marchese Cybo così serio e squadrato in punta di compasso, così zelante operaio nella buona vigna quando non frustava colle due ginocchia il lastrico delle chiese, chi l'avrebbe mai detto? chi si sarebbe arrischiato solamente a trovargli addosso la lenticchia d'un neo? eppure c'era cascato anche lui! eravamo appena ai primissimi capitoli, s'indovinava dal suo imbarazzo e dal suo turbamento, ma appunto questo faceva dubitare che ci fosse del losco: signora o signorina alle finestre di Montecitorio aristocrazia nera, niente; signorina esotica di manica larga, come ne piovono tante a Roma, o signora maritata, di manica ancor più larga? Qui stava il nocciolo, e senza scandalizzarsi, perchè volpe vecchia, specie vivendo a Roma, il giornalista non si scandalizzava più di nulla, le sue indagini non voleva trascurarle; da buon cristiano compativa negli altri le fragilità della carne, però, come osservatore, voleva vederci chiaro.

Per ora l'importante era questo: sapere se il marchese andava o fuggiva; in altri termini, se la sua ritirata precipitosa si traduceva in un atto d'obbedienza al comando di raggiungere subito quella tal persona, oppure in un atto energico di ribellione per sottrarsi al pericolo. A scanso di domande suggestive che l'avrebbero messo in sospetto, conveniva fin da principio serrarlo tra l'uscio e il muro. Abbasso, nell'angusto atrio ingombro di gente, si apriva a sinistra la sala da pranzo, già per due terzi occupata dagli affamati clienti.

Marchese, vuol sentire una mia proposta? A vivere di Spirito Santo non siamo nati lei io; se facessimo colezione qui? l'ora canonica è suonata da un pezzo e vedo laggiù in fondo un tavolino vuoto, che ci chiama e ci aspetta.

Un momento dubbioso, quasi sul punto d'accettare la proposta, il marchese si risolvette pel no. Strinse la mano all'egregio amico, forte stretta significativa, come per ammonirlo che non voleva altre seccature d'accompagnamento, e via col suo pacco sotto il braccio, sguisciando presto presto tra la folla che già cominciava a diradarsi.

Seguirlo, pedinarlo a qualunque costo, tenerlo in agguato, magari a rischio di perderci quel giorno l'asciolvere e il desinare. Capriccio di curiosità: per un indizio da nulla, così vago, così bambinesco che potrebbe anche essere un innocente scherzo del caso, il demonio vi ficca una maledetta pulce nell'orecchio. In ultima analisi, quando sarete riusciti ad appagarla questa curiosità, non avrete ottenuto che un'assai magra soddisfazione, eppure l'idea di cogliere in fallo flagrante uno dei nostri, l'uomo riputato perfetto dai nostri sodalizi cattolici, diventa una febbre. Seguirlo, con politica, a quattro passi, mascherandosi dietro la schiena dell'uno o dell'altro, e perderlo di vista nei meandri della gente che si riversa in piazza Capranica; qui dove siamo più al largo tenersi a una certa distanza, lasciarlo pure andare avanti, chè fino alla Rotonda oramai deve arrivarci per forza e se riesce a squagliarsi è bravo. – Abbia detto la verità e sia proprio diretto alla Minerva?

Un intoppo!? o perchè giunto in piazza del Pantheon si ferma su due piedi? Pare indeciso se debba proseguire o cambiare itinerario; si volta; per cristallina! appena il tempo di svignarsela tra una botte che passa e il casotto dell'acquaiuolo; un miracolo se non ci ha visto! Torna indietro, o dove si va adesso? rifà la strada già fatta e corre via, come un bersagliere; piazza Capranica, di nuovo Montecitorio.... ritorna all'albergo!

L'angelo custode del marchese Cybo non entrò, rimase fuori in sentinella a montar la guardia, con un occhio vigilando la porta, coll'altro fingendo d'interessarsi allo sfilar delle truppe, ma non ebbe molto da aspettare, chè presto il marchese Cybo ricomparve: non era solo! accompagnava una donnetta, quella, manco dubitarne, dei segnali telegrafici, chè a farla riconoscere bastava senz'altro l'eteroclito cappello alla Rubens, sotto il quale, vista ora più da vicino, sfolgoravano due carboni incandescenti, accesi di peccato mortale nella fucina di Belzebù. Questo sia detto per chi crede alle apparenze, in quanto alla realtà poteva essere una delle undicimila vergini di sant'Orsola, ma a buon conto, la donnetta c'era in carne ed ossa e al braccio del marchese si appoggiava coll'abbandono di una sposina. Siamo giusti però: a salvaguardia delle convenienze e insieme a guastare il duetto della tenerezza veniva per terzo incomodo, traballante sulle gambe, la figura grottesca e sconquassata d'un ippopotamo da museo preistorico, che il cronista, oltre conoscerlo da anni senza sapere chi fosse, si rammentava d'aver veduto per Roma la vigilia o l'antivigilia con quella stessa creatura dal cappello favoloso e che a completar l'opera secondo i dettami della odierna prammatica non ci sarebbe mancato altro fosse stato lui il marito! Così, facendosi largo tra gli ultimi curiosi sparpagliati, si avviarono tutti e tre verso piazza Colonna, dove sotto il porticato raggiunsero il resto della comitiva che li aspettava reduce dell'inaugurazione, ossia un'altra signora formosa e pomposa, matronale, tipo classico di prima donna da tragedia come ai suoi tempi doveva essere la Ristori, il deputato Rizzabarba arcinotissimo pel suo navigare a mezz'aria tra le due politiche, quella che si fa alla Carriera e nei Ministeri e alla Banca romana, e quell'altra delle Ninfe Egerie d'ogni risma, dall'Hôtel Bristol al Quirino, più tre farfallini di diversa età e diverso pelo, le cui facce, a furia di specchiarcisi dentro giorno e notte, erano in sempiterno stampate nelle vetrine d'Aragno. L’onorevole bastava lui a dare il colore alla compagnia, ma ad esuberanza veniva di rinforzo l'amico e collega Priol, Claudio Priol, del quale non si sapeva se fossero più gli intrugli economici o le conquiste nel mondo galante.

Evidentemente la tentatrice, per paura che il nostro Luigi Gonzaga le sfuggisse ad onta dei suoi richiami, staccatasi un momento dalla banda coll'idea fissa di beccarlo, si era fatta accompagnare all'albergo, sorpresa ella stessa di vederlo tornare quando cominciava a disperarsi di essere arrivata troppo tardi.

Breve conciliabolo sotto i portici per le relative presentazioni e scappellate e strette di mano. La goduta più deliziosa era vedere il marchese, sempre col suo enorme pacco sotto il braccio, tirarsi indietro e in mezzo a quelle facce d'uomini sconosciuti non saper che pesci pigliare. Ma non si accorgeva, con tutto il suo talento e tutta la sua prosopopea, che era lui un pesce fuori d'acqua, già avviluppato nella rete? – Bravi: alla democratica, partenza in tre botti cittadine una di fila all'altra, scarrozzando pel Corso, verso la Ripresa dei barberi.

Dove andavano? Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei: domani a quest'ora ti dirò pure quanti gloriapatri avete recitato tutti insieme. Dove andavano? a una bella merenda in campagna? Buon appetito e buon divertimento. – Per quel giorno il segugio ne sapeva abbastanza.


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