Gian Pietro Lucini
Prose e canzoni amare

Lettere

11 Alla moglie

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11

Alla moglie

Dosso Pisani, il IIIJ di gennajoCMIIIJ

Carissima mia,

Tu non ci crederai, ma io mi annojo mortalmente in questo sfoggio di grandezze e di etichetta alle quali non sono abituato. Mi annojo tanto che mi lascio andare dal desiderio a benedire te, Breglia e la neve e le buone ragioni che non ci fanno abbandonare il nostro rifugio, dove si respira a nostro agio e dove si può anche bestemiare come e meglio si voglia.

Fin ora non ho saputo, e non credo di sapere domani, che cosa il Dossi desidera da me: egli mi professa e mi chiede amicizia, mi usa mille e una cortesia, anzi mi asfissia di questa amorevolezza, ma in torno a lui vi sono i troppi servi, e quell’agghindamento clericale del discorso che mi agghiaccia. La signora, una biondina magra, preraffaellita, incolore, appare quasi appannata da un vecchio cristallo impolverato; garbatezza e compostezza aggiunge gelo. Imagina un assiderato mongibello anarchico in completa e continua ebollizione; imagina me che si comprime, ma che comprimendosi teme di scoppiare! Scoppiare io? Più tosto abbiano i miei ospiti cattivo giudizio di me e si scandalizzino alle mie parole: ed è quanto farò prossimamente.

Del resto niente da fare o da sperare questa (amicizia) porti: qui si profondono denari a staja per delle inezie, e non un centesimo per delle necessità; il Dossi della Desinenza in A, divenuto il Pisani di Dosso-Pisani, ex ambasciatore, è un invecchiato libertino intellettuale il quale si ritira e prega e domanda perdono se fu una volta giovane spregiudicato e scettico.

Oggi, domenica, la famiglia va a messa: puoi imaginarti ch’io non l’ho imitata; ho vagabondato per i boschi che circondano il palazzo.

Pranzo e colazione copiose e servite da camerieri in guanti bianchi. Il bianco dei guanti e il nero del frack non mi fanno digerire bene.

Dossi sopra di me ha (ora che ci penso bene) dei grandi progetti; mi vorrebbe suo consigliere artistico, suo introduttore presso la nuova generazione artistica di Milano. Mi vorrebbe a Corbetta nel Marzo con lui, a Milano, dopo, ed in casa sua, eccetera. Credo, se così dura il mio umore, che non ci riesca. Questa è forse l’ultima volta ch’egli mi vede.

Perciò abbrevierò più che mi sia possibile il mio soggiorno qui. Fra tanto Mercoledì andrò a Milano dove ho già scritto per quanto sai; tu aspettami, inavvisata, prima che non ti sembri. Ho consegnato al cugino della Pina la lettera per la Bionda: jeri sera già l’avrà letta.

Ti saluto caramente; dei baci saporiti e senza intermediari di veli di reticenza, di agghindature eccetera. Tuo

G. P.

libero per ora e per poco almeno sopra la carta che non possono leggere. Sta bene e saluta la Pina.

 

 


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