Gian Pietro Lucini
Prose e canzoni amare

Poesia

Il Monologo di Rosaura

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Il Monologo di Rosaura

 

 

La sera sta per finire in una torbida notte. La finestra della camera s’apre sopra ad un giardino. Oltre il giardino, il canale. Una lampada lingueggia davanti ad una statuina di Vergine. Fiori in offerta, fiori pallidi e stanchi. Dalle tende dell’alcova aperta, un letto basso esiguo e bianco: le trine, schiuma industriata al capezzale ed i merletti rosei! Oh, lieve roccocò veneziano del sentimento, tra le lacche rosee, bianche e l’oro, e li Amorini della volta: le poltrone di seta accoglierebbero Rosaura languida dopo il bacio: essa, inquieta, dalla finestra al tavolino, dal tavolo alla nicchia della Vergine, esprime l’interna sua commozione.

 

La campana dei Frari: il singhiozzo morente del risucchio,

questa agonia rassegnata e stanca

del canale alla mura chiusa e bianca del giardino;

e l’ultimo trillar del mandolino,

l’ultimo grido sopra la laguna,

ed un quarto di luna indifferente:

la fine della sera. Anche i cigni ritornano al capanno;

pel torbido laghetto, pupilla fonda e nera in mezzo ai fiori,

le lunghe scie fanno, strascici grigi e veli.

Tornano: oh candidi viandanti d’amore!

tornano: oh lenti crepuscolari imagatori!...

Mio Dio! che affanno al cuore.

Tutte le piante attendono: come sono severe e silenziose;

oh come sono orribilmente sospettose!

Anche le rose sono scomparse, non hanno più colore;

ed i gilii ed i gilii in agonia e questo soffio di malinconia

che vapora al singulto del canale;

e questo indefinibile momento della notte che sta per cominciare,

e questo inconscio male che mi serra alla gola,

come una gorgerina e che mi soffoca!

La sera è morta senza una promessa,

chiusa sacerdotessa del mistero;

ho bisogno di credere, ho bisognodi fede;

ho bisogno di credere giliate apparenze incantate. —

Tutti i cigni son dentro al capannuccio; riposano; dormono;

e come è indifferente questa luna! Io non posso dormire;

io debbo aspettare e sofrire!

Occhio di sole immenso sopra al mare libero ad ogni vela,

bionda gloria di sole in sulle navi! Lontano, lontano!

E l’anima s’annega in questo sogno aperto di delizia!

Oh i miei poveri sguardi aperti al sogno,

e buone chiarità delle pupille; il mio spirito anela

ad un raggio di sole e ad un bacio d’amore.

Fu così: Ei veniva di lontano; le meraviglie dei cieli veduti

e l’incanto sovrano de’ suoi gesti. Non pregava,

parlava semplicemente; ma il suono della voce;

e m’ha guardato in viso limpidamente,

ed ho assentito. Era una fragile bimba incolore,

discolorita come questa luna e pur chiara,

limpida come un’acqua di sorgente;

vaga esitanza di membra sottili sotto l’oscure ed ampie gonne,

un pudore gentile sulle guancie,

il seno placido, il pensiero sereno.

Io mi son rivelata; ahimè, io seppi il mio valore

ed il mio tesoro,

e la ricchezza d’oro delle mie treccie bionde,

e le gravi e profonde gentilezze, e le soavità delle carezze,

ed il mio sapere, ed i miei canti, ed il mio fascino.

Egli parlava: ma il suon della sua voce!

Io mi son ritrovata in mezzo al bujo;

la giojosa agonia e pur feroce, questa natività rossa di donna!

Ecco una passionale pubertà,

la sacra aspettazione per l’inconscio domani che verrà

a distruggere il sogno, codesto desiderio inesplicato

di sentirsi ammalare d’amor senza speranza.

Egli mi disse: «Sono Florindo, Lelio, il Cavaliere di Santa Fiora

il Principe Normanno, il Pascià di Tangeri, Romeo e Cesare;

sono e sarò tutto quanto vorrete. Son per ora Florindo

venuto dalli scali levantini, mozzo nelle crociere barbaresche;

son povero; son bello; ma son nato per voi.

Sono di tra li Eroi d’ogni generazione;

sono l’Eroe d’amore. Guardatemi nell’occhi!

Io non vi chiedo nulla, né meno un bacio;

sono ai vostri ginocchi e non vi prego, vi amo;

la mia umilità non è un inganno. Sono l’Irresistibile.

Guardatemi nell’occhi! Verrò da voi domani, sul fare della notte,

e voi mi aspetterete; so che mi odiano qui, né m’han veduto ancora,

e che m’aspettano. Non dite una parola;

la vostra bocca chiusa mi consola più dell’assentimento,

né potreste fuggirmi». Ed io l’attendo;

mi rompe in gola il battito angoscioso,

poveranima mia! È in questa notte dubia;

i cigni son spariti; non v’è brezza per l’alberi;

l’alberi voglion la fresca carezza del vento della notte

e soffocan di noja. I miei polsi, i miei polsi in tumulto!

Non ho detto di no, non poteva negare:

oggi m’han letto in viso il mio secreto,

hanno letto nell’occhio la promessa;

hanno riso, hanno pianto; ho indovinato anch’io

sul volto di mio padre e dei fratelli

l’odio e l’angoscia per la mia passione!

Ho paura,

non mi sento sicura. —

Delle nuvole vanno senza vento

come un bigio tormento sulla luna.

Un riposo lontano, un piano e verde riposo sui monti

per questa enorme eternità d’un’ora:

son nata poco fa per conoscere la morte!

Dio! Dio! codesto scroscio d’acque minacciose

all’orecchie assordate!

Perché? perché? E che male vi ho fatto?

E la Vergine triste, la Vergine che piange nella capella:

ma nessuno ha osato, nessuno m’ha baciato ancora;

nessuno, né meno Lui, se pur io l’ami.

La preghiera ridestata in vano balbetta sul labro

e la pace impetrata non troverò più.

Soffoco;... lo debbo attendere senza speranza di rivederlo.

Eh? ... Che fa la lampada? Perché si spegne la lampada adunque?

Che c’è? Chi vuol entrare? Chi va pel corridojo?

Perch’aprono le porte?

Forte, forte batte a spezzarsi il cuore. –

No, non uscite, non uscite in giardino;

non vedete che i fior’ son tutti morti;

non vedete li smorti garofani inchinarsi d’anemia,

e che i cigni riposan per morire? Non vedete le nubi sulla luna?

Voi lo sapete meglio di me, verrà scalando il muro;

il giardino di notte ama un convegno... ed è sicuro,

ed i baci: no, non sapete nulla,...

ed abbiate pietà di questa vostra misera fanciulla;...

fors’anche non verrà.

Ah! Ah! ma qualcuno m’ascolta; la Vergine si è mossa;...

non ho peccato, non ho peccato mai;

per quest’ora solenne, per quest’ora mia estrema,

perdono, carità...

Chi mi parla?

Vergine dei canali, Vergine dei fatali occhi d’argento,

Vergine all’annegati Protettrice, Vergine all’infelice

che si muore d’amor Grazia divina, Vergine, Fiore di bontà celeste,

Vergine alle proteste dell’affamati, dei miseri, dei pazzi

Presidio e Patrocinio, Vergine per l’amore ultimo e primo

d’una Veneziana vergine Maschera bionda,...

pietà, pietà!

Sono discesi, spiano. Avevano una fiaccola rossa ed accesa,

la gettar nel laghetto: odo strider la fiamma spegnendosi nell’acque

ed hanno fatto bujo: ...ed un tonfo di remi...

I cigni, i cigni che fuggon dal capanno, i cigni bianchi

che schiamazzano e vanno a rifugiarsi dentro al canneto.

 

 

Il canto di una Voce fresca e forte.

 

Vado; mi sta nell’anima

un vaticinio enorme;

vado; Venezia dorme

sotto all’incanto della barcarola.

Vado: so la parola

libera che dismaga

la coscienza alla vaga

bellezza che s’ignora.

Vado: mi sta nell’anima

un sospetto ansioso;

palpitando m’attende e crede e freme

tra il patire e il godere?

 

ROSAURA (gridando)

 

È Lui! è Lui! Non entrare, non entrare!

T’aspettano! — No, v’ingannate non è Florindo! Tacciano!

Scala le mura; e la luna lo illumina! Com’è pallido! Ah, ah!

Che fanno dunque? E tutto sorge, audace, erto, vittorioso!

Io l’amo!... Florindo!

(Un colpo d’archibugio, un riso dolcissimo, dei passi che fuggono sulla ghiaja).

 

ROSAURA (anelante, erompe)

 

Ooh!

 

(La camera le si illumina d’un tratto).

 

UNA VOCE (fresca e forte sotto la finestra)

 

Oh, Rosaura, credete? L’amore non si uccide. Porgetemi la mano.

 

ROSAURA (spaventata di gioja e di meraviglia)

 

Non l’hanno ucciso! È dunque eterno questo giovane biondo

e foriero tra la Morte ed i Baci d’una incondizionata voluttà?

 

FLORINDO (con una voce fresca e forte)

 

Son l’aspettato che non mancherà già mai alla promessa.

Porgetemi la mano!

 

Nella grande luminosità, che rende quasi incorporee le cose, Rosaura tende ansiosa le braccia dalla finestra, e tremante aspetta. Quindi, oltre al davanzale, appaiono dei riccioli bianchi di parrucca incipriata ed una fragile mano ingiojellata, Ed ecco Florindo sorridente.


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