Gian Pietro Lucini
Prose e canzoni amare

Critica storica e letteraria

La coscienza italiana nel Trentino

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La coscienza italiana nel Trentino49

 

 

Commetto una indiscrezione, ma facilmente me ne assumo le conseguenze, perché la sua attualità ed il valore storico non patiscono indugi e mi riservano contro la taccia di chiacchierone.

Da una lettera estraggo alcuni passi di sicura didattica, perché di commossa esperienza. Me li ha scritti, testé, un giovine e geniale artista amico mio, oggi occupato ufficialmente presso un istituto d’arte di una città del Trentino, dove vi hanno ville arciducali e donde venne a noi il primo modernista, in filosofia, — di assai melensa filosofia tomisticaRosmini, in busca di una certa alleanza tra la fede e la scienza, a salvaguardia dei diritti di nazionalità in regime cattolico, il più bislacco de’ maritaggi con antinomie, per cui le antitesi, in camera di nozze, si vanno imbastardendo e fu lecito a Fogazzaro, un cattolico-riformato, di salvaguardare i diritti della ragione con quelli del sentimento appajando Sant’Agostino a Darwin.

Il giovine romagnolo, nutrito di libertà repubblicane e di latina e profonda coltura, dotato di un magistero d’arte completo e squisito sì che la insegna, regnicolo, in quella città, mi rispondeva all’invio di Revolverate, certo non sospette di tiepidezze rivoluzionarie, né paurose di un irredentismo deliberato sino alle ultime conseguenze. E le notizie ch’egli mi porgeva e ch’io vi faccio conoscere meritano qualche meditazione:

«Oh! la nostra divina esecrazione dell’Austria! Se sapeste come mi inferocisce. Il verso agisce su di me come il panno rosso agli occhi del toro. Voi non sapete, forse, ma l’Austria maledetta s’acquista sempre più maledizioni sopra maledizioni.

«Questo nostro infelice Trentino non è ormai che un covo di barbaro clericalume, vendutosi, per vile opportunismo, all’austriachismo invadente. — Non credete alle sue proteste di italianità; sono furiate da retori, sfogo inutile ed infinito di una sentimentale eccitazione di maniera. Peggio che in Italia, qui, le più belle e le più sante aspirazioni sono affogate nel parlamentarismo.

«Lo credereste? I rappresentanti politici delle città italiane soggette all’Austria non sono ancora d’accordo tra loro sulla designazione di quella in cui dovrà sorgere la tanto negata e promessa Università. Tutti gli appetiti inconfessabili di un campanilismo sciocco ed antipatriottico si combattono a vicenda con feroce gesuitismo. Altro che le esercitazioni estetichecare ai futuristi — per l’auspicazione di guerra all’Austria!

«Qui, è tutta una rivoluzione da tentare; risvegliare coscienze assopite; suscitare spirito ed animo proprio in un popolo imbastarditosi; agitare la fiamma pura delle libertà più audaci, perché tutti se ne abbaglino in un desiderio di conquista irrefrenabile. Se no, presto, le nostre aspirazioni irredentistiche non saranno corrisposte da chi non potremo più chiamare fratelli. Chi non conosce il Trentino non può immaginare la miseria morale in cui vive!

«Io farò circolare, ove più posso, i vostri libri, qui, dove — voi lo sapete — per ordine poliziesco ne è impedita la libera diffusione e lettura. Ma non vi sono ancora fasci in questa infelice terra di miseria; e solo posso contare per la mia propaganda in un circolo assai ristretto di aderenti quasi adolescenti».

Vi prego, un’altra volta, di riflettere assai e bene sulla breve pagina. È l’Italianità che esula dal Trentino; vorremo noi apprestare apparecchi di guerra costosissimi e vagheggiare liberazione per un popolo e per una terra che non ci riconoscerà? E se ne annetteremo mai le provincie, non ci capiti quanto avvenne alla Germania coll’Alsazia, paese tedesco, dopo il settanta, d’arrivare troppo tardi.

(Un esempio alla Stendhal: frequento a Varazze un buon vecchio, piccolo borghese e proprietario, fratello di un illustre garibaldino, che assunse comandi generali nell’esercito italiano. Colui, che venne dal Trentino a far nido in Liguria, vi ritorna ogni anno in visita ai congiunti. E dice, quando si accinge al viaggio: «Vado in Austria!» La propria città di Trento dove si trova adunque nella geografia, non solo politica, ma fisica d’Europa? «Vado in Austria!»)

È tutta un’etica latina e nazionale da rifondere colà su; il problema del Trentino è tuttora, e sempre sarà, un problema di educazione, come del resto tutte le rivendicazioni libertarie, compresa la Repubblica. Ecco, perché la monarchia col suo prestigio militaresco di eserciti e di diplomazia non saprà mai mettersi allo sbaraglio di una impresa, dietro la quale avverte o la sua decadenza immediata, od il risvegliarsi di bisogni di tali libertà ch’essa non potrà mai dare, e davanti alle quali dovrà fiaccarsi vinta, forse chi sa, nei rosei tramonti di una abdicazione alla Don Pedro di Braganza! Li irredentisti sappiano: Che bisogna agitare la fiamma delle libertà più audaci, perché tutti se ne abbaglino in un desiderio irrefrenabile; ma queste non vanno in volta incoronate, né portano stemmi d’aquila e di croci; nude si avvolgono in pallio scarlatto e non hanno pudori e paure perché bellissime ed intemerate.





49 In «La Ragione», luglio 1910.



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