Antonia Pozzi
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La fornace

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La fornace

 

 

Bambina, nelle sere di novembre

poi che sui monti c'era

la guerra

e la legna costava

assai – come il latte, come il pane

e la nebbia pesava

gelida sulla terra,

la mamma mi portava

– per scaldarci

alla fornace.

 

Riflessi di brace

tingevano l'androne nero:

rossa nel fondo

divampava

la cupola del forno.

Dall'alto un vecchio scagliava

fascine e fascine.

Giù i tegoli in cerchio

sembravano una ruota

immota

a cui fosse mozzo la fiamma.

Si arrossava

la creta al centro:

verde era ancora al margine

dove più lento

arrivava il calore.

 

Si sgranavano in uno stupore

d'incanto – le pupille bambine.

Il vecchio dall'alto scagliava

fascine e fascine

Si ritornava

per l'androne nero

con un bruciore di vampa negli occhi.

Fuori, un'immensa fontana

nella nebbia lanciava

il suo getto bianco e faceva

rabbrividire

La casa pareva

lontana,

la strada sembrava non finire

più. Era notte, era novembre,

sui monti c'era

la guerra

 

16 settembre 1933


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