Antonia Pozzi
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All'amato

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All'amato

 

 

 

Tu sei tornato in me

come la voce

d'uno che giunge,

ch'empie a un tratto la stanza,

quando è già sera.

 

Qui c'era

soltanto il peso

delle ore irrigidite

in grigiore di pietra,

il passo lento

dei fossati in pianura

sotto nudi archi di pioppi. C'erano

al termine delle case

le povere strade

di novembre, straziate di solchi...

 

E c'era questo mio vivere

che ripete ogni giorno

il gesto di una mano di carne

calata giù nel profondo

a chiudere la bocca di Dio.

C'era la sabbia

che giù si rovescia

sull'incendio di Dio.

C'era la falce

che morde

le erbe di Dio.

La pietra

che cade sui cani,

sugli uccelli di Dio.

Allora sei tornato

tu – in me –

come la voce

d'uno che giunge,

che nessuno più attende

perché è già sera.

 

Sei ritornato in me

come un fedele

stormo di rondini

che riappendon nidi

al tetto oscuro del cuore.

Sei ritornato come uno sciame

d'api che cercano

i loro fiori – e indorano

l'orto nativo.

 

Ora nell'orto io sento

crescere i nuovi

miei fiori per te. Sento spuntare

sui pascoli, dove

la neve si è sciolta,

gli anemoni gialli

e dal suolo del cielo

le stelle – che a quelli somigliano

le stelledopo che il gelo

del vespro è scomparso

 

e la notte è la terra feconda

il monte

primaverile

di Dio.

 

6 novembre 1933


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