Antonia Pozzi
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Bambinerie in tinta chiara

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Bambinerie in tinta chiara

 

ad A.M.C.

 

 

Ieri, in campagna, ero rimasta sola,

in un prato, a snidare le violette.

Il cielo si era chiuso indifferente

in un suo pastranello grigio chiaro,

spolverato da sbuffi freddolini:

ma la terra, in compenso, mi alitava

sulle mani il suo fiato umido e caldo

e a districare piano i ciuffi d'erba

mi sembrava d'insinuar le dita

fra i capelli d'una persona viva.

Pensavo intensamente al mio fratello

e una lenta tristezza m'invadeva,

diffusa come uno stupore bianco.

Mi dicevo che forse nella vita

non potrò dargli mai neppure un fiore:

un fiore ch'io abbia colto in questi prati

dove, bambina, camminavo scalza

per un'ebbra ed inconscia frenesia

di contatti selvaggi con la terra.

Ieri, s'egli mi fosse stato accanto,

non gli avrei regalato delle viole:

odoravano troppo sottilmente

e, a toccarle, sembravano aggricciarsi

già col presentimento d'avvizzire.

Avrei preso due o tre margheritine,

i più dimessi fiori, i più sereni,

che si lasciano coglier senza brividi,

che non odoran tanto sono puri.

Con pure mani gliele avrei offerte,

gettata tutta la mia vita inquieta

in uno stordimento blando e chiaro,

che mi riconduceva lievemente

la mia rinata fanciullezza intatta.

 

Milano, 22 aprile 1929


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