Antonia Pozzi
Parole

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Scampagnata

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Scampagnata

 

 

 

I

 

In giardino, un laghetto quasi vero,

con la frangia di salici piangenti.

Noi, tutto il pomeriggio, a schiaffeggiare,

da un fradicio guscetto, l'acqua bassa,

con pazzi strilli di spensieratezza.

Al tramonto, il laghetto insonnolito

a lasciarsi ninnare quietamente

dal gocciolante acciabattio dei remi:

in cielo una diffusa macchia chiara

– l'ultima occhiata languida del sole

a farci cenno di parlare piano.

 

 

 

II

 

Non ricordo chi m'abbia offerto i fiori:

credo una ragazzina un po' scontrosa

che aveva delle lunghe trecce, belle.

Io presi il mazzo, silenziosamente:

e d'un subito cadde, a quel contatto

di freschezza recisa, la gaiezza

che tutto il giorno aveva ridacchiato

nel mio quasi fanciullesco cuore.

Guardai ai miei compagni, fissamente;

lo sguardo intorbidato di tristezza.

Mi dicevo che il mio fratello è andato

lontano, senza più fare ritorno:

così, domani, anch'essi se n'andranno,

ciascuno per seguire il suo cammino.

Nascostamente avrei voluto porre

in quelle anime ignare di fanciulli

tutta la gioia che mi è riservata,

perch'essi la ritrovino, da uomini,

quando conosceranno la stanchezza

e piangeranno, soli, nella vita.

 

 

 

III

 

Accanto a me, al ritorno,

un fascio di serenelle,

abbandonate al vento della macchina in corsa,

a crollare convulsamente le corolle e il fogliame,

come in un riso sfrenato,

sulla mia vana malinconia.

 

Milano, maggio 1929


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