Antonia Pozzi
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Canto della mia nuditą

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Canto della mia nudità

 

 

 

Guardami: sono nuda. Dall'inquieto

languore della mia capigliatura

alla tensione snella del mio piede,

io sono tutta una magrezza acerba

inguainata in un color d'avorio.

Guarda: pallida è la carne mia.

Si direbbe che il sangue non vi scorra.

Rosso non ne traspare. Solo un languido

palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.

Vedi come incavato ho il ventre. Incerta

è la curva dei fianchi, ma i ginocchi

e le caviglie e tutte le giunture,

ho scarne e salde come un puro sangue.

Oggi, m'inarco nuda, nel nitore

del bagno bianco e m'inarcherò nuda

domani sopra un letto, se qualcuno

mi prenderà. E un giorno nuda, sola,

stesa supina sotto troppa terra,

starò, quando la morte avrà chiamato.

 

Palermo, 20 luglio 1929


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