Antonia Pozzi
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Lago in calma

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Lago in calma

 

 

 

No. Non si può salire: il vuoto enorme

grava su noi, quella gran luce bianca

arde e consuma l'anima.

Non vedi come prone

stanno le cime e come densi i pini

nella valle precipitano?

Non impeto d'ascesa

sferza le vette ad assalir l'azzurro,

ma paurosa immensità di cielo

le respinge, le opprime.

S'annidano, rattratti, nelle conche

i nevai, disciogliendo

sui nudi prati, fra gli abeti neri

trecce argentee di rivi,

come un canoro sospirar di pace

verso il lago lontano.

Restiamo presso il lago, anima cara;

restiamo in questa pace.

Guarda: il cielo, nell'acqua, è meno vasto,

ma più mite, più vivo.

Noi entreremo in questa vecchia barca

tratta in secco sul lido:

i remi sono infranti, ma giacendo

sul fondo basso, non vedrem la terra

e l'onda, percuotendolo da prora,

darà al legno un alterno dondolio

che fingerà l'andare.

Salperemo così, da questi blandi

pendii che odoran di ginepro: andremo

con tutto il sole sovra il petto, il sole

che riscalda e che nutre;

andremo, lenti, in un bianco pio sogno

di sconfinata pace,

verso ignorate spiagge,

col nostro amore solo.

 

Silvaplana, agosto 1930


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