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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
37. Bilancia e stadera. — La bilancia di precisione è una leva a braccia eguali che permette il confronto dei pesi applicati ai suoi estremi. La parte mobile è costituita dal giogo, che è un telaio metallico resistente e simmetrico attraversato nel suo centro da un prisma triangolare di acciaio; agli estremi del giogo si trovano altri due prismi paralleli a quello centrale; i tre prismi hanno ciascuno uno spigolo lavorato con cura grandissima; essi son collocati come nella fig. 26, in modo che i tre spigoli siano paralleli e disposti in unico piano.
Lo spigolo centrale poggia su un piano di pietra dura (agata), sostenuto da una colonna centrale; sugli spigoli laterali poggiano invece due piani pure di agata, che per mezzo di due staffe, reggono i piatti. Il giogo porta inoltre un lungo indice che ha l’estremo inferiore prospiciente a una piccola scala graduata, come nella fig. 27, che rappresenta una bilancia più semplice, ove i piattelli son retti da due uncini. Togliendo i piattelli e le staffe il giogo resta appoggiato per mezzo dello spigolo di mezzo, e siccome il centro di gravità del solo giogo è alquanto al di sotto dello spigolo, esso si trova in una posizione di equilibrio stabile, quando è disposto orizzontalmente; allora l’indice si ferma avanti allo zero della scala graduata.
Se adesso si applicano
i piattelli, di egual peso, e si caricano questi con corpi di peso eguale,
essendo per costruzione i coltelli laterali ad eguale distanza dal centrale,
l’equilibrio non sarà turbato; che se poi si aggiunge un piccolo sovrappeso, il
giogo si inclinerà fino a che il momento del peso sopraggiunto eguaglia il
momento inverso del giogo che tende a rimanere orizzontale. L’inclinazione ci
rivela adunque che esiste una differenza tra i pesi disposti sui piatti; e se
si vuole che venga avvertita una differenza minima tra i pesi medesimi, occorre
che la tendenza del giogo a restare orizzontale, cioè la sua stabilità, sia
molto piccola; allora la bilancia è sensibile, e si misura la sua sensibilità
valutando lo spostamento che l’indice subisce per l’aggiunta di un piccolo peso
determinato, per esempio un milligrammo, a uno dei piatti.
Come si è detto il
momento del sovrappeso viene equilibrato, dopo l’inclinazione del giogo, dal
momento inverso del peso di questo. Se si vuole quindi accrescere la
sensibilità della bilancia occorrerà aumentare il momento del sovrappeso, e
ridurre quello del giogo. Si ottiene il primo risultato ricorrendo a un giogo
molto lungo, e il secondo diminuendo il suo peso, e costruendolo in modo che il
suo centro di gravità, pur giacendo al di sotto dello spigolo per assicurare la
stabilità, sia molto vicino ad esso; in tali condizioni il giogo oppone un
ostacolo minimo contro le forze inclinatrici. Però, allungando molto il giogo,
se ne aumenta il peso, e inoltre è più facile che esso s’infletta sotto
l’azione di pesi rilevanti, nel qual caso i tre spigoli non si trovano più in
un piano, e la sensibilità della bilancia viene diminuita per altre ragioni.
Per questi e altri motivi si preferiscono oggi le bilance a braccia corte, e se
ne aumenta la sensibilità avvicinando convenientemente il centro di gravità del
giogo al coltello. E poichè in molti casi una eccessiva sensibilità può essere
d’incomodo, si può per mezzo di un bottone metallico, spostabile lungo una vite
verticale, trasportare più o meno in basso il centro di gravità del giogo, e
ridurre così la sensibilità. Per completare la parte descrittiva basti
accennare che per mezzo di una forchetta messa in moto da un bottone a
cremagliera, sporgente alla base della colonna, si può sollevare l’intiero
giogo quando la bilancia non è in funzione e staccare i prismi dai piani di
agata, con che si evita che essi si sciupino inutilmente. Una custodia di vetro
circonda tutto l’apparecchio, e serve a riparare i pezzi mobili dalle correnti
d’aria che turberebbero le pesate.
Abbiamo finora supposto che le braccia siano esattamente eguali, ciò che non può mai ottenersi malgrado la più accurata costruzione. Tale eguaglianza non è però indispensabile se ci si contenta di far la pesata in due tempi. Il mezzo più semplice consiste nel disporre su un piattello il corpo da pesare, e nell’altro una zavorra qualsiasi capace di ristabilir l’equilibrio; quindi togliere il corpo e sostituire nello stesso piattello tanti pesi numerati quanti ne occorrono per ristabilir l’equilibrio. Questi pesi danno il valore vero del peso del corpo, anche se le braccia della bilancia non sono eguali. Una pesata di precisione va sempre fatta in tal modo, o con altri procedimenti analoghi.
Nella stadera (fig. 28), che è una leva a braccia disuguali, il corpo da pesare agisce con un braccio costante, e viene equilibrato con un corpo di peso costante, detto romano, che si porta a distanze diverse dal fulcro. L’apparecchio viene graduato per mezzo di una serie di pesi conosciuti, e segnando sull’asta, lungo cui scorre il romano, il valore dei pesi nei punti in cui si deve portarlo per ottenere volta a volta l’equilibrio.