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52. Forza viva. — Un corpo animato di moto uniforme può essere libero da forze agenti, o sottoposto a forze che si fanno equilibrio e non alterano perciò le sue condizioni di moto.
Questo equilibrio si dice dinamico; ne è un esempio il caso della fig. 34 di un corpo mobile lungo un piano inclinato, sottoposto alla forza s e alla componente p del peso. Dall’equilibrio delle forze si deduce l’eguaglianza delle componenti nella direzione del moto; e quindi l’eguaglianza del lavoro da esse compiuto. Si ha perciò che nell’equilibrio dinamico il lavoro motore è eguale al lavoro resistente, come appunto avviene nel piano inclinato. La stessa condizione è soddisfatta, come è facile verificare, nella leva, e nella carrucola, e permette di trovare le condizioni d’equilibrio con grande facilità, anche con gli ordigni più complicati. Così si calcola facilmente che un ciclista il quale si avanzi su un piano inclinato con una pendenza del 5 per cento, percorrendo 10 metri per ogni metro di spostamento circolare del pedale, deve esercitare coi due piedi, per vincere la gravità, uno sforzo eguale alla metà del peso complessivo del suo corpo e della macchina.
Quando invece una forza agisce da sola su un corpo, la velocità di questo subisce un continuo aumento se la forza è motrice, una continua diminuzione se la forza è resistente, cioè se agisce in senso opposto al moto. Nel primo caso la forza compie un lavoro sul corpo, aumentandone la velocità; nel secondo il corpo esegue un lavoro contro la forza a spese della sua velocità.
La vita comune ci offre frequenti esempi di corpi in moto
che eseguono lavoro nel diminuire di velocità; così un corpo lanciato verso
l’alto compie il lavoro necessario per vincere il suo peso, e lo fa a spese
della sua velocità che va sempre diminuendo; un treno animato da una certa
velocità può procedere vincendo le forze di attrito, per un certo tratto,
malgrado sia soppressa la forza propulsiva del vapore; un proiettile lanciato
da un’arma da fuoco può perforare l’ostacolo. Or si dimostra in Meccanica che: Il
lavoro che può eseguire una massa nel restituirsi in quiete è eguale al
lavoro che fu necessario impiegare per imprimerle la velocità posseduta;
esso rimane immagazzinato nella massa finchè questa conserva invariata la
sua velocità ed è misurato dal semiprodotto della massa per il quadrato della
velocità Si è dato il nome di forza viva a questo lavoro che
è capace di eseguire il corpo in moto nel ridursi in quiete. Così un proiettile
di 5 grammi, animato dalla velocità di 800 metri = 80.000 centimetri al
secondo, possiede la forza viva:
cioè è capace di eseguire, prima di fermarsi, 1600 joule di lavoro. Se l’arresto avviene con un moto uniformemente ritardato in un decimo di minuto secondo, il proiettile equivarrà per quel tempo a un motore di 16 kilowatt, ovvero di circa 21,7 cavalli.
L’enunciato precedente è un caso particolare di un principio più generale detto principio delle forze vive, per il quale: se su un sistema di corpi in moto agiscono insieme forze motrici e forze resistenti, la somma di tutti i lavori motori, diminuita della somma di tutti i lavori resistenti è eguale al guadagno di forza viva di tutte le parti del sistema; se perciò il moto è uniforme, la somma di tutti i lavori motori è eguale a quella dei lavori resistenti.
In uno di questi sistemi i diversi lavori motori, i lavori resistenti e la forza viva posson paragonarsi agli introiti, alle spese e alla riserva di cassa di una banca: la riserva si aumenta finchè gl’introiti superano le spese, e così avviene della forza viva; inoltre la banca può far fronte alle spese anche senza entrate, impiegando la propria riserva; e così in un sistema meccanico il lavoro resistente può essere temporaneamente superato a spese della forza viva del sistema.
È chiaro adunque che il lavoro resistente può per qualche tempo esser maggiore del lavoro motore; ma allora la differenza è colmata dalla forza viva, che va perciò diminuendo; che se si vuole un andamento continuo di moto uniforme, il lavoro resistente non deve superare il lavoro motore; anzi in realtà il lavoro utile sarà sempre minore del lavoro motore, poichè il totale lavoro resistente è in parte lavoro utile e in parte lavoro perduto negli attriti, negli urti ecc. Si ha perciò, in regime uniforme:
Lav. motore = Lav. resistente
Lav. resist. = Lav. utile + Lav. perduto
e quindi
Adunque una macchina che utilizzi, per es., una caduta d’acqua di 100 m., a ogni 1000 Chilogrammetri di lavoro motore e quindi a ogni 10 Kg. di acqua caduta, potrà far corrispondere un numero minore di Kgm. di lavoro utile. Siano essi 800; se vengono impiegati per alzare acqua alla stessa altezza, solo 8 Kg. di acqua potranno essere riportati all’altezza di prima. Or i ricercatori del famoso moto perpetuo sperano invece che si possa riportare più acqua di quanta ne cade, impiegando l’eccesso per ottenere un altro lavoro gratuitamente. È evidente, sulla base dei principi sopra esposti, che un tal risultato non potrà mai ottenersi qualunque sia l’artificio, più o meno ingegnoso, proposto; come non accadrà mai che due persone scambiandosi per vaglia postale alternativamente lo stesso denaro si trovino alla fine in possesso di un capitale maggiore, malgrado la spesa di posta impiegata a ogni invio.