Orso Mario Corbino
Nozioni di Fisica per le scuole secondarie Vol. I

ACUSTICA.

114. Composizione di diversi suoni armonici del fondamentale. Suoni semplici e composti

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114. Composizione di diversi suoni armonici del fondamentale. Suoni semplici e composti. — Se si compongono diverse vibrazioni semplici, aventi i numeri di vibrazioni n, 2n, 3n, 4n ecc., si ottiene un moto vibratorio di forma complessa, ma anch’esso periodico; poichè dopo una vibrazione completa del primo se ne saranno compiute un numero intero per gli altri, e precisamente nel tempo di una vibrazione del primo se ne avranno esattamente 2, 3, 4 ecc., per i successivi. Si riprodurrà quindi, dopo una vibrazione del primo, la stessa legge di vibrazione, e anche questa sarà perciò periodica, col periodo del suono fondamentale. La forma del moto risultante, quale può essere ricavata con l’esperienza per mezzo della membrana autoregistratrice, dipende dal numero, dall’intensità e dalla fase rispettiva dei suoni armonici presenti.

Di questa proprietà è vera la reciproca, come fu dimostrato matematicamente da Fourier. Ciò significa che qualunque vibrazione periodica di forma qualsiasi può essere decomposta, e in un modo solo, in una serie di vibrazioni semplici corrispondenti alla serie armonica di un fondamentale, che ha per periodo quello della vibrazione data.

Dire perciò che due suoni non hanno la stessa legge di vibrazione (come può risultare dalle curve ricavate con la membrana autoregistratrice) equivale a dire che essi non sono semplici, e che risultano dalla sovrapposizione delle corrispondenti serie di armonici ma in proporzioni diverse. A questo carattere della vibrazione corrisponde, come noi abbiamo già enunciato, la differenza di tempera, o timbro, o metallo dei due suoni. In realtà, tolto il diapason, che vibra con legge sinusoidale e che emette perciò un suono semplice, gli altri strumenti eseguono oscillazioni periodiche, ma di forma complicata, il che corrisponde al fatto che i suoni emessi devono adattarsi alla condizione di produrre dei nodi e dei ventri in regioni stabilite del corpo vibrante, e che questa condizione è soddisfatta, in generale, dalla serie dei suoni armonici.

La presenza di questi suoni armonici, che l’orecchio non arriva a separare, ma che percepisce nella sensazione d’insieme, (il timbro), può essere dimostrata coi risonatori di Helmholtz (fig. 95) i quali, come il tubo della fig. 95, son capaci di rinforzare un suono determinato, a seconda delle dimensioni; e perciò, impegnati nell’orecchio, rinforzano il suono proprio fino a coprire gli altri.

Si può con una collezione di questi apparecchi far l’analisi di un suono qualsiasi, riconoscendo le intensità degli armonici presenti. Riuscì a Helmholtz anche l’esperienza inversa, poichè fondendo insieme, in opportune proporzioni, diversi suoni semplici emessi da una serie armonica di diapason, potè riprodurre il timbro del suono precedentemente analizzato. Questa analisi può eseguirsi col calcolo, rilevando nei modi indicati la curva che rappresenta la legge vibratoria del suono in esame, e calcolando le proporzioni degli armonici con le regole deducibili dalla legge di Fourier. Il problema è reso più facile dal fatto, rivelato dalla esperienza, che mentre la fase dei suoni componenti influisce sulla forma della vibrazione risultante, non ha invece alcun effetto sull’impressione che riceve il nostro orecchio, e quindi sul timbro del suono. Così la vibrazione C (fig. 96) risulta dalia composizione di A e di B, di cui la seconda è l’ottava della prima con differenza di fase zero all’origine; mentre la vibrazione E risulta dalle componenti A e D, di cui la D è dello stesso periodo di B, ma con la fase spostata (all’origine) di ¼. Orbene: le vibrazioni C e E sono di forma ben diversa, ma non vi corrisponde, secondo Helmholtz, alcuna differenza di timbro.

L’orecchio non ha la semplice funzione di decomporre le onde sonore incidenti nelle rispettive onde sinusoidali o nei corrispondenti suoni semplici. Se così fosse al suono di una corda di violino corrisponderebbe la sua decomposizione negli armonici, e non l’impressione sintetica che ci fa riconoscere quel suono da quello di eguale altezza emesso, per esempio, da un flauto. Ma l’orecchio è purtuttavia dotato di potere risolutivo, poichè nella farragine di suoni che vi arrivano da ogni parte, fondendosi in un complesso sistema di onde sonore, noi sappiamo distinguere a occhi chiusi i suoni provenienti da diverse sorgenti. La spiegazione di questa meravigliosa proprietà dell’orecchio, che è insieme analitica e sintetica, entra nel campo della psicologia; ma è necessario avvertire che le spiegazioni più comuni non sono del tutto soddisfacenti.


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