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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
50. L’occhio umano ridotto alle sue parti essenziali, è costituito da un globo contenente una successione di mezzi trasparenti limitata esternamente (fig. 62) dalla cornea KK’, cui segue l’umor acqueo, poi un diaframma forato II’ che è l’iride con la pupilla P, indi la lente cristallina L e la camera V piena dell’umor vitreo. In fondo è disposta la retina, ove si espandono le estremità del nervo ottico M. Tutta la serie dei mezzi trasparenti citati ha il solo scopo di produrre, come una lente convergente, un’immagine reale, degli oggetti sulla retina M; la funzione visiva si compie poi con un meccanismo psicologico di cui noi non dobbiamo occuparci.
Se l’occhio fosse
un sistema ottico rigido, le immagini degli oggetti situati a distanze diverse
si formerebbero, come nella fig. 58, anch’esse
a distanze diverse; invece l’occhio normale fornisce sempre un’immagine netta
sulla retina, anche spostando l’oggetto da distanza grandissima fino a circa 15
centimetri. Questa facoltà, detta accomodazione dell’occhio, è dovuta
alla deformabilità del cristallino, per cui in maniera istintiva,
guardando un oggetto collocato entro quei limiti, il cristallino acquista tale
grado di convergenza da portare sempre sulla retina l’immagine netta. L’occhio
nelle condizioni di riposo è adattato alla visione di oggetti lontanissimi; nel
guardare gli oggetti vicini il cristallino subisce una diminuzione del raggio
di curvatura, e un relativo aumento di convergenza.
Ma questa facoltà di accomodamento non è così ampia negli occhi anormali. I miopi, ad esempio, posson vedere nettamente oggetti disposti a distanza anche minore di 15 cm, ma non gli oggetti lontani; il loro occhio è, perciò, troppo convergente. Si corregge questo difetto per mezzo di una lente divergente, che produce degli oggetti lontani immagini virtuali più piccole, ma vicine alla lente. Così una lente biconcava, la quale abbia a distanza focale virtuale di 1 m, produce degli oggetti a distanza infinita una immagine virtuale situata nel piano focale, cioè a 1 m di distanza dalla lente; permetterà quindi la visione netta degli oggetti lontani a un miope che non riesca a veder nettamente al di là di 1 metro.
Esiste anche il difetto opposto, la ipermetropia, per
cui l’occhio è poco convergente, e perciò, anche nel massimo sforzo di
accomodazione, non riesce a vedere nettamente gli oggetti troppo vicini. Si
corregge questo difetto con le lenti convergenti, che dànno, degli oggetti
vicini, immagini virtuali più lontane (fig. 60). Se ad esempio si vuol render
normale un occhio ipermetrope che non veda bene al di qua di 1 metro, e
rendergli netta la visione per gli oggetti situati fino a 25 cm, occorrerà una
lente tale che di un oggetto a 25 cm. dia un’immagine virtuale a 1 metro di
distanza. Basta a tal uopo una lente che abbia di metro come distanza
focale.
L’ampiezza dell’accomodazione, legata alle variazioni di curvatura del cristallino, diminuisce con l’età, a misura che esso si va irrigidendo. Non è più possibile, allora, dare al cristallino la sua massima convergenza, e quindi non si riesce a veder bene gli oggetti molto vicini. Si sente in tal caso il bisogno delle lenti convergenti, come nella ipermetropia, per render netta la visione a piccola distanza.