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OTTICA OTTICA FISICA. Teoria ondulatoria. — Diffrazione. — Interferenza. — Polarizzazione. 60. Forma delle vibrazioni luminose. Polarizzazione |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
60. Forma delle vibrazioni luminose. Polarizzazione. — Si deve a Fresnel la dimostrazione che le vibrazioni della luce sono trasversali, si compiono cioè perpendicolarmente al raggio luminoso; è questo il solo modo con cui si possano spiegare i meravigliosi fenomeni della doppia rifrazione e della polarizzazione, di cui daremo un brevissimo cenno.
Ma
prima ci converrà riferire quali sono le conseguenze immediate della
trasversalità delle vibrazioni. Supponiamo che un raggio luminoso, che si
propaga verso di noi, tagli normalmente in O il piano della fig. 75. Le
vibrazioni della particella d’etere O si compiranno, essendo trasversali, nel
piano del foglio; ma possono avere forme diverse. Quando si compiono
rettilineamente, in modo che ciascuna particella oscilli ad es. parallelamente
ad AB (sempre con un ritardo rispetto alle precedenti e con un anticipo
rispetto alle seguenti), allora si dice che la luce è polarizzata
rettilineamente nel piano MN normale ad AB; ruotando la direzione AB della
vibrazione ruota con essa il piano di polarizzazione MN.
In altri casi la vibrazione ha la forma di un’ellisse o di un cerchio (fig. 76); si dice allora che è polarizzata ellitticamente o circolarmente; ogni particella del raggio esegue lo stesso movimento, col solito spostamento di fase rispetto agli altri punti del medesimo raggio.
Ma
nel caso generale della luce emessa da un corpo incandescente qualsiasi (luce naturale), la forma
della vibrazione va considerata come quella di un ellissi che cambia, dopo
brevissimi intervalli di tempo, di forma e di orientazione; ed è perciò
decomponibile secondo due componenti, eguali e indipendenti, situate ad angolo retto, per
es. secondo AB e CD (fig. 77). Se in un fascio di luce naturale si
riesce ad estinguere una delle componenti, per es. CD, si ottiene luce
polarizzata rettilineamente, le cui vibrazioni si compiono secondo AB. Or
questo può farsi appunto per mezzo di certi apparecchi detti polarizzatori, i quali hanno perciò la
funzione, quando siano traversati da un fascio di luce qualsiasi, di
estinguerne una parte, e di dar passaggio solo alla luce le cui vibrazioni si
compiono rettilineamente in una data direzione; basta ruotarli d’un certo
angolo intorno al raggio perchè la direzione della vibrazione della luce che ne
emerge ruoti d’un angolo eguale. Uno di questi apparecchi è, per es., il
cosiddetto prisma di Nicol, dei cui funzionamento daremo tra poco la
spiegazione. Esso si presenta come un piccolo tubo che contiene un prisma
quadrangolare trasparente, con le basi inclinate sull’asse; la luce emergente
vibra nel piano della diagonale che apparisce più corta.
Ruotando
un prisma di Nicol, o, come si suol dire, un nicol, traversato da un fascio di
luce naturale, il fascio emergente conserva un’intensità costante, poichè la luce
naturale risulta da due componenti eguali, che vibrano ortogonalmente tra loro,
e di cui la prima ha un’orientazione qualsiasi; il nicol ne estingue una e
resta l’altra eguale. Ma se la luce incidente ha una forma di vibrazione ben
definita, o rettilinea (fig. 78), o ellittica (fig. 79), o circolare (fig. 80),
e il nicol è orientato con la piccola diagonale secondo XY, allora esso lascia
passare la proiezione ab della vibrazione secondo XY, ed estingue il
resto.
E si riconosce facilmente, nel caso che la luce incidente sia a vibrazioni rettilinee (fig. 78) che la luce passerà interamente se XY è parallela ad AB; in parte se le due direzioni fanno un certo angolo, e non ne passerà affatto se AB è perpendicolare ad XY. E siccome la luce vibrante secondo AB normale a XY potrebbe esser prodotta da un primo nicol avente la piccola diagonale normale a quella XY del secondo, la luce che passa da un primo nicol sarà arrestata da un secondo che sia rotato di 90° rispetto al primo. L’esperienza può esser fatta comodamente avendo due nicol, e disponendoli uno dopo l’altro sul medesimo fascio di luce; ruotandone uno il fascio emergente a un certo punto si estingue. Si dice allora che i due nicol sono all’oscurità, o incrociati. Ed è invero sorprendente l’osservare che due corpi trasparenti, i due nicol, messi l’uno dopo l’altro danno luogo, per una conveniente rotazione di uno, a un sistema opaco. Nel caso della fig. 79 la rotazione del nicol darà luogo a variazioni d’intensità del fascio emergente, secondo che XY è parallela al grande o al piccolo asse dell’ellisse; infine nel caso della polarizzazione circolare (fig. 80) la luce emergente dal nicol sarà d’intensità costante, qualunque sia la direzione di XY.
In ogni caso teniamo presente che la luce la quale emerge da un nicol, qualunque sia la luce incidente, vibra rettilineamente nel piano della sua piccola diagonale.