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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
64. Spettro invisibile ultrarosso. — Riceviamo le diverse radiazioni dello spettro visibile sopra un sottile termometro, e precisamente sopra un particolare rivelatore termometrico filiforme, qual’è il cosiddetto bolometro, nel quale il riscaldamento d’un filo metallico produce un’alterazione ben misurabile della sua resistenza elettrica. Naturalmente l’esperienza non può eseguirsi comodamente nella Scuola, ma noi riferiremo i risultati ottenuti, coi mezzi occorrenti, nei Laboratori.
La indicazione termica è appena sensibile nel violetto; ma va crescendo a misura che ci spostiamo verso le radiazioni meno rifrangibili, che trasportano perciò (§ 38) una quantità di energia maggiore. Ma, l’azione calorifica si prosegue ancora al di là dell’estremo rosso, dov’è anzi più accentuata, e si annulla solo a una certa distanza dal rosso, dimostrando così che oltre alle radiazioni visibili esistono al di là del rosso, e in un esteso intervallo, delle radiazioni meno rifrangibili, che l’occhio non riesce a vedere, ma che ci si rivelano per il loro effetto calorifico. Queste radiazioni sono state sottoposte a uno studio completo, come per i raggi luminosi; e si è dimostrato che esse seguono le identiche leggi, nella riflessione, nella dispersione, come pure nell’interferenza, nella diffrazione, nella polarizzazione ecc. Null’altro li distingue, in altri termini, dai raggi visibili, se non la loro minore rifrangibilità, o meglio la loro maggiore lunghezza d’onda, e la invisibilità, per cui bisogna sostituire nel loro studio l’osservazione termometrica all’osservazione oculare.
I
raggi delle maggiori lunghezze d’onda vengono assorbiti dalle sostanze
comunemente usate come trasparenti, esempio il vetro. Cosicchè lo spettro
ultrarosso è limitato dal fatto che le radiazioni estreme son estinte dalla
lente e dal prisma di vetro; occorre perciò in tal caso sostituire questa
sostanza con un’altra che sia trasparente per tutte quelle radiazioni,
come il vetro lo è per le visibili e per una parte delle ultrarosse. Si
usano a tale scopo prismi e lenti di salgemma. Si è potuto così riconoscere che
nella radiazione solare, di cui si produca uno spettro prismatico, la distribuzione
dell’energia nello spettro è rappresentata dalla curva II della fig. 83, cioè
essa acquista il suo valore massimo al di là dello spettro visibile, segnato in
bianco e avente a destra, dopo B, l’estremo rosso; e, dopo quel massimo, torna
a diminuire. Sono ancora sensibili nella luce solare radiazioni aventi la
lunghezza d’onda di 15μ, cioè
una lunghezza d’onda circa 20 volte maggiore di quella dell’estremo rosso,
mentre passando dal violetto al rosso estremo la lunghezza d’onda si raddoppia
appena. Se si volesse rappresentare perciò l’intero spettro visibile e l’ultra
rosso, caratterizzando le diverse radiazioni con la loro lunghezza d’onda, la
parte non visibile sarebbe circa 20 volte più estesa della visibile. Radiazioni
di lunghezze d’onda ancora maggiori sono state osservate, con alcune sorgenti
luminose terrestri, da Rubens, fino a una lunghezza d’onda di circa 60μ.