IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
68. Inversione dello spettro. — Si deve a Fizeau una celebre esperienza, detta dell’inversione dello spettro, e che è di grandissimo significato per la spiegazione delle righe nere di Fraunhofer.
Avanti alla fenditura di uno spettroscopio collochiamo una fiamma Bunsen colorata in giallo col sal marino. Vedremo la riga brillante D propria del vapore di sodio.
Se ora inviamo sulla fenditura un fascio intenso di luce bianca, per es. proveniente da una lampada ad arco, e il fascio traversa, prima di giungere sulla fenditura, la fiamma colorata, noi osserveremo al cannocchiale lo spettro continuo dell’arco, solcato da una linea oscura, proprio nel posto ove la fiamma produceva la riga brillante. Lo spettro è invertito, si presenta cioè, come nello spettro solare, la riga oscura sul fondo dello spettro continuo.
L’interpretazione di questa esperienza è agevole. Il vapore di sodio assorbe le stesse radiazioni che è capace di emettere, e quelle soltanto; cosicchè la luce dell’arco nei diversi posti dello spettro passa indisturbata attraverso al vapore, tranne quella corrispondente al periodo proprio della luce di sodio, che viene assorbita. La fiamma emette però, proprio in quel posto, quella luce che ci forniva da sola la riga brillante, ma la riga dovrà apparire come oscura su fondo luminoso, per contrasto, finchè la luce soppressa, eguale in intensità alle adiacenti, è più intensa di quella propria che la fiamma vi sostituisce.
Per spiegare poi come la fiamma colorata possa assorbire le stesse radiazioni che è capace di emettere, basta pensare al fenomeno della risonanza, da noi illustrato in Acustica. Le onde incidenti, di periodo eguale al periodo proprio delle particelle capaci di vibrare nella fiamma, le eccitano per risonanza, comunicando ad esse la loro energia e quindi estinguendosi.
Or si era notato che moltissime delle righe nere di Fraunhofer coincidono rigorosamente con le righe di emissione di molti gas e vapori metallici.
È ragionevole quindi il pensare con Kirchoff, il quale eseguì questo confronto con la massima diligenza, che questi gas e questi vapori formino intorno al sole un’atmosfera (la cromosfera) che avvolge da tutte le parti un nucleo incandescente capace da solo, di produrre uno spettro continuo (la fotosfera); la presenza di quei vapori assorbenti, che la luce interna deve traversare per giungere a noi, determina l’assorbimento di alcune radiazioni, come nell’esperienza di Fizeau, e quindi la formazione delle righe di Fraunhofer. Si è potuto così assodare l’esistenza nell’atmosfera solare di moltissimi elementi a noi ben comuni, come sodio, ferro, calcio, bario, magnesio, manganese, cromo, nichelio, cobalto, idrogeno, alluminio, zinco, rame, silicio, stronzio, carbonio, palladio, cadmio, argento, stagno, potassio ecc.; mentre non si è trovato traccia di altre, come l’azoto, l’oro, il mercurio, lo zolfo, il tallio ecc.
Che se si esamina la luce emessa dai bordi del sole, ove perciò quei vapori emettono, senza assorbire la luce del nucleo interno, si constata appunto che lo spettro si riduce ad alcune linee brillanti, dovute specialmente all’idrogeno e al magnesio; si nota pure una riga d’emissione, che fu attribuita a un corpo allora sconosciuto, l’elio; questo fu perciò trovato prima nel Sole e scoperto dopo sulla Terra.
Ma le applicazioni dello spettroscopio alla Fisica celeste, e le notizie che esso ci ha fornito sulla costituzione degli astri, e anche su alcuni loro movimenti, non possono essere qui che sfiorate. Quanto al Sole citeremo solo il fenomeno delle protuberanze solari, osservabili appunto con lo spettroscopio, e che sarebbero esplosioni formidabili, o eruzioni di vapori incandescenti, fino ad altezze colossali.
Quanto alle stelle, di cui lo spettro è stato studiato con speciali apparecchi spettroscopici, rivelandoci la presenza di alcuni dei nostri elementi, citeremo un’ingegnosa applicazione fatta da Fizeau del principio di Doppler (vol. I § 105), per il quale il numero delle vibrazioni emesse da una sorgente in movimento apparisce a noi maggiore o minore del vero, secondo che la sorgente si avvicina a noi o se ne allontana. In conseguenza se una stella si avvicina a noi, le sue righe d’emissione o d’assorbimento devono comportarsi come se avessero una lunghezza d’onda minore, devono cioè spostarsi verso il violetto, in confronto alle stesse righe osservate con una sorgente immobile. Or effettivamente questi spostamenti sono stati osservati, e hanno permesso di dedurre la velocità con cui quelle stelle si avvicinano a noi o se ne allontanano. Ed è invero sorprendente che di questi astri, situati a distanze inconcepibili, noi possiamo conoscere con lo spettroscopio non solo qualche cosa della costituzione chimica, ma anche quello che il telescopio non ci avrebbe mai potuto rivelare, cioè la velocità vera del loro movimento nella nostra direzione; questi risultati, fatta la media delle velocità per tutte le stelle visibili, ci potranno forse fornire la velocità con cui il sistema solare, di cui facciamo parte, ci trascina nello spazio infinito!