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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
100. Galvanometri. — Disponendo nell’interno di un rocchetto, più o meno lungo, un ago magnetico, e orientando le spire nel piano del meridiano magnetico, al passaggio di una corrente nelle spire si manifesterà, per quanto si è detto, un campo che tende a disporre l’ago normalmente al piano delle spire. L’ago si trova allora sottoposto all’azione direttrice, nel senso primitivo, del campo terrestre, e all’azione deviatrice della corrente; e assumerà perciò una posizione intermedia tanto più lontana dalla posizione del meridiano quanto più energica è l’azione deviatrice dovuta alla corrente.
Or
si è potuto dimostrare con le più delicate esperienze che per un circuito di
forma qualsiasi l’intensità del campo da esso prodotto in ogni punto dello
spazio è rigorosamente proporzionale alla intensità della corrente che traversa
il circuito.
In base a questa legge si può dedurre, dalla deviazione che l’ago subisce, l’intensità della corrente che traversa il circuito. E dando a questo una forma conveniente, e all’ago dimensioni opportune, si è potuto ottenere che le deviazioni da esso subite, finchè non sono troppo grandi, siano sensibilmente proporzionali all’intensità della corrente. Ne vennero così i galvanometri, cioè gli strumenti che misurano l’intensità della corrente dai suoi effetti magnetici.
Per
rendere molto sensibili i galvanometri, per ottenere cioè che a una
corrente anche molto debole corrisponda una deviazione facilmente percepibile e
misurabile, si deve:
1° aumentare la forza deviatrice dovuta alla corrente, e quindi accrescere il numero delle spire agenti sull’ago.
2° diminuire la forza direttrice della Terra sull’ago, che si oppone alla deviazione. Si raggiunge questo scopo con due artifici: quello del Nobili, consistente nel sostituire a un ago un sistema astatico, cioè un sistema di due aghi paralleli ed opposti, come nella fig. 128; sospeso a un filo di bozzolo, e facendo in modo che il telaio ABCD percorso dalla corrente abbia nel suo interno uno solo degli aghi, mentre l’altro che risente dal telaio un’azione inversa, ma debolissima, ha l’ufficio di attenuare quasi del tutto la forza direttiva del campo terrestre; ovvero si può, come nel galvanometro Thomson (fig. 129) ricorrere a due fascetti di aghi opposti M, M’, che costituiscono ancora un sistema astatico, e far agire separatamente su M e M’ due coppie di rocchetti, percorsi dalla stessa corrente in tal senso che le forze deviatrici siano concordanti. Una calamita CC', opportunamente disposta e che agisce differentemente sui due aghi, per la diversa distanza, permette di attenuare ancora più la forza direttrice del campo terrestre.
3° rendere facilmente osservabili le deviazioni, anche piccole dell’ago o del sistema astatico. A tal fine si attacca all’equipaggio mobile portante gli aghi uno specchietto S sul quale s’invia un fascio di luce che viene dallo specchio riflesso su una scala graduata. La più piccola deviazione determina allora una rotazione dello specchio, e quindi una rotazione doppia del fascio riflesso, che si potrà comodamente osservare sulla scala disposta a conveniente distanza.
Con questi, e altri perfezionamenti su cui non possiamo insistere, si riesce oggi a percepire e a misurare della corrente la cui intensità è appena di qualche trilionesimo d’ampére.
Ma questi galvanometri, e anche quelli di sensibilità minore, sono d’impiego molto delicato: e funzionano poco regolarmente se nelle vicinanze esistono condutture percorse da correnti forti non costanti, o masse magnetiche in moto, agenti perciò in modo variabile sul sensibilissimo equipaggio magnetico dell’apparecchio.
Sono invece molto più comodi i galvanometri detti a bobina o rocchetto mobile, nei quali s’utilizza l’azione di un campo fisso molto intenso, creato da calamite permanenti, su un piccolo telaio mobile, a molte spire, percorso dalla corrente che si vuol misurare. Come abbiamo detto questo telaio equivale, quando è percorso dalla corrente, a un sistema di lamine magnetizzate, che tenderanno a disporsi normalmente al campo esterno. Così nel galvanometro Deprez e D’Arsonval (fig. 130) il telaietto centrale, disposto nelle condizioni di riposo con le spire nel piano del magnete laterale, tende a ruotare di 90° quando è percorso dalla corrente, ma vi si oppone l’elasticità di torsione del filo di sospensione; e si può ottenere che la deviazione sia esattamente proporzionale all’intensità della corrente. Uno specchietto fissato al telaio agevola la misura delle deviazioni.
Tutti
questi apparecchi sono inadatti alla misura di correnti forti, che anzi li
danneggerebbero fortemente. Vedremo in un altro capitolo quali speciali
apparecchi vengono in questo caso impiegati.