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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
3. Considerando le variazioni di temperatura come causa e le variazioni di volume come effetto, si convenne di servirsi di quest’ultime per misurare le prime — con ciò variazioni di volume uguali subite da un corpo corrispondono a variazioni eguali di temperatura. Questa convenzione è giustificata dal fatto sperimentale che gl’intervalli di temperatura riconosciuti eguali con questo criterio restano tali, sensibilmente, qualunque sia il corpo del quale si valutano le variazioni di volume.
Occorre naturalmente ricercare le condizioni più favorevoli per misurare le variazioni di volume del corpo termometrico. E si riconobbe che il mezzo più comodo è quello di servirsi di un palloncino o bulbo, come quello della fig. 3, munito di un cannello sottile, sul quale si valutano le dilatazioni del liquido. Si venne così al termometro a mercurio (fig. 4) nel quale il bulbo e il cannello son di vetro e il liquido contenuto è il mercurio.
Diversi
termometri con bulbi di capacità differente, e cannelli di diversa sezione,
mostreranno uno spostamento diverso del liquido passando da un bagno a un altro
— si avranno com’è chiaro spostamenti maggiori nell’apparecchio in cui il bulbo
ha maggiore capacità e il cannello è più sottile. Ma se lo spostamento totale,
diverso per i vari apparecchi, si divide in un numero di parti eguale per
tutti, e perciò di diversa lunghezza da un termometro all’altro, e si indicano
i tratti di divisione con i medesimi numeri arbitrari, le indicazioni lette
sulle scale ottenute diverranno identiche per tutti i termometri entro le
temperature intermedie; e anche al di sotto e al di sopra, se si ha di cura
prolungare nei due sensi la graduazione ottenuta in ciascuno.
È
quel che si è fatto scegliendo appunto due punti fissi per la
graduazione di tutti i termometri. Occorre naturalmente che i due punti fissi
siano veramente tali, e facilmente ottenibili in tutti i tempi. Ottime per lo
scopo sono la temperatura del ghiaccio fondente e quella dei vapori
sprigionantisi dall’acqua bollente sotto la pressione normale di un’atmosfera
(76 centimetri di mercurio). Per segnare il primo punto s’immerge il termometro
nell’apparecchio della fig. 5, contenente ghiaccio pesto. Per segnare il
secondo ci si serve della caldaietta rappresentata nella fig. 6, ove i vapori
che si sollevano dall’acqua bollente nel fondo, inviluppano il bulbo e buona
parte del cannello, salendo lungo un cilindro verticale, e ridiscendono per un
involucro cilindrico che abbraccia il primo cilindro e che ha la funzione di
sottrarre questo dall’azione raffreddatrice dell’atmosfera. Se nell’atto
dell’esperienza il barometro non segna 76 cm. bisogna fare una correzione, come
sarà spiegato più in là.
Ai due punti segnati sul termometro si danno, nella scala
centigrada, i valori 0 e 100; e l’intervallo si divide in cento parti
eguali, di cui ciascuna si chiama un grado. La divisione si prolunga al
di sopra di 100, e sotto lo zero, ricorrendo in quest’ultimo campo ai numeri
negativi. Cosicchè dire che la temperatura di un bagno è (per esempio) + 57°,
significa che, passando dalla temperatura del ghiaccio alla temperatura
del bagno, il mercurio contenuto nel vetro subisce una variazione di volume
eguale a di
quella subita passando dalla temperatura del ghiaccio fondente a quella dei
vapori d’acqua bollente.
Nella
scala Reaumur i punti fissi hanno ricevuto le designazioni 0 e 80° anzichè 0 e
100; e l’intervallo è diviso in 80 parti; il grado Reaumur è quindi più ampio
del centigrado. Invece nella scala Fahrenheit i punti fissi medesimi
corrispondono ai valori 32 e 212. Queste scale sono ormai poco in uso. Noi ci
riferiremo sempre alla scala centesimale, detta anche di Celsius.
Un termometro è pronto se acquista rapidamente la temperatura del corpo in cui è immerso, raggiungendo perciò in breve tempo la indicazione finale; è sensibile se permette di riconoscere e misurare variazioni molto piccole di temperatura. Nel primo caso occorre che il bulbo contenga poco mercurio, e che sia grande la sua superficie di contatto col corpo, in proporzione al volume. Nel secondo occorre invece che il bulbo sia capace e il cannello sottile. Le due condizioni non sono purtroppo conciliabili.
Quanto ai limiti d’impiego del termometro a mercurio essi son dati dalla solidificazione del liquido, che ha luogo a — 38°,5, e dalla sua ebollizione che avviene a circa 357°,2. Per temperature più basse servono i termometri a toluolo che resta liquido fino a temperature bassissime; esso però bolle poco al di sopra dei 100 gradi. Per le temperature molto alte o molto basse si ricorre ai termometri a gas e ad altri metodi di misura che saranno esposti più in là.
Abbiamo detto che gl’intervalli di temperatura riconosciuti eguali con un corpo termometrico restan tali, sensibilmente, cambiando la natura del corpo. A rigore diversi termometri riempiti con liquidi differenti, pur essendo graduati coi medesimi punti fissi, non vanno esattamente d’accordo a tutte le temperature. Il termometro a mercurio è tra tutti i termometri a liquido quello che si scosta meno dal termometro a gas; se perciò si attribuisce ai gas, e precisamente a un gas speciale riscaldato in condizioni determinate, la funzione del corpo termometrico, bisognerà nelle misure di precisione correggere le indicazioni del termometro a mercurio, il che si fa, non molto agevolmente, per confronto diretto tra questo e il termometro campione a gas.
Infine occorre notare che i termometri con bulbo di vetro son soggetti a delle contrazioni molto lente e continue del bulbo medesimo, con conseguente spostamento in alto del zero indicato nel cannello rispetto alla temperatura del ghiaccio che fonde. Si ovvia a questo inconveniente ricorrendo a delle qualità di vetro speciali, che presentano al minimo grado queste anomalie, e sottoponendo il termometro, prima della graduazione, a un trattamento termico speciale.