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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
119. Raggi catodici. — Questa luminosità verde del vetro ha origine dal catodo, ed è dovuta a qualche cosa che parte dallo elettrodo, normalmente alla sua superficie, e si propaga in direzione rettilinea, fino all’incontro del vetro, ove desta quella luce detta di fluorescenza. Cosicchè mentre nei primi stadi di rarefazione, quando dominava nel tubo la colonna positiva, questa invadeva l’intero tubo seguendone tutte le sinuosità e le piegature più capricciose, adesso la luminosità verde della parete si manifesta solo nelle parti del vetro che possono essere in linea retta colpiti dalle radiazioni del catodo, o dai raggi catodici. E se questi incontrano nel loro cammino un ostacolo solido, come una croce metallica (fig. 144), un’ombra del corpo si disegna sulla parete del tubo contrapposta al catodo.
Le
proprietà dei raggi catodici furono da tempo sottoposte a studi molto
interessanti da Grookes e da Hittorf, Essi eccitano la fosforescenza o
la fluorescenza di molti corpi che ne vengano colpiti, i quali divengono
perciò temporaneamente luminosi. Il fenomeno è particolarmente brillante
ricorrendo a un catodo a forma di specchio concavo sferico, con che i raggi
vengono concentrati nel centro di curvatura, ove può disporsi il corpo che si
vuol rendere luminoso, per esempio vetro, di diverse qualità, solfuro di
calcio, rubino, ecc. Inoltre i corpi colpiti vengono fortemente riscaldati (si
può così provocare la fusione di una laminetta di platino); e subiscono
un’azione meccanica, come se i raggi consistessero in un bombardamento di
particelle materiali.
I
raggi catodici vengono deviati da un campo magnetico, e la deviazione è
perpendicolare, insieme, alla direzione del campo e a quella del raggio; essa
avviene in tal senso da far assomigliare il raggio a un filo flessibile,
percorso da una corrente elettrica, nel senso opposto alla propagazione dal
catodo, e fissato nel punto in cui emerge dal catodo stesso. Queste deviazioni
si possono mostrare facilmente col tubo a pera portante la croce (fig. 144) o
meglio col tubo di Braun (fig. 145), nel quale, attraverso a un foro sottile
praticato in un disco D che intercetta i raggi, passa nella seconda metà del
tubo un sottile pennello di raggi catodici, che producono un cerchietto
luminoso su uno scherno fluorescente situato all’estremo. La posizione del
cerchietto si sposta nel senso corrispondente alla deviazione del pennello,
qualora si avvicini al tubo una calamita.
I raggi vengono anche deviati da un campo elettrostatico, creato per es. per mezzo di due lamine parallele a diverso potenziale disposte entro il tubo; essi vengono deviati come se fossero particelle dotate d’inerzia, cariche di elettricità negativa, e animate da velocità grandissime nel senso di allontanarsi dal catodo. Questa ipotesi spiega pure il fenomeno della deviazione che essi subiscono da un magnete, poichè si dimostra che una carica elettrica in moto equivale a una corrente elettrica, e deve perciò esser deviata dal suo cammino, come un filo percorso da corrente, per l’azione d’un campo magnetico. In realtà si è potuto dimostrare che i raggi catodici, ricevuti in un cilindro metallico, vi trasportano cariche negative, cosicchè da tutto l’insieme delle proprietà di questi raggi si è potuto concludere nel modo più sicuro che essi consistono in particelle dotate di inerzia, cariche di elettricità negativa, e proiettate dal catodo normalmente alla sua superficie con enorme velocità.
Si è riconosciuto poi, (determinando con metodi
svariatissimi, fondati sulla misura della deviazione elettrica e magnetica, la
velocità delle particelle e il rapporto della loro carica
elettrica per la massa), che esse sono addirittura gli elettroni di cui
abbiamo fatto cenno più volte, cioè risultano da pure cariche elettriche in
moto, e dotate
d’inerzia apparente in virtù del loro movimento.
Il valore della massa apparente può essere invero dedotto
dall’esperienza, conoscendo il valore del rapporto e la carica e,
che è eguale a quella degli ioni elettrolitici monovalenti e degli ioni cui è
dovuta la conduzione elettrica dei gas. Se ne deduce per m un valore
dipendente, come si è detto, dalla velocità, e che è all’incirca
della massa d’un atomo
d’idrogeno, qualunque sia la natura del gas contenuto nel tubo e la materia di
cui son costituiti gli elettrodi. Dal modo con cui la massa apparente varia con
la velocità, che coincide con la legge calcolata teoricamente per una pura
carica elettrica, si è potuto accertare che la carica elettrica, nella
particella catodica, non è associata a un nucleo materiale; ma anche senza di
ciò, dato il piccolissimo valore della massa totale, si poteva escludere che il
nucleo fosse un atomo materiale di un corpo conosciuto.