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LA CORRENTE ELETTRICA. La corrente nei gas. Nuove radiazioni. Radioattività. 125. La radioattività indotta |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
125. La radioattività indotta. — I corpi ordinari, portati in contatto con l’emanazione del radio, del torio o dell’attimo, divengono temporaneamente radioattivi, come fu scoperto contemporaneamente dai Curie, per il radio, e da Rutherford per il torio. Anche questa radioattività indotta nei corpi è temporanea, e sembra dovuta al deposito di uno strato estremamente sottile di materia radioattiva alla superficie del corpo, reso molto più facile se il corpo stesso è carico di elettricità negativa. Il fenomeno è estremamente complesso, e solo la geniale laboriosità del Rutherford ha permesso di chiarirlo in tutti i suoi particolari, alla luce della sua celebre teoria delle disintegrazioni radioattive. Secondo questa teoria l’atomo d’una sostanza radioattiva è sottoposto a una continua disintegrazione; e passa da uno stato a un altro per l’espulsione successiva di una particella α, o di una particella α e una β, o anche talvolta senza emissione di raggi. Con una serie d’indagini d’una ingegnosità grandissima egli è riuscito a tracciare la storia radioattiva della famiglia del radio, dell’uranio, del torio e dell’attinio, stabilendo, col concorso anche di altri autori, delle parentele insospettabili, e abbracciando tutti i complessi fenomeni osservati in un insieme armonico e soddisfacente.
Così
l’atomo di Uranio, il capo stipite della più importante famiglia, si trasforma
in Uranio X (che fu isolato dal Crookes) per espulsione di una
particella α; l’Uranio X, attraverso a una serie di lenti prodotti di
trasformazione, che comprende forse la serie dell’attinio, darebbe il radio
propriamente detto, o radio disemanato; l’atomo di questo, per espulsione
d’un’altra particella α,
diverrebbe un atomo d’emanazione; l’atomo d’emanazione diverrebbe,
per emissione d’una particella α,
un atomo di radio A, che è il primo a depositarsi sui corpi dotati di
radiottività indotta; il radio A si convertirebbe in radio B per espulsione di
una particella a, e
il B, senza emissione di raggi, in radio C, il quale espellendo una particella α, una β e raggi γ
si converte in radio D e così di seguito fino al radio F, che per
espulsione di un’altra particella α si converte in altri prodotti
sconosciuti, perchè non sensibilmente radioattivi. L’ultimo, il radio F,
coincide col polonio della signora Curie. La fig. 150 presenta un quadro
delle successive trasformazioni.
La durata delle successive disintegrazioni sarebbe molto diversa; così mentre il radio disemanato si converte per metà in emanazione in 1300 anni, l’emanazione si converte in radio A in 4 giorni; e alle successive trasformazioni a metà del radio A e dei suoi successori corrispondono le durate di 3 minuti, e le altre indicate nella figura, fino alla trasformazione di F in 143 giorni, che è appunto la durata a metà caratteristica del polonio.
Nel radio contenuto nei minerali sono presenti insieme tutti i prodotti successivi in equilibrio radioattivo; tale cioè che di ciascun prodotto intermedio se ne genera tanto dal precedente, quanto se ne trasforma nel consecutivo. In totale partendo dal radio, e giungendo al radio D si perdono 4 particelle α; ed è chiaro che l’emanazione e la radiottività da essa indotta, che contiene il radio A, il B e il C, presenteranno anche l’emissione di raggi β e γ solo perchè a poco a poco si va formando il radio C, che è un prodotto a rapida trasformazione, e che emette, in questa, raggi α, β, e γ.
Una serie analoga si è trovata per la famiglia del torio.
Noteremo ancora che la discendenza del radio dall’uranio, intuita dal Rutherford, si è potuta ben accertare solo negli ultimi tempi, poichè si è dimostrato che l’uranio, reso privo di ogni traccia di radio, e abbandonato a sè, manifesta dopo molto tempo la ricomparsa del radio, che si rivela specialmente per la sua emanazione.