Orso Mario Corbino
Nozioni di Fisica per le scuole secondarie Vol. II

LA CORRENTE ELETTRICA.

Induzione elettromagnetica. — Oscillazioni elettriche.

132. Autoinduzione

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132. Autoinduzione. — Lo stabilire o l’interrompere la corrente in un circuito crea o distrugge il flusso proprio che lo attraversa; e per la legge generale deve pure crearsi una corrente indotta che si opponga, attenuandole, alle variazioni del flusso. Queste correnti furono appunto trovate dal Faraday, che le chiamò correnti d’autoinduzione, o estracorrenti di chiusura e d’apertura.

In virtù dell’estracorrente di chiusura, la corrente, dopo chiuso il circuito, non raggiunge istantaneamente il suo valore normale, dato sempre dalla legge di Ohm, ma monta più o meno lentamente, secondo che è maggiore o minore il coefficiente d’autoinduzione. La forma della corrente di chiusura è all’incirca quella della fig. 154; e il valore finale OA viene praticamente raggiunto nei casi ordinari, dopo una molto piccola frazione di secondo. Solo per certi elettromagneti molto potenti il periodo variabile corrispondente al tempo OB, può divenire di alquanti minuti secondi, per l’elevatissimo valore del coefficiente d’autoinduzione.

Molto più complessi sono i fenomeni alla rottura, se questa è ottenuta interrompendo il circuito in un punto. E invero per la rapida variazione della corrente, e quindi del flusso, si crea ai poli dell’interruzione una elevata f. e. m. d’autoinduzione, che stabilisce una specie d’arco luminoso conduttore, o di scintilla, tra i poli medesimi. In ogni caso si ha per effetto che la corrente, invece d’annullarsi bruscamente, decresce secondo una curva più o meno ripida. Il caso più semplice è quello in cui, senza interrompere il circuito, si sopprima la pila, facendo un corto circuito tra i suoi estremi. Allora la corrente prosegue, sempre decrescendo, nel circuito; e segue una curva identica, come forma, alla OC, ma rovesciata.

Nella fig. 155 OC rappresenta la fase di chiusura, CE la corrente normale, ed EF la corrente finale che segue alla soppressione della pila operata in E.

Invece, per una rottura propriamente detta, la curva corrispondente è sempre molto più ripida di EF, e l’estracorrente dura per un tempo molto più breve.


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