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LA CORRENTE ELETTRICA. Induzione elettromagnetica. — Oscillazioni elettriche. 136. Il rocchetto di Ruhmkorff |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
136. Il rocchetto di Ruhmkorff. — Serve per ottenere, utilizzando i fenomeni dell’induzione, delle elevatissime forze e. m., capaci di dar luogo a scintille molto lunghe, senza far uso delle macchine elettrostatiche.
Sullo
stesso nucleo di ferro sono avvolti pochi strati di filo grosso, rilegati a una
pila e a un interruttore, e moltissimi strati di filo sottile che fanno capo a
due palline P, P (fig. 158). Chiudendo o interrompendo il circuito grosso
(primario) viene indotta una f. e. m. nei circuito fine (secondario), la quale
è molto elevata per il valore grandissimo acquistato dal flusso e per le sue
rapide variazioni. La chiusura e l’interruzione della corrente primaria ha
luogo automaticamente e a brevissimi intervalli; invero la corrente che proviene
dalla pila M traversa il primario, e, per la punta I in contatto con una
laminetta, ritorna alla pila. La laminetta è provvista d’un’appendice in ferro,
affacciata al nucleo di ferro principale; cosicchè, appena la corrente passa e
il ferro viene magnetizzato, la laminetta è attirata, si stacca da I e
interrompe il circuito. Con ciò la corrente primaria viene a cessare, e con
essa la magnetizzazione del nucleo: la laminetta ritorna perciò, per la sua
elasticità, in contatto con I; e ristabilisce la corrente, per poi
interromperla ancora una volta e così via. A ogni chiusura e a ogni apertura si
sviluppa agli estremi del secondario una f. e. m. indotta, che cambia di senso
nelle due fasi successive.
La variazione del flusso è piuttosto lenta alla chiusura; perciò la f. e. m. di chiusura è piuttosto debole, e coincide all’incirca con la f. e. m. della pila moltiplicata per il rapporto tra il numero di spire secondarie e quello delle primarie. Questo rapporto è all’incirca 100 nei buoni rocchetti moderni, e perciò la f. e. m. di chiusura è solo 100 volte più grande di quella della pila.
Ma alla rottura, se questa si compie molto rapidamente, la f. e. m. può divenire incomparabilmente più elevata. Si è trovato utile a questo scopo far avvenire la interruzione in un liquido isolante anzichè nell’aria, con che la coda EF della corrente primaria (fig. 155) viene molto ridotta e l’annullamento del flusso si compie molto più rapidamente. Ma l’artificio migliore consiste nel rilegare ai poli dell’interruzione, cioè tra la punta e la lamina, un condensatore C (fig. 158). Con ciò la scintilla d’estracorrente primaria viene rapidamente estinta, e la f. e. m. d’apertura nel primario è invece impiegata a caricare il condensatore. Si producono così a ogni apertura delle vere oscillazioni elettriche, tra il primario e il condensatore, e il flusso varia alternativamente, col periodo di quelle oscillazioni. Si otterrà quindi nel secondario una f. e. m. molto elevata e di carattere pure oscillatorio.
In
ogni istante del periodo variabile d’apertura o di chiusura, se il secondario
non è percorso da corrente ma costituisce un circuito aperto, la f. e. m. ai
suoi estremi è eguale a quella variabile che esiste ai poli del primario
moltiplicata per il solito rapporto tra i numeri di spire secondarie e
primarie, che è come si è detto all’incirca eguale a 100. Si son costruiti
rocchetti capaci di dar luogo, alla rottura del primario, a scintille di 1
metro e 20 centimetri tra gli estremi del secondario. Ma anche i rocchetti che
si trovano nelle più modeste scuole di Fisica producono con facilità scintille
di qualche decimetro.
All’interruttore
di cui abbiamo fatto cenno se ne sono sostituiti molti altri capaci di
accrescere il numero di interruzioni per ogni minuto secondo e quindi il corrispondente
numero di scintille. Il più interessante è quello di Wehnelt (fig. 159)
costituito essenzialmente da un vaso di vetro, pieno d’acqua acidulata, nel
quale sono immersi due elettrodi: uno di piombo a grande superficie, e l’altro
consistente in un corto filo di platino a che sporge da un tubetto di
vetro chiuso in fondo, e contenente mercurio. L’apparecchio si rilega nel
circuito primario come nella fig. 160, avendo cura di connettere il filo di
platino dell’interruttore col polo positivo della pila, la quale in questo caso
deve avere una tensione elevata.
Chiudendo il tasto si constata che la corrente primaria viene interrotta e ristabilita un numero grandissimo di volte a ogni minuto secondo (fino a 2000 all’incirca) e perciò scocca agli estremi del secondario un torrente fragoroso di scintille frequentissime, che per la loro successione rapida producono un suono di altezza corrispondente al numero delle interruzioni.
Si è dimostrato che le interruzioni della corrente primaria si compiono proprio al posto della punta di platino pescante nell’acido, che si presenta luminoso di luce rosea, mentre uno sconvolgimento molto vivo si manifesta nella massa del liquido, prendendo origine dalla produzione tumultuosa di bolle gassose nella punta medesima.
Con questo interruttore non occorre più il condensatore ai suoi estremi. Il funzionamento dell’apparecchio è stato completamente spiegato, ma noi non possiamo riferire le osservazioni che si son fatte in proposito. Diremo solo che l’interruzione della corrente è dovuta all’elevato riscaldamento del liquido, in contatto con la punta, prodotto dalla corrente; che perciò il liquido si vaporizza bruscamente, e la guaina di vapore interrompe la corrente; dopo di che il vapore si ricondensa, il liquido torna in contatto col filo di platino, e il fenomeno si riproduce periodicamente.