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138. Pile. — Abbiamo visto che l’energia elettrica può essere ottenuta a spese di energia chimica, come nelle pile idroelettriche, di energia termica, come nelle pile termoelettriche, o infine di energia meccanica, come nelle macchine dinamo-elettriche.
Del secondo modo non ci occuperemo in questo capitolo, perchè esso non ha avuto convenienti applicazioni industriali. Le pile termoelettriche sono disgraziatamente, finora, apparecchi di limitatissima potenzialità e di assai piccolo rendimento. La trasformazione diretta, e in buone condizioni, dell’energia termica in energia elettrica porterebbe una vera rivoluzione nel campo delle applicazioni, e avrebbe una portata pratica incalcolabile, ma essa è purtroppo un pio desiderio.
Può invece riuscire utile un accenno sui tipi di pile idroelettriche più comunemente impiegati.
Della pila di Volta, costituita da un bicchiere di acqua acidulata nella quale pescano una lamina di rame e una di zinco, abbiamo già detto. Una tale pila però dà luogo a una corrente che si indebolisce rapidamente. Questo indebolimento è dovuto a parecchie cause, che noi dobbiamo cercare di eliminare. Anzitutto la soluzione di acido solforico si va lentamente esaurendo, per la produzione di solfato di zinco. Tale inconveniente si produce però dopo un tempo non breve. Un’altra causa molto grave di indebolimento risulta da quanto abbiamo detto parlando dell’elettrolisi. Infatti la pila di Volta, mentre è per l’esterno un generatore di corrente, viene traversata internamente dalla stessa corrente che essa produce; poichè la corrente che va esternamente dal rame allo zinco si chiude attraverso il liquido della pila, come in un vero voltametro, circolando in essa dallo zinco al rame.
In conseguenza il liquido viene decomposto, e l’idrogeno vien trasportato dalla corrente sulla placca di rame. Contemporaneamente si produce il fenomeno della polarizzazione, cioè l’idrogeno depositato sulla lastra di rame tende a dare una corrente opposta alla principale, indebolendo cosi quest’ultima.
Per convincerci che le cose vanno proprio così basta ritirare la lastra di rame, e stropicciarla fortemente, in modo da portar via l’idrogeno che vi si è depositato; si vedrà allora che la corrente acquista il grande valore di prima.
A impedire la polarizzazione, e il conseguente indebolimento della pila, bisogna adunque evitare che l’idrogeno, trasportato dalla corrente interna, vada a depositarsi sulla lastra di rame, cioè sulla lastra che esternamente funziona da positiva.
Si ottiene lo scopo con le pile a due liquidi; in uno, il liquido eccitatore, che può essere una soluzione qualunque attaccante lo zinco, si introduce la lamina di questo metallo, mentre la lamina positiva, di rame o di platino o di carbone, si introduce nell’altro, nel liquido depolarizzatore, il quale, per la sua reazione chimica con l’idrogeno che si sviluppa, ne impedisce il deposito sulla stessa.
Per impedire ai due liquidi di mescolarsi, pur permettendo all’elettricità di circolare, si ricorre o a dei vasi di separazione in porcellana non verniciati o a qualche altro mezzo.
Queste condizioni sono realizzate più o meno convenientemente nella serie ormai illimitata delle nuove pile inventate. Ne descriveremo alcune.