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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
142. Accumulatori. — Si immaginino immerse in un bicchiere contenente acqua acidulata due lamine, p. es., di rame; se si fa passare una corrente elettrica attraverso a questa specie di voltametro, esso si polarizzerà, diverrà cioè capace, cessata la corrente principale, di generare una corrente inversa, però di breve durata. Durante il passaggio di questa corrente inversa, nella lamina ove prima si sviluppo l’idrogeno, causa della polarizzazione, si svilupperà ora l’ossigeno, il quale, combinandosi poco a poco con l’idrogeno precedentemente accumulato, annullerà la polarizzazione, e quindi la corrente inversa che ne era l’effetto.
Un tale apparecchio costituisce il più semplice accumulatore, un apparecchio cioè che trasformi l’energia elettrica in energia chimica, accumulando quest’ultima, e che sia poi capace di restituirla nuovamente sotto forma di energia elettrica.
La potenzialità dell’accumulatore, cioè l’energia che esso è capace di accumulare e poi di restituire, dipenderà, per quanto si è detto, dalla quantità di idrogeno che una della lamine è capace di assorbire.
Planté fu il primo a rendere un tale apparecchio di applicabilità industriale, col farlo capace di accumulare una notevole quantità di energia.
Egli ebbe l’idea felice di ricorrere, come elettrodi, a due lamine di piombo di grande superficie; per il passaggio della corrente diretta, detta corrente di carica, l’idrogeno si sviluppa a una delle lamine, e l’ossigeno si combina con l’altra formando del biossido di piombo; per una nuova corrente in senso inverso, nel senso di quella che l’apparecchio tende a dare come corrente di scarica, il biossido di piombo formatosi in antecedenza si combina con l’idrogeno che ora vi sviluppa la corrente, e dà luogo a del piombo metallico, molto più poroso della lamina primitiva, mentre l’altra lamina si ricopre alla sua volta di biossido di piombo. Così, con una successione di cariche in un senso e in senso opposto, si determina la trasformazione delle due lamine compatte di piombo in lamine ricoperte da uno spesso strato di piombo spugnoso, il quale permette che nella corrente diretta si accumuli in una di esse una più grande quantità di ossigeno, e che nella corrente inversa sia utilizzata, per ridurre la lamina, una maggior quantità di idrogeno. Effettivamente sarebbe inutile proseguire l’azione delle due correnti quando i gas sviluppati non trovano il posto ove fissarsi, e si svolgono liberamente dal liquido. Or appunto con questo processo si verifica che nelle successive cariche e scariche è richiesto un tempo più lungo perchè i gas si sprigionino, e quindi ogni volta l’apparecchio condensa una quantità di gas maggiore, e accumula una maggiore quantità di energia. Si esprime questo fatto dicendo che la capacità dell’accumulatore, piccolissima in principio, si va accrescendo nelle successive cariche e scariche, e che l’accumulatore con tale processo si va formando.
Una volta raggiunta la capacità richiesta, e caricato l’accumulatore in un senso, si può utilizzare la corrente che esso dà nella scarica, la quale si arresta quando le due lastre, rese prima dissimili dalla corrente di carica, tornano uguali. Da quel punto in poi conviene caricarlo nello stesso senso di prima, in modo che l’apparecchio abbia costantemente un senso di carica e un senso di scarica.
In definitivo adunque durante la carica si produce uno spostamento forzato di ossigeno, dalla lastra negativa alla positiva, con riduzione dell’una e sovrossidazione dell’altra, mentre nella scarica l’ossigeno ritorna da questa alla prima, ripristinando la loro eguaglianza.
Tale processo di formazione è piuttosto lungo e costoso, e noi vedremo di qui a poco che l’accumulatore Planté, eccellente in tutto il resto, è stato sostituito in gran parte dagli accumulatori detti del tipo Faure, a formazione immediata. Aggiungeremo, riguardo al processo chimico che avviene nell’accumulatore di piombo, che, quando l’apparecchio è carico, in una delle lastre, la positiva, il metallo si trova allo stato di piombo puro spugnoso. A misura che l’accumulatore si va scaricando, la corrente che esso stesso sviluppa, e che nel suo interno va dalla lamina negativa alla positiva, trasporta in questa l’idrogeno, che toglie al biossido di piombo parte dell’ossigeno, trasformandolo in ossido semplice di piombo; mentre sull’altra si trasporta dell’ossigeno, che compie una prima ossidazione del piombo metallico in ossido semplice di piombo. La corrente inversa cessa quando le due lamine son coperte ugualmente di ossido di piombo. Durante la carica l’idrogeno trasforma sulla negativa l’ossido di piombo in piombo metallico, mentre l’ossigeno trasforma sull’altra l’ossido in biossido.
L’interpretazione qui data serve solo a dare un idea del fenomeno, che in realtà è molto più complesso, e sul quale si dissente ancora. Tali reazioni non avvengono in tutta la massa della lamina ma solo fino a una certa profondità, tanto maggiore quanto più lunga è stata la durata del processo di formazione. Si intende subito però che per mantenere alle lastre una certa solidità è necessario lasciare una parte interna che sia inattiva nel fenomeno. Questa parte inattiva, purtroppo necessaria, rende più pesante l’apparecchio.
Per eliminare gli incovenienti e la spesa necessaria alla formazione lenta degli accumulatori, il Faure ebbe l’idea di disporre in una volta sola sulle lamine destinate a solo sostegno, le sostanze che si trovano negli strati attivi degli accumulatori formati. Siccome questo processo non sarebbe praticamente realizzabile, si suole, sulle indicazioni del Faure, depositare sulle lastre, con processi molto differenti, una pasta a base di litargirio per l’elettrodo negativo e di minio per il positivo. Allora la prima corrente di carica riduce il litargirio in piombo metallico e sovrossida il minio in biossido di piombo, come nella carica dell’accumulatore Planté.
Non ci diffonderemo nella descrizione degli innumerevoli processi per la preparazione delle lastre, tra cui alcuni molto differenti da quelli descritti, e preferiamo venire senz’altro alle norme generali per l’uso degli accumulatori.