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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
150. Cominciamo dai trasformatori di tensione, e occupiamoci anzitutto della loro utilità.
Quando l’energia elettrica viene sviluppata a grande distanza dal posto dell’utilizzazione, come, p. es., quando con l’energia di una caduta d’acqua si vuole illuminare elettricamente una città piuttosto lontana, riguardo alla tensione si ha interesse che essa sia non molto elevata alla dinamo generatrice, elevatissima nella linea e molto bassa ai poli delle lampade elettriche.
Quanto alla tensione delle dinamo generatrici la necessità di non ricorrere a tensioni non troppo alte risulta da esigenze di costruzione e da criteri di sicurezza. Riguardo alla linea essa dovrà trasportare una certa quantità di energia per secondo, che è il prodotto della tensione di trasporto per l’intensità della corrente che traversa la linea. Ora il filo di linea si scalda anch’esso per effetto Joule; se non si vuol perdere, in gran parte, per via l’energia da trasportare, siccome è a spese di questa che si compie il riscaldamento della linea, bisogna cercare di ridurre tale riscaldamento.
Or la potenza che tale riscaldamento ci costa è, come sappiamo, data da RI2 in cui R è la resistenza della linea e I l’intensità. Si cercherà quindi diminuire R; ma ciò ha un limite, poichè diminuire R equivale a crescere molto la sezione del filo, e quindi a rendere la linea molto costosa, immobilizzando nella sua costruzione un gran capitale, e accrescendo le spese di collocazione.
È molto più utile diminuire I, il che si ottiene accrescendo appunto la tensione di trasporto: anzi tale diminuzione ha effetti molto più cospicui, perchè, essendo quella potenza proporzionale al quadrato dell’intensità, basterà rendere questa cento volte più piccola, e perciò la tensione 100 volte più grande, per far divenire quelle perdite 10.000 volte più piccole.
Più necessario è però l’abbassamento della tensione all’arrivo, sopratutto nel caso dell’illuminazione.
E infatti le lampade elettriche non si sogliono costruire per tensioni superiori a 220 volta; nè è conveniente disporre le varie lampade in serie l’una dopo l’altra, in un circuito a tensione elevata, sia per ragioni di sicurezza, sia per dare alle singole lampade maggiore indipendenza.
Converrà adunque, riassumendo, elevare la tensione alla partenza e abbassarla all’arrivo. A ciò provvedono i trasformatori di tensione.
Finchè si tratta di correnti alternate tale trasformazione è molto facile, ed è sopratutto questo che rende le correnti alternate adatte per i trasporti a grandi distanze.
Avvolgiamo sopra uno stesso nucleo di fili di ferro, come nel rocchetto di Ruhmkorff, due circuiti: uno costituito di filo grosso in poche spire, e l’altro di filo sottile in spire più numerose; facendo passare per il primo una corrente alternata di grande intensità, avremo una magnetizzazione del nucleo anch’essa alternativa, e quindi, variando periodicamente il flusso di forza nel secondo circuito, otterremo agli estremi di questo un’altra f. e. m. alternativa. Si dimostra che se E è la forza elettromotrice agente nel primo circuito e I l’intensità che l’attraversa5, E’ la f. e. m. generata agli estremi dell’altro e I’ la corrente indotta ottenuta, si ha sensibilmente,
EI = E’I’
e perciò l’energia spesa nel primo circuito viene restituita, in realtà con una piccola perdita che può essere minore del 5 %, nell’altro; e inoltre E’ è tanto più grande di E, quanto il numero di spire del secondo è maggiore di quello del primo; come nel rocchetto di Ruhmkoff.
Un tale apparecchio risolve quindi completamente il problema. Risulta infatti evidente che esso permetterà di elevare la tensione alla partenza, rilegando la dinamo al circuito grosso e la linea a quello sottile; e un apparecchio simile permetterà di abbassare la tensione all’arrivo, rilegando al circuito sottile la linea, e al circuito grosso i ricevitori a bassa tensione.
Questi trasformatori eseguono il loro ufficio con pezzi assolutamente fissi; si chiamano perciò trasformatori statici, e non richiedono quasi nessuna manutenzione e sorveglianza. Tale proprietà preziosa non possiedono invece i trasformatori di tensione per correnti continue, i quali in fondo risultano dall’accoppiamento meccanico di due dinamo, di cui una riceve l’energia elettrica, e, funzionando da motore, mette in movimento l’altra, mentre questa genera la corrente a tensione diversa.
Questi apparecchi, oltre che dar luogo nella trasformazione a perdite maggiori, richiedono una sorveglianza continua.
In quanto alle trasformazioni dall’una all’altra delle tre forme di correnti: continue, alternate e trifasiche, dobbiamo limitarci a dire che tale trasformazione avviene per mezzo di apparecchi a rotazione, detti trasformatori rotativi o commutatrici.