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163. La lampada a incandescenza oggi adoperata ha per organo essenziale un filamento sottile di carbone ottenuto per carbonizzazione o di fibre vegetali, o meglio di fili preparati facendo passare una pasta di cellulosa attraverso fori sottili. Per ottenere la carbonizzazione basta riscaldarli per qualche tempo a una temperatura elevata fuori il contatto dell’aria.
Gli estremi del filo si saldano a due fili di platino, con un processo speciale, e questi a una pera di vetro, da un estremo della quale si può fare il vuoto all’interno, a mezzo di una macchina pneumatica a mercurio. Saldando infine i fili di platino emergenti dal vetro a una ghiera metallica, composta di due pezzi, la lampada è pronta per essere avvitata nel portalampada, che mette in comunicazione i due estremi con la conduttura, avendo in taluni casi, un interruttore locale.
La determinazione della temperatura del filamento in condizioni normali di luminosità non è molto sicura. Da ricerche di Weber, confermate dalla massima parte degli sperimentatori successivi, per quanto contraddette da altri, pare che la temperatura normale sia di circa 1600°.
A temperature superiori comincerebbe la disaggregazione del filamento, con proiezione di particelle di carbonio sul palloncino, il che produce una diminuzione della luminosità del filo, e un annerimento del palloncino stesso. È importante ridurre la rarefazione nel palloncino, poichè l’aria presente raffredda per contatto il filamento, sottraendogli così dell’energia in forma di calore non luminoso.
La costruzione delle lampade a incandescenza costituisce una delle meraviglie dell’industria moderna; si costruiscono infatti delle lampade eccellenti nelle quali, malgrado il costo della materia prima (palloncino, filamento, fili di platino, ghiera metallica) e della lavorazione, certo non semplice, il prezzo di vendita di ciascuna lampada è inferiore a 60 centesimi.
In una stessa lampada a incandescenza al variare dell’intensità della corrente, e quindi dell’energia, varia moltissimo la luminosità. Dal complesso delle esperienze eseguite in proposito risulta che nelle vicinanze delle condizioni normali il potere luminoso è proporzionale al cubo dell’energia spesa. Ciò si spiega pensando al rapido accrescimento del rendimento luminoso con l’aumento della temperatura. In conseguenza un accrescimento dell’un per cento nell’energia consumata aumenterebbe del 3 per cento la quantità di luce ottenuta; entro gli stessi limiti pare che a ogni accrescimento della temperatura del filo di 1°, consegua l’aumento dell’1 per cento nel potere luminoso.
Si vede da ciò quanto interessi tener altissima la temperatura del filamento. Di tale temperatura sarà funzione il rendimento luminoso, o consumo specifico della lampada, che si può valutare dal numero di watt spesi per ottenere una candela; il consumo che è di 10 watt per candela alla temperatura di 1470°, diviene solo 2,4 watt alla temperatura di 1620°. Però, come abbiamo già accennato, quando una lampada lavora a una temperatura troppo elevata essa si consuma troppo rapidamente; è perciò che in pratica non si scende al di sotto del consumo di 3 watt circa. Però, tenuto conto del prezzo attuale elevato dell’energia elettrica, mentre il ricambio di una lampada costa tanto poco, conviene ricorrere, sia pure cambiandole a proprie spese, a lampade di piccolo consumo; e si intende che per il cambio non bisogna aspettare che il filamento si rompa, poichè anche prima, per il suo assottigliamento e per l’annerimento del palloncino, il suo potere luminoso trovasi notevolmente diminuito.
Si noti infine che il consumo specifico non è qualche cosa di caratteristico per una data lampada. Così una lampada di grande consumo per una tensione di 150 volta può divenire forzata, e di piccolo consumo, per una tensione maggiore; se l’energia spesa cresce p. es. del due per cento, la luminosità si accrescerà del 6 per cento e il .consumo specifico diminuirà sensibilmente. Per ottener ciò basta che la tensione cui la lampada è sottoposta varii solo dell’uno per cento.