Orso Mario Corbino
Nozioni di Fisica per le scuole secondarie Vol. II

CALORE.

Teoria meccanica e sorgenti del calore.

16. Energia animale

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16. Energia animale. Esaminiamo più davvicino la vita animale che è sorgente insieme di calore e di lavoro meccanico (il lavoro muscolare).

Risulta dalle ricerche di fisiologia che il calore animale è dovuto alle lente combustioni compiute dal sangue ricco d’ossigeno, e che irrora da ogni parte le cellule viventi. I prodotti di questa combustione, l’anidride carbonica e l’acqua, vengono emessi nella respirazione, mentre il sangue si arricchisce di nuovo ossigeno.

Il carbonio e l’idrogeno, che son continuamente bruciati in queste combustioni, provengono dagli alimenti ingeriti, con dei processi su cui non possiamo insistere. Diremo però che con opportune esperienze, eseguite collocando degli animali entro un calorimetro, si è potuto stabilire che il calore svolto è proprio quello che si poteva prevedere tenuto conto delle combustioni che hanno luogo, come può farsi misurando l’anidride carbonica e l’acqua espirate, o anche il peso degli alimenti ingeriti, la variazione di peso dell’animale e il rispettivo potere calorifico. Noi possiamo quindi questo punto di vista paragonarci a un fornello, nel quale gli alimenti van bruciando lentissimamente.

Negli animali a temperatura costante, come l’uomo la cui temperatura è sempre 37° qualunque siano le condizioni ambientali, hanno poi luogo altri processi di natura complicata, quali l’evaporazione cutanea, che determinano un raffreddamento continuo; e la regolazione del calore perduto per evaporazione e per irraggiamento si compie meravigliosamente in modo tale da compensare il calore svolto nelle combustioni chimiche, lasciando inalterata la temperatura.

L’energia muscolare ha la medesima origine del calore animale. Si è potuto invero, in alcune esperienze eseguite a Ginevra, introdurre un uomo in un grande calorimetro, e misurare il calore da lui svolto nelle condizioni di riposo, o durante la produzione di un lavoro meccanico, quale la rotazione di una macchina dinamoelettrica, che alimentava una lampadina disposta fuori del calorimetro. Anche in tal caso si dimostrò che il lavoro meccanico era prodotto a spese dell’energia chimica, poichè il calore svolto nel calorimetro si trovò inferiore a quello dovuto alle combustioni interne, in ragione appunto di 1 caloria per ogni 4 joule circa di lavoro prodotto. Naturalmente la difficoltà di simili misure non consente una molto rigorosa verifica numerica.


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