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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
31. Ma non possiamo tacere del geniale metodo di Linde per la liquefazione dell’aria, che ha rivoluzionato la tecnica delle basse temperature, e che ha reso possibile la fabbricazione industriale dell’aria liquida in quantità rilevanti, mentre prima era difficilissimo, e concesso solo a pochi laboratori speciali, prepararne quantità minime. Con lo stesso procedimento si è potuto recentemente, partendo da temperature già molto basse, liquefare l’idrogeno e l’elio.
Per
intendere il principio su cui si fonda la macchina di Linde ricordiamo che se
un gas compresso si espande sollevando uno stantuffo con pesi, esso si
raffredda per il lavoro esterno eseguito; mentre se, come nella fig. 31, si
espande dallo spazio A attraverso il rubinetto B, nello spazio vuoto B, senza eseguire perciò il
lavoro di sollevamento dello stantuffo, la sua temperatura rimane inalterata.
Ciò è rigorosamente vero per un gas perfetto, che obbedisca cioè esattamente alla legge di Boyle. Invece i gas reali, che si allontanano alquanto da questo comportamento teorico, cambiano un po’ di temperatura espandendosi attraverso al rubinetto S, anche senza eseguire lavoro esterno.
Ciò fu dimostrato da Joule e Lord Kelvin, i quali provarono che per l’aria si ha un raffreddamento proporzionale alla differenza di pressione che si verifica durante l’espansione. Precisamente a ogni atmosfera di diminuzione nella pressione corrisponde, per l’aria, un raffreddamento di 0°,28.
Mentre il raffreddamento dipende dalla differenza tra le
pressioni iniziale e finale in A, il lavoro che noi dovremmo eseguire per
ristabilire in A la pressione primitiva si dimostra che dipende dal rapporto
tra quelle pressioni. Se adunque le due pressioni sono 200 e 1 atmosfera, il
lavoro da noi compiuto sarà proporzionale al numero 200 = e il raffreddamento
nell’espansione sarà proporzionale al numero 199 = 200 — 1; invece se il
fenomeno si compie tra 200 e 20 atmosfere, il lavoro compito sarà solo come 10
=
mentre il raffreddamento sarà poco diverso da quello di
prima: 180 = 200 — 20.
Adunque nel secondo caso noi otterremo circa lo stesso raffreddamento, eseguendo un lavoro venti volte più piccolo.
Si
immagini adesso (fig. 32) che dal tubo B, attraverso un foro sottile, aria a 200 atmosfere si
espanda nel vaso A, ove
trovasi aria a 20 atmosfere; mentre la pompa P aspira l’aria che si accumula in
A, la comprime a
200 atmosfere e la ricaccia nel tubo B. Per un funzionamento conveniente
della pompa la circolazione dell’aria nel senso delle frecce avverrà in modo
continuo, e potrà la pressione conservarsi di 20 atmosfere in A e di 200
atmosfere al di là della pompa e nel tubo B. L’aria proveniente dalla
pompa sarà molto calda per la compressione subita; ma il refrigerante B, ove circola sempre acqua
fredda, la riporta alla temperatura di questa: giungendo in B, ed effluendo dal foro si
raffredda un poco per quanto si è detto, e lambendo così dall’esterno il tubo B, raffredderà alquanto l’aria
che sopravviene, cosicchè nella nuova espansione di questa l’aria in A sarà
ancora più fredda, e lo sarà pure la nuova che discende in B. Si intende
così che il raffreddamento progredirà sempre più, fino a che nel fondo di A si
andrà raccogliendo dell’aria già liquefatta.
Naturalmente la fig. 32 è solo uno schizzo schematico per illustrare il principio della macchina di Linde, la quale ne differisce molto nei particolari costruttivi. Così il vaso A è formato da un lungo serpentino entro il quale se ne svolge un altro corrispondente al tubo B; una seconda pompa supplisce dall’atmosfera l’aria che si va condensando in A; e infine l’aria liquida ottenuta può esser portata via con un dispositivo analogo a quello dei sifoni d’acqua di Seltz.
Si può, con questi mezzi, produrre da 4 a 5 litri d’aria liquida ogni ora, impiegando un motore da 7 cavalli.
L’aria liquida ottenuta si può raccogliere e conservare in alcuni recipienti speciali, detti vasi del Dewar, costituiti da un doppio o triplo involucro, in vetro argentato, privo assolutamente d’aria nello spazio interposto tra le pareti successive. Viene con ciò diminuita molto la penetrazione del calore, cosicchè l’aria liquida vi si può conservare per parecchie settimane, alla temperatura di ebollizione sotto la pressione atmosferica [circa 190° sotto zero], compensandosi col freddo prodotto dalla lenta evaporazione il poco calore che il liquido riceve dall’ambiente.
Le esperienze eseguibili con l’aria liquida sono di grandissimo effetto, poichè le proprietà dei corpi sono profondamente modificate dalle temperature molto basse. Ma le applicazioni utili sono per adesso ben poche; merita di esser segnalata la fabbricazione dell’ossigeno, il quale si ottiene profittando del fatto che l’azoto è più facilmente volatile, e quindi può esser cacciato via dall’aria liquida per distillazione, come l’alcool dal vino.