Gerolamo Rovetta
Mater dolorosa

XXVII.

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XXVII.

 

Se a Torino il duca d'Eleda si dava buon tempo, ciò non voleva dire che l'amministrazione comunale di Borghignano navigasse in placide acque: tutt'altro; ed anzi Prospero Anatolio, terminate le feste e ritornato con Lalla e con Giorgio a Santo Fiore, non vi si fermò che un giorno o due, poi corse precipitosamente in città per scongiurare la crisi. Chiuso, solo solo, e sballottato nel suo coupé, egli meditava il piano di difesa. Non c'era da farsi troppe illusioni: lo stato delle cose era molto grave. Fra i più formidabili nemici sollevati contro la Giunta municipale dal nuovo progetto per la riforma delle gabelle e la cessione in appalto del Dazio Consumo si schierava, con un accanimento spietato, anche l'unico organo dell'opinione pubblica di Borghignano, il giornale l'Omnibus, che, di punto in bianco, mutato l'auriga e rotta l'alleanza di prima, s'era messo al servizio dall'Opposizione.

Questo colpo, i costituzionali, la Giunta e il duca Sindaco, erano ben lungi dall'aspettarselo; capitò loro addosso, tra capo e collo, proprio come un colpo d'accidente. L'Omnibus, col fervore dei neofiti, non la risparmiava a nessuno - di quei signori della camorra - e menava botte da orbi: e ciò sia detto senza metafora, perchè appunto il suo nuovo direttore era orbo di un occhio: era il celebre Frascolini!

Fra le varie ditte aspiranti all'appalto del dazio comunale c'era anche una Società Anonima, che s'era apposta costituita e della quale faceva parte l'antico direttore dell'Omnibus. Costui sostenne, da principio, a spada tratta, il progetto e le riforme proposte dalla Giunta, finchè ebbe la speranza che gli fosse aggiudicato l'appalto; ma poi, quando invece i signori del Municipio, non trovando abbastanza solide le garanzie proposte da quell'impresa, conchiusero il contratto con una casa bancaria di Genova, l'ira del direttore dell'Omnibus non ebbe più ritegno. Egli cominciò dal fare una guerra sorda, coperta all'amministrazione d'Eleda; ma, per quanto avrebbe desiderato, senza contradire tutti i precedenti della sua vita politica e giornalistica. Si trovava sbilanciato, in certo qual modo, combattuto fra l'utile proprio e il proprio partito, e cercava una via di cavarsela con decenza, se non con onore, e... di vendicarsi! In quei giorni, bazzicava spesso negli uffici dell'Omnibus, per l'appunto, il Frascolini, il quale voleva combinare colla medesima stamperia della gazzetta un contratto per la pubblicazione del suo giornale L'amico del contadino. Il direttore dell'Omnibus, da uomo pratico, subito, appena lo vide, trovò in lui tutte le qualità dello Sparafucile che tornavano bene al suo caso.

- Coll'impianto di un giornale nuovo, tu, - e lo lusingavo con quel tu, buttato come a un confratello, - tu ci rimetti de' bei quattrini per il gusto di dare al mondo un morto di più. Ti converrebbe meglio rilevare addirittura un giornale che avesse già i suoi abbonati, il suo nome, il suo pubblico, il suo ambiente insomma... mi capisci?

- Eh, per capire, capisco; ma io voglio spiegare le mie forze, voglio combattere qui, su questa zona di territorio.

- E chi ti dice il contrario?

- Ma di giornali, a Borghignano, non vedo altro che il vostro; che il tuo!

- E così?... Se vuoi, io te lo cedo! È una mia creatura, lo amo come un figliuolo, ma in questo caso so di affidarlo in buone mani. Sono vecchio, sono stanco, sono seccato di questa vita, di queste lotte quotidiane. Credilo, caro Frascolini, a lavare la testa all'asino ci si rimette il ranno ed il sapone e poi si corre anche il rischio di buscarsi dei calci per soprammercato.

Comperare l'Omnibus?... Essere lui, Sandro Frascolini, il padrone, il despota18, quello che avrebbe dettata la legge a Borghignano?... Poter mandare all'aria, nello stesso tempo, il Duca d'Eleda costituzionale e il Della Valle progressista?... Ripresentarsi minaccioso, terribile, dinanzi alla signora Duchessina? - L'occhio di Sandrino, - peccato ne avesse uno solo, - scintillava fiammeggiando.

- Ma... - c'era un ma. - L'Omnibus non è un giornale del mio colore.

- E che importa?... Il colore d'un giornale è quello del suo direttore. Impara dall'America; perchè è dall'America che dobbiamo tutti imparare!

- Sicuro... sicuro. E quali sarebbero le tue pretese? Io non ne ho molti da spendere.

Allora intavolarono le prime proposte: un altro giorno si discusse più a fondo il negozio, e in una settimana e coll'intervento di un avvocato, scelto di comune accordo, fu combinato e accettato dalle due parti un contratto, in forza del quale, Alessandro Frascolini diventava il direttore-proprietario del giornale l'Omnibus, obbligandosi al pagamento di una certa somma, divisa in varie rate semestrali.

La notizia della vendita e della compera dell'Omnibus scoppiò come un fulmine a ciel sereno: i moderati, quei della Giunta specialmente, ne erano rimasti sbigottiti e andavano dicendo roba da chiodi dell'ex direttore del giornale, chiamandolo un Girella, un venduto, un farabutto. Però si vedeva che erano avviliti e che cercavano colle chiacchiere, colle scappellate, colle proteste di liberalismo e di vera democrazia, di crearsi degli aderenti e parare il colpo. I progressisti, invece, insuperbivano ed esaltavano il coraggio, il patriottismo, la lealtà e soprattutto il carattere antico dell'ex direttore dell'Omnibus e, per sottoscrizione, indissero un gran banchetto in suo onore. In quanto poi al Frascolini, il nuovo direttore, nessuno lo conosceva; ma per gli avversari, cioè per i moderati, era una canaglia, una specie di mezzo analfabeta, un fallito, un porco; per gli altri il vero tipo del giornalista americano, un carattere integerrimo, un grande amico di Cairoli e di Zanardelli.

Il Caffè di Borghignano era stato il centro di tutte queste commozioni; mattina e sera, non vi si parlava d'altro. si sparse, per la prima volta, la notizia della vendita dell'Omnibus e arrivarono le prime informazioni intorno alla somma pattuita nel contratto, somma che subiva rialzi e ribassi favolosi; si discutevano con pazienza e con amore i vari articoli del contratto. Il notaio che doveva redigerlo era uno della comitiva, e il giorno in cui fu messa la firma i progressisti e moderati del Caffè, tutti uniti e d'accordo, lo aspettarono curiosi, e appena capitò dentro gli furono addosso, se lo strapparono l'un l'altro di mano, soffocandolo sotto una grandine fitta fitta di domande, tante domande che non gli lasciavano nemmeno il tempo di rispondere, di capire, di tirare il fiato. Figurarsi poi come rimasero la prima mattina che il Frascolini, con un fascio di giornali sotto il braccio (la posta del mezzogiorno), entrò nel Caffè a far colazione: pareva che tutti quegli avvocati e tutti quei cavalieri avessero mutato mestiere e vocazione: stavano attenti e attoniti a guardarlo, a studiarlo, ad ammirarlo, senza fiatare.

Il Frascolini, intanto, duro duro, faceva colazione, sfogliava i giornali, con un gran sussiego, e strapazzava democraticamente il cameriere. Quando ebbe finito e se ne andò via, scoppiarono tutti insieme a gridare pro e contro il nuovo direttore; e si riscaldavano specialmente per quell'occhio che gli mancava.

Lo aveva perduto in battaglia - no - lo aveva perduto in un duello - no - era stato accecato da un questurino durante una dimostrazione; - ma nessuno sapeva o diceva la verità.

Tutto questo gran rumore era quello che precede lo scoppio del temporale; e il temporale in fatti, anzi la tempesta, si scatenò sulla Giunta con articoloni sesquipedali che tuonavano fino dal titolo: Fame e camorra - I proletari - La tratta dei bianchi - L'agonia di un delinquente, ovvero gli ultimi giorni dell'Amministrazione d'Eleda, - catilinaria, infocata contro il duca Prospero Anatolio, - I tentennanti, ovvero i rossi di ieri, - fiera botta, diretta contro il deputato Della Valle.

Giorgio alzava le spalle e non ci badava; tutt'al più quelle sfuriate senza logica e senza grammatica lo mettevano di buon umore; ma il duca d'Eleda, che a Borghignano era sempre stato trattato coi guanti, leccato, adulato, ed anche discusso, ma col rispetto col quale si discutono le cose sacre, il povera duca d'Eleda, a sentirsene dire di cotte e di crude, e da un Frascolini qualunque, s'infuriava e diventava di tutti i colori, come i capelli del Rebaldi. Cominciò col dire che quel Frascolini bisognava farlo bastonare; che era un ignorante, un mariuolo; ma a mano a mano che quell'altro aumentava la dose delle ingiurie s'intimoriva sempre di più, e considerava l'Omnibus come una forza, e domandò a Giorgio s'egli non credeva fosse il caso di avere un'intervista per sapere, almeno, da quel Maramaldo, qual era lo scopo de' suoi attacchi, della sua guerra insensata. Il conte Della Valle non ne volle sapere; anzi, disse chiaro al suocero, che un tal passo, disdicevole sempre, nel loro caso particolare, sarebbe stato ancora più sconveniente e indecoroso, e gli lasciò trapelare qualcosa delle strambe impertinenze del Frascolini verso Lalla.

- Ah, già, già! Allora... allora, sicuro; bisogna lasciar correre!... - rispose sospirando Prospero Anatolio; ma nel suo interno pensò che Giorgio non era altro che un famoso egoista.

- Certo, - borbottava, - a lui le tirate di questo ciuco imbizzarrito non possono far nessun danno, e per questo si diverte a lasciar correre e a disprezzarlo. È infeudato, lui, nel suo collegio, e se quell'altro gli grida contro che smonta di colore questo gli giova, invece di nuocergli. Nel Consiglio Provinciale, poi, le votazioni sdrucciolano come l'olio! Ma vorrei vederlo un po' ne' miei panni. Oh, se vorrei vederlo, colla marea che monta e la tempesta che soffia da tutte le parti!... Quel becero affamato voleva fare il patito a Lalla?... Sciocchezze!... Sarà stato ubriaco, appunto come lo è sempre, anche quando scrive. Del resto Lalla è come la Giulia; a sentirle tutti s'innamorano come matti, appena le vedono, principi e villani!... E intanto chi si cura, chi si pensiero di questo povero vecchio?... Nessuno. - Ah, Signore Iddio, che mondaccio egoista! - e il duca sospirava, alzando gli occhi al cielo.

Quando, dunque, il senatore d'Eleda, sballottato nel suo coupé, ritornava da Santo Fiore a Borghignano per prepararsi alla battaglia ultima e definitiva, egli riandava nella mente tutta la storia degli ultimi avvenimenti si affaticava indarno per trovare, nel buio fosco e minaccioso, una qualunque via di salvezza.

La sua condizione e quella della Giunta era ancor più disperata perchè non potevano disporre d'un giornale per difendersi dalle accuse, per dissipare gli equivoci, per soffocare le calunnie che inventava e diffondeva l'Omnibus quotidianamente. Tutt'al più dovevano limitarsi a far scrivere corrispondenze su qualche giornale di fuori, che poi arrivavano in ritardo a Borghignano e che l'Omnibus riproduceva stronche e alterate, con cappelli e code che toglievano loro ogni efficacia. Si era pensato, in quel frangente, di pubblicare un altro giornale, ma ormai era troppo tardi: un giornale nuovo non avrebbe avuto tempo di acquistarsi il credito, e uscito proprio all'ultima ora, apposta per difendere il Sindaco e la Giunta, avrebbe fatto più male che bene.

- Se il Frascolini fosse stato un uomo onesto e... abile? Perchè non provare... cercando d'illuminarlo sulla vera condizione delle cose?... Uno scopo, e recondito, ci doveva pur essere che lo spingeva in quella guerra fiera e sleale. Bisognava cercare di conoscerlo questo scopo e poi... poi chi sa; colle buone avrebbero forse potuto addomesticare la bestia!... Ma!...

Tuttavia... tuttavia se il signor conte Della Valle era un famoso egoista, il duca d'Eleda non voleva essere un minchione, e non era obbligato a seguirlo, tanto più che militavano ciascuno in un campo opposto. D'altra parte il Sindaco di Borghignano aveva non solo la sua Amministrazione da difendere, ma eziandio l'utile superiore del partito, al quale doveva sacrificare anche il risentimento personale. Poteva andare incontro a certa rovina, senza tentare ogni via per scongiurarla?

Poteva assistere impavido alla sua prossima sconfitta? Poteva vedere, in una parola, minacciato il reale benessere di Borghignano, della sua diletta Borghignano, senza tentare, per quanto almeno era fattibile, di scongiurare la catastrofe?... Sicuro, era assai penoso il dover scendere a spiegazioni con un Frascolini qualunque; ma, e perciò?... Doveva egli arrestarsi sulla via del dovere? - No, mai. - Quel passo era penosissimo, ma bisognava compierlo od ogni modo. Forte della sua coscienza, avrebbe sacrificato l'uomo privato all'utile del paese. Egli certo non voleva essere un perfetto egoista come il conte Della Valle; quel suo caro signor genero senza carattere, senza coraggio, senza iniziativa.

Meditato e approvato il bel disegno, Prospero Anatolio volle subito metterlo in esecuzione, e appena giunto a Borghignano mandò un bigliettino al direttore dell'Omnibus, pregandolo d'indicargli un'ora nella giornata, per discorrere insieme su vari argomenti di interesse pubblico.

Il Frascolini aspettava e desiderava da molto tempo un simile invito, e per ottenerlo più presto spingeva ogni giorno di più la violenza e l'acredine della sua polemica.

Egli aveva dubitato, prima ancora di rivederla a Santo Fiore, che anche l'ultima promessa di Lalla fosse stata una promessa bugiarda come tutte le altre. Ma quando s'incontrò con lei; quando la rivide, sebbene perdesse allora anche l'ultima illusione, tuttavia l'immagine di quella creatura fatale gli riaccese nel sangue un tumulto di memorie e di desideri, che la lontananza aveva solo intiepidito. La contessa Della Valle, colla sua indifferenza superba, non riuscì a cancellare Lalla dal suo cuore, soltanto, prima vi era circonfusa d'amore, e adesso invece, quella figuretta gentile vi sollevava impeti feroci di gelosia e di odio.

Sandro era smanioso d'incontrarla, di rivederla, di ridestare in lei qualche sensazione, fosse pure di sgomento, di essere ancora qualche cosa nella sua vita, fosse pur la sventura.

Egli la vedeva sempre, aveva sempre la signorina, viva, dinanzi agli occhi; e nelle ore tetre, uggiose del giorno e nei lunghi sogni affannosi delle sue notti, tutto era pieno del sorriso, dei capelli biondi, del viso di lei, ora acceso d'amore, ora freddo e ironico ed ora pallido, scolorito, come in quei tempi beati delle loro angosciose ebbrezze di fanciulli.

Non curato dalla contessa Lalla, egli cercò della Nena colla quale aveva sempre tenuta viva l'amicizia, pensando di valersene in ogni evenienza; ma non potè trovarsi con la Nena che una sol volta, perchè la padroncina, già informata da miss Dill, aveva vietato aspramente alla cameriera di avere rapporti e tener colloqui col Frascolini.

Sandro, finchè rimase a Santo Fiore, non amava più, odiava la duchessina, e avrebbe dato tutto il suo sangue, pur di riuscire a vendicarsi. Tuttavia, quando egli si trovò a Borghignano, a cassetta dell'Omnibus, da quella posizione elevata sperò ancora di poter giungere fino alla contessa Della Valle; e a mano a mano che nella sua fantasia vagheggiava un seguito avventuroso di quell'amore infelice, l'odio nuovo svaniva e ritornava l'antico affetto colle belle illusioni e le sue belle speranze.

Nella breve dimora che la contessa Della Valle fece quell'anno a Borghignano, ritornando da Nervi per andare a Santo Fiore, il Frascolini cercò d'incontrarla ma non gli riuscì: incontrò invece la Nena, e allora, e perchè gli piaceva, essendo un bel pezzo di ragazza, e perchè avrebbe potuto valersene per vedere e spiare in casa della padrona, strinse i nodi a quell'amoretto; e una domenica, dopo averla condotta a passeggiare per viuzze deserte, la fece capitare nelle vicinanze degli uffici dell'Omnibus, che erano nella casa medesima dove c'era la tipografia del giornale, e dov'egli aveva il suo alloggio. Sandro, fingendo d'essere capitato a caso in quel luogo, offerse alla Nena di condurla a vedere le macchine: ma poi, dopo le macchine, dopo la stamperia, forzandola un po', violentando i no - no - debolissimi, paurosi ch'ella opponeva, volle mostrarle anche il suo quartierino e ... E quando la Nena pallida, sconvolta uscì da quella casa, confessava a se stessa di aver fatto male, assai male, a disubbidire la padrona e a ritornare a discorrere col signor Sandrino.

Ma, oramai, era inutile il rimpianto, e la Nena, che aveva un debole per quel bel ragazzo e che in lui, anche adesso che il Frascolini aveva un occhio solo, vedeva sempre l'eroe dei Due Sergenti, da quella domenica in poi fu roba sua, tutta sua, anima e corpo.

Povera Nena!... Era tanto innamorata da non accorgersi nemmeno, da principio, che il suo amante le parlava sempre della sua padrona, più della sua padrona che di lei; ma ci badò più tardi e ne fu gelosa, e ne pianse.

In quel tempo, ricomparsa Lalla a Borghignano, si ritornò a discorrere dei suoi amori col Vharè, e la notizia giunse naturalmente anche alle orecchie del direttore dell'Omnibus, il quale, allora, ritornando a perdere le speranze, ritornò ad odiarla e d'un odio ancor più feroce di prima, perchè oltre di non amarlo più lui, Lalla adesso faceva peggio, ne amava un altro.

Domandò subito alla Nena, in uno di quei loro ritrovi domenicali, se era vera, propriamente vera la - infame tresca - ; ma la Nena gli rispose negando tutto e arrabbiandosi contro quelle pitocche di Borghignano che dicevano male della sua padrona perchè era più bella e più ricca di loro.

- Se la signora contessa, - concluse poi - aveva agito male con lui - Sandro le aveva raccontato che era stata la sua amorosa e che erano stati soli insieme e che si erano baciati per notti intere - se la signora contessa aveva agito male con lui, bisognava scusarla, perchè allora era ancora una bimba, e non sapeva quello che si facesse, ma adesso era un angelo di virtù, e non amava altri che il signor conte.

Simili assicurazioni non calmavano certo il Frascolini: la signora contessa non avrebbe dovuto amare nemmeno suo marito, anzi suo marito meno degli altri. Non gli aveva giurato che lo sposava per forza?

Tutte queste contradizioni, tutti questi opposti sentimenti ispiravano ogni atto della vita del Frascolini e perciò egli aveva voluto far paura al duca Prospero perchè il duca, smessa la superbia, si facesse umile e cercasse di cattivarselo per averlo alleato, se non amico. Il Sindaco di Borghignano non aveva obbligo di usare molta deferenza verso il quarto potere? verso gli uomini dell'avvenire? E se lui, Frascolini, lo attaccava anche ingiustamente, non era tenuto a invitarlo a reciproche e franche spiegazioni? Non doveva illuminarlo perchè potesse condurre il suo Omnibus sulla buona strada?... Sicuro, Sandro Frascolini non desiderava altro che questo: condurre l'Omnibus sulla buona strada, e lo desiderava per le aspirazioni del proprio cuore prima di tutto... ed anche per certi interessi, che egli chiamava - di tipografia. - È poi da notare che in questi ultimi tempi il Frascolini si era di molto dirozzato e aveva perduto un po' di quelle sue arie di cantante a spasso che lo facevano primeggiare nelle sedute burrascose del Circolo democratico degli Operai Agricoltori.

Sandro Frascolini entrò dal duca d'Eleda, serio, impettito, colla tuba e col vestito nero: il duca, gli corse incontro, scusandosi graziosamente di averlo incomodato; gli prese la mano che strinse cordialmente, con effusione, fra le sue, e lo fece sedere sul canapè.

Allora Prospero Anatolio cominciò a ricordare l'antica famigliarità dei Santo Fiore coi Frascolini; gli disse che si ricordava di lui, Sandro, quando era ragazzo e che si ricordava di suo padre col quale era stato sempre in ottimi rapporti - un uomo integerrimo operoso, intelligente!... - E a mano a mano commovendosi, concluse ch'egli aveva creduto di evocare tante care memorie per scusare e per spiegare in certo modo, il grave passo fatto dal Sindaco di Borghignano verso l'egregio uomo che dirigeva l'Omnibus, dal quale (e qui cominciava un pochino a riscaldarsi) egli non si sarebbe mai aspettato una guerra accanita, personale, ingiusta; no, mai, perchè si era abituato a considerarlo come un amico!...

Sandro, a questo punto, credeva che il duca avesse finito, ma questi, invece, non si fermò nemmeno per pigliar fiato e non lasciandogli il tempo di risponderci cominciò a giustificarsi, a difendersi, saltando19 da un argomento in un altro, dal Dazio Consumo alle Riforme, dalla Costituzione alla Progressista. Poi tornò a commoversi, a intenerirsi, e finì coll'aggiungere che quella guerra dell'Omnibus, - accanita, personale ed ingiusta - aveva dato un gran dolore anche alla duchessa Maria, alla sua moglie diletta e... e (sospirò) e così malandata in salute.

Il Frascolini aveva la testa piena, confusa da tanti discorsi; non sapeva che cosa dire, non sapeva come regolarsi, non sapeva più se doveva accusare o se doveva difendersi.

- Veramente - cominciò poi, lisciando adagio, col palmo della mano, il cappello a cilindro, - veramente, la polemica sostenuta del nostro giornale non è diretta al duca d'Eleda, ma all'Amministrazione del Comune.

- E all'uno e all'altra, amico mio; ed anzi, se volete dirlo francamente, forse più all'uno che all'altra, ed è ciò che mi addolora, ed è ciò che mi sconforta, come uomo privato e come uomo pubblico. - Io posso aver sbagliato, avrò sbagliato... ho sbagliato! Ditemelo voi, chi è infallibile a questo mondo?... Ma l'Omnibus, viva Dio, mi attacca anche nelle intenzioni!... Sono in errore?... Le mie idee non si accordano colle vostre?... Il progetto delle nuove riforme, che mi costa tanti studi, tante veglie angosciose, lo giudicate improvvido?... Ebbene, discutiamolo! Dio buono, discutiamolo! Io non domando di più, non domando di meglio: discutere!... E se mi convincerete che sono in errore, sarò io il primo a ringraziarvi e a sottomettermi, perchè, credete, egregio e caro amico, io non sono un ambizioso! Io amo il mio paese al quale ho sacrificata la quiete, la vita: ecco tutto!

- Scusate - replicò Sandro, mettendo il cappello sopra una sedia, e familiarizzando con quel voi che gli accarezzava l'orecchio. - Scusate, ma ammesso, come dite, che l'Ominibus abbia combattuto qualche volta il duca d'Eleda, ha combattuto solamente l'uomo pubblico, e non ha mai tirato in ballo l'uomo privato, quantunque...

- Grazie tante, ma...

- Lasciatemi finire! Quantunque anche l'uomo privato, abbia aspirazioni diametralmente opposte a quelle che informano la nostra vita di pubblicisti; perchè mentre noi siamo gli uomini dell'avvenire, siamo l'avanguardia, siamo... siamo... dirò così... - Il direttore dell'Omnibus cercava un'altra bella frase per tornir meglio il periodo, ma non riuscendo a imbroccarla dovette troncarlo a mezzo: - siamo liberali insomma, - soggiunse, - e voi no!...

- Ecco l'errore!... Ecco l'equivoco!... Ecco la grande Ingiustizia! - Non siamo liberali noi? - Non sono liberale io? - E Prospero Anatolio accavallò una gamba sull'altra, dondolandola democraticamente. - Non sono liberale?... Liberale lo sono quanto voi, più di voi. Sissignore! Solamente non voglio correre, voglio camminare... per non dover precipitare, o peggio, per non dover tornare indietro. - A questo punto il duca Prospero sfoggiò un'eloquenza tribunizia da far strabiliare. Citò la Francia e la Germania, l'Inghilterra e l'America, il conte di Cavour e Leone Gambetta, gli ultramontani e i nichilisti, i fatti delle Romagne, Cantelli e la spedizione di Crimea; il quarantotto, il novantatrè ed il settanta; la legge elettorale, l'abolizione del corso forzoso e la trasformazione dei partiti. I partiti - concluse finalmente, - che cosa vogliono, che cosa rappresentano i partiti in Italia? Qual'è la vera demarcazione fra la destra e la sinistra, tenuto calcolo, specialmente, delle oscillazioni dei centri? Noi, vedete, amico mio, noi dai nostri stalli tranquilli del Senato teniamo d'occhio la baraonda della Camera giovane e... Volete proprio sapere qual'è lo studio più assiduo che vediamo farsi dentro? Quello di cercare una scusa tutti i giorni, tutti i giorni un pretesto nuovo, per non venire fra destra e sinistra a spiegazioni reciproche, per continuare nell'equivoco, altrimenti, - è chiaro come il sole - destri e sinistri non avrebbero ragione di esistere. - Prospero Anatolio scoppiò in una risata, il riso fa buon sangue, e il Frascolini approvò.

- Ma vedete, duca Prospero - cominciò dopo un momento di silenzio, - noi...

- Noi siamo radicali?... È questo che volete dire?

- Appunto; rispose il direttore dell'Omnibus, - noi siamo radicali.

- Ma Dio mio, caro Frascolini, chi oggi non è radicale, non è repubblicano... in teoria?... Ci si cammina, non dubitate, ci si cammina, verso la repubblica; ma se non vogliamo esser noi stessi i necrofori dell'opera nostra, dobbiamo attendere lo sviluppo naturale degli avvenimenti, dobbiamo preparare il terreno gradatamente, dobbiamo educare il popolo a questa libertà benedetta, se no, gli potrebbe dare le vertigini! Ricordate le parole di un mio amico carissimo: - fatta l'Italia, bisogna fare gl'Italiani. - E perciò, è necessario uno scambio d'idee, un connubio, direi quasi, fra gli uomini della permanente, gli uomini di ieri, come sono io, cogli araldi della rivoluzione, cogli uomini del domani, come siete voi.

Il Frascolini non ci capiva più nella pelle!... Quantunque avesse viaggiato, fosse stato applaudito nella Favorita e si trovasse ora alla direzione dell'Omnibus, in fondo in fondo egli restava sempre il ragazzotto di Santo Fiore, che, per tradizione di padre in figlio, riconosceva nel duca d'Eleda una autorità istintivamente subìta e che la lettura dei Misteri del Popolo aveva scossa, ma che non era riuscita a vincere interamente.

Quella familiarità del signor duca, quel voi alla buona, quell'amico mio, quel carissimo Frascolini lo facevano arrossire di piacere, e per il momento non avrebbe potuto desiderare di più. Dalla burbanzosa protezione del signor Domenico, il sindaco sensale di Santo Fiore, era arrivato all'amicizia del duca d'Eleda! - Nei primi giorni del suo amore, - quando Sandrino passeggiava per la campagna solo solo, colle mani in tasca e il sigaro spento in bocca, fantasticando il romanzo del proprio avvenire, egli non era giunto ad immaginare un capitolo più luminoso. Che cosa ne avrebbe pensato la contessa Lalla sentendo suo padre parlare con ammirazione del carissimo, dell'onorevole Frascolini?... Egli le aveva giurato che sarebbe arrivato a farsi un nome, una posizione e... e Prospero Anatolio lo chiamava amico, lo invitava in sua casa e lo trattava da pari a pari!... Oh la cara signora contessa avrebbe veduto bene come le sue promesse egli sapeva mantenerle!

Intesi e d'accordo in massima, sulla politica interna ed esterna, si cominciò a discorrere diffusamente intorno al progetto sulla riforma delle gabelle ed alla cessione in appalto del Dazio consumo; l'argomento del giorno, come diceva il duca d'Eleda, o la questione vitale e palpitante, come la chiamava Sandro Frascolini.

Il duca Prospero, cominciò allora a spiegare, al direttore dell'Omnibus, tutti i vantaggi morali e materiali che dovevano venire da tali riforme alle esauste finanze del Comune; gli fece toccar con mano che l'opposizione era mossa da interessi privati, e riuscì facilmente a convincerlo che il partito, il colore politico, ci entrava come il cavolo a merenda.

Il Frascolini, dopo di aver conservato un silenzio severo, e dignitoso, verso la fine del discorso approvò le conclusioni del duca d'Eleda con un lento chinar del capo; ma fece aspettare un qualche minuto il proprio responso. Pareva incerto, dubbioso, stringeva le labbra, chiudeva gli occhi, come per raccogliere meglio i pensieri; ma poi, finalmente, stendendo la mano a Prospero Anatolio che lo guardava sospeso: - Ebbene, sarò franco, - gli disse; - le vostre spiegazioni mi hanno quasi... non dirò... Mi hanno scosso in molti punti.

- Ne ero certo, - esclamò il duca - ma è troppo giusto; voi, caro direttore, non dovete credere soltanto a me, non dovete prestare cieca fede alle mie parole. - no e poi no; - ci dovete veder dentro coi vostri occhi. - A questo punto il Frascolini, che degli occhi ne aveva uno solo, diventò rosso visibilmente, e l'altro si accorse d'averla detta grossa; ma tuttavia al duca d'Eleda non mancava lo spirito, e tirò innanzi diritto senza interrompersi e senza nemmeno tentare di correggersi. Pregò il caro direttore a voler ritornare la sera di quello stesso giorno, alle nove. Avrebbe trovato gli altri membri della Giunta e così, dedicando al loro nuovo progetto un maturo e coscienzioso esame, egli avrebbe veduto se non fosse stato il caso, invece di combatterlo, di appoggiarlo. - Borghignano, - concluse poi, accompagnando l'egregio amico verso l'uscio del salotto, - Borghignano attraversa un periodo molto grave. Se io fossi un egoista, dovrei desiderare una maggioranza sfavorevole. Sicuro! Ho bisogno di riposo; mia moglie sta sempre poco bene e poi... e poi sono trent'anni, capite, caro Frascolini, sono trent'anni che combatto e che sto sulla breccia!... Se ne discorreva appunto anche l'altro giorno a Torino, col duca d'Aosta. La lotta, la battaglia non mi ha mai fatto paura. Anche trent'anni fa, vedete, io ero ritenuto un clericale; e allora, anche più d'adesso, - e sapete perchè? - Perchè sono sempre stato l'uomo dell'ordine, della prudenza, perchè ho predicato sempre, nella Camera e fuori - piano piano, chi va piano va lontano! E, infatti, ditemelo una buona volta, francamente; se non c'era una maggioranza che votasse le guarentigie, credete voi che i Governi stranieri avrebbero accettato i fatti compiuti?... - No!... - Oh! bravo!... Che ci sia almeno un uomo del vostro valore che mi rende giustizia. Chi ama il proprio paese, deve sacrificarsi, sfidando l'impopolarità, ed io mi son sempre sacrificato;... Dunque, come vi dicevo... vi dicevo che... ah, ecco, per me, se questa volta il Consiglio mi , come si dice, il voto nella schiena, io lo ringrazio tanto e lo saluto. Mi ritiro, domando la giubilazione!... E non ci avrei altro che da guadagnare. Tuttavia (lasciamo da parte, adesso, la mia persona), ritenendo che in questo momento la caduta dell'Amministrazione potrebbe essere causa di gravi danni al nostro credito, così, per non avere rimorsi, cerco, tento di tenere in piedi la baracca. Se poi non riesco, sia detto in amicizia, fra di noi, - e il duca d'Eleda si guardò attorno, come per assicurarsi che nessun indiscreto fosse ,- ad ascoltare, - sia detto in amicizia, se non riesco, tanto meglio!

Dal salotto, sempre discorrendo, Prospero Anatolio accompagnò l'onorevole pubblicista nell'anticamera, uscì con lui fino sullo scalone, e con un - dunque, a questa sera - ultimo e definitivo, gli tornò a stringere tutte e due le mani con espansione vivissima.

Sandro uscì dal palazzo d'Eleda felice, raggiante. Era arrivato finalmente!... Venivano a patti con lui, tutti quei cani di signori!... E quando si trovò solo in ufficio, non si potè più trattenere e fece un salto dalla gioia, canterellando, colla sua bella voce da tenore, un'arietta del repertorio favorito.

E la contessa Lalla?... Oh la cara contessa sarebbe stata sua! Ne era tanto sicuro, che non la odiava più, tornava a volerle bene.

La sera andò alla riunione della Giunta. Fra quei parrucconi si tenne sulla sua, usando il noi con molta affettazione, parlando lungamente di Law e del libero scambio; ma, nello stesso tempo, lasciandosi menare bellamente per il naso.

Si combinò che l'Omnibus, riservandosi piena libertà d'azione per l'avvenire, in quel dibattito finanziario avrebbe appoggiata la Giunta. Il Frascolini ammise di non aver prima studiato a fondo il nuovo progetto, fidandosi di alcune notizie inesatte che gli erano state esposte; però, adesso, meglio informato, sentiva di doverlo difendere. Dichiarò di appartenere al grande partito democratico, ma di non essere al servizio di nessuno, e che non voleva imposizioni altro che dalla propria coscienza.

Il giorno dopo, fra la maraviglia e i più disparati commenti, uscì un articolo nell'Omnibus - Serio esame, ovverosia le nuove riforme - col quale il Frascolini trattava la questione dal punto di vista puramente economico. Era un passo indietro, fatto apposta per prendere lo slancio e saltare il fosso. Al primo articolo, infatti, tenne subito dietro il secondo: - La politica in Municipio - sostenendo l'Omnibus che il Consiglio comunale non doveva fare politica, ma soltanto una buona amministrazione; e poco dopo buttò via la maschera, schierandosi con tre colonne di Franche parole, ovvero gli interessi cittadini - fra i più caldi sostenitori del progetto presentato dalla Giunta. Allora fu la volta pei costituzionali di andare in giro pettoruti, ed erano invece i progressisti che scantonavano mogi mogi e costernati, dicendo corna dell'amico integerrimo di Cairoli e di Zanardelli.

Frattanto il giorno della battaglia si avvicinava e non c'era da farsi illusioni. O il progetto presentato dalla Giunta era approvato dal Consiglio, e allora l'Amministrazione d'Eleda restava al potere, oppure veniva respinto, e bisognava dimettersi.

Fra i soliti avventori del Caffè di Borghignano c'era un orgasmo febbrile. La mattina, all'ora di colazione o la sera, dopo il teatro, non si faceva altro che scrivere col lapis, sui tavolini di marmo, il nome di tutti i consiglieri comunali, mettendo in fila - separatamente - quelli che avrebbero votato per il , e quelli che avrebbero votato per il no, poi facevano le somme; ma risultava sempre sul tavolino dei progressisti la maggioranza pel no, e su quello dei costituzionali pel .

Alla vigilia della gran seduta, la Giunta e i suoi aderenti si abboccarono un'ultima volta col Frascolini, in casa d'Eleda. Fu convenuto, dopo una discussione molto vivace, di pubblicare l'indomani stesso sull'Omnibus un ultimo articolo cannonata. L'Omnibus sarebbe uscita apposta un'ora prima del solito, e l'articolo col titolo - All'ultima ora - era stato scritto da un egregio avvocato, segretario della Costituzione e fabbricere del Duomo. Fu discusso, corretto in qualche punto, e poi raccomandato caldamente al direttore. Il Frascolini lesse ancora l'articolo per suo conto, lentamente, sotto voce, poi stringendo le labbra, concluse: - Non c'è malaccio, ma è troppo lungo. Chi lo ha scritto, si capisce, non è del mestiere. Tuttavia, per accontentarvi, non adopreremo le forbici: lo faremo soltanto precedere da due righe di cappello.

- No, non occorre! - esclamarono tutti gli altri spaventati, tranne il d'Eleda, che quella sera si mostrava abbattuto assai.

- Lasciate fare, lasciate fare: - rispose il Frascolini coll'aria seccata. Egli mostrava un gran sussiego, proprio come se nel suo Omnibus portasse a spasso l'Europa. Ma il cappello si ridusse poi ad una sola aggiunta nel titolo, che fu stampato così: - All'ultima ora, ovvero Voto e Coscienza.

E venne il domani, finalmente, quel domani memorabile, aspettato con tanta apprensione! Il Consiglio era quasi al completo, le tribune affollate: la lotta fu accanita d'ambo le parti. Il piccolo avvocatino dei progressisti, il Robespierre in sedicesimo, fu eloquente, impetuoso, terribile. L'altro, l'avvocato dei costituzionali, pacato, forbito e prudente, sgattaiolava a destra e a sinistra, di modo che il fulvo campione della democrazia terminava col tirar colpi al vento e perciò, qualche volta, perdeva le staffe; ma caduto una volta, si rialzava più inferocito. L'uno combatteva le riforme e la cessione del Dazio consumo, nel nome della giustizia e della fame del popolo, e citava l'America; l'altro le difendeva per la salute della finanza, per il benessere morale e materiale del paese e della famiglia, e citava l'Inghilterra. Esaurita la discussione, quando fu il momento di passare ai voti, Prospero Anatolio, pallido, la fronte molle di sudore, suonò il campanello con mano tremante.

Il momento era solenne e definitivo per l'una parte e per l'altra. Si sa bene, moderati e progressisti avevano tutti sotto gli stivali il Dazio consumo e la riforma delle imposte! Adesso, la questione vitale, palpitante, come diceva l'Omnibus, era una sola: la Giunta e i moderati volevano restare al potere; i progressisti, invece, volevano rovesciarli, per mettersi al loro posto.

Erano tutti in piedi! giù i consiglieri negli stalli, e su, in alto, i curiosi delle tribune. Prospero Anatolio soltanto rimaneva seduto: era commosso, gli tremavano le gambe. Il silenzio era imponente e si sarebbe udita una mosca a volare e due farfalle a fare all'amore... Finalmente si conobbe l'esito della votazione; il progetto della Giunta era stato accettato con due soli voti di maggioranza; e il risultato fu accolto con grida, con applausi, con l'entusiasmo d'ambo le parti.

Erano tutti contenti: i costituzionali si gloriavano di aver vinto, e infatti avevano ottenuta la maggioranza; i progressisti sostenevan che la vittoria era stata dalla loro parte e che loro avevano applicato alla Giunta uno schiaffo morale, perchè il progetto era passato dal buco della chiave, per due miserabili voti racimolati all'ultima ora.

L'indomani, quando Prospero Anatolio arrivato fresco a Santo Fiore, raccontava in famiglia le vicende della fiera battaglia, si doleva, sospirando, di quella vittoria che lo obbligava a restare sindaco di Borghignano. Egli che avrebbe buttato via tanto volentieri quella camicia di Nesso!... Era stanco, seccato, di sacrificarsi tutto e sempre al servizio del pubblico, il quale ricambia con amarezze e ingratitudine. In quanto a' suoi colleghi, confidava a Giorgio, in segreto, che l'avevano fatta molto grossa venendo quasi a patti col direttore dell'Omnibus!... Quello era stato un passo falso che aveva creato malcontenti nel seno stesso del partito e che, a occhio e croce, aveva spostato tre o quattro voti di maggioranza.

Nulladimeno, a Natale, capitò al Frascolini il diploma che lo nominava Cavaliere della Corona d'Italia, e quel diploma gli fu annunziato da una lettera molto gentile e obbligante del duca d'Eleda.

- Cavaliere?... Lo era davvero, lui. Se l'era guadagnato, quel titolo, col proprio ingegno, col proprio lavoro, colla propria onestà, e valeva assai più di tutto il marchesato posticcio del signor Giacomo Vharè.

 

 

 





18 Nell'originale "desposta". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio



19 Nell'originale "soltanto". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio



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