Lorenzo Magalotti
Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia

RELAZIONE DEL REGNO DI SVEZIA

<Fertilità del suolo>

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<Fertilità del suolo>

 

Anco il suolo esteriore della Svezia è assai buono e, non contento d'esser di dentro pregno di miniere, vuoi produrre anco al di fuori i frutti e le biade, per quanto è possibile in un luogo tanto settentrionale. Però ordinariamente si calcola che renda sette per uno, e quando frutta meno è cattivo, quando più buono, trovandosi luoghi che fanno dalle nove fino a dodici per misura e, ne' luoghi che abbruciano i boschi, fino a venti, ciò praticandosi più qui che in ogn'altra parte, sì per la larghezza del paese sì per esser molto pieno di boschi. Anzi, è opinione comunissima che dall'infinitivo del verbo svezzese svedia, che vuoi dire abbrustolire, ne derivi il nome di Svezia, credendosi ciò derivato dal costume d'abbruciare i boschi, benché in oggi sia in alcuni luoghi proibito l'abbruciare; ma in quella vece lasciano gl'alberi a pianta e tengono sotto netto facendo cascare i rami piccoli e le foglie, per ingrassare il terreno e per far migliori ricolte, nella forma appunto che ancora in altri paesi si pratica.

Non serve però la loro ricolta a tutto il bisogno del Regno, benché per altro il grano e l'avena che ne cavano sia buona, e alle volte suppliscono la Livonia e la Schonia senza cavar fuori il danaro. Si lamenta bensì in tal caso la Livonia che le venga pagato in tanto ferro e rame, quando ne potrebbe cavare contante spacciandolo ad altri che ne hanno molto bisogno. Quando poi non bastano nemmeno le biade di quelle due province, e che è carestia, i più facultosi de' luoghi particolari ed i mercanti metton fuori il danaro e, distribuendo a' contadini da vivere a credenza, si pagano poi con quel che possono: tanto più che i contadini che lavorano i beni de' gentiluomini non sono mezzaioli, come in molt'altre parti, ma, dandosegli a lavorare verbigrazia un podere, gli s'assegna in proprio una tal parte di terra, tanta che il suo frutto possa servire al suo mantenimento, riservandosi i padroni anco sopra quella piccola tenuta una ricognizione di qualche frutto, ed il farsi condurre gratis le grasce proprie, dentro però la sola provincia dove sono tali beni. Ed insomma, sì come non devono dividere le ricolte, avendo quelle terre in proprio assegnate loro per vivere, così non sono anche obbligati a lavorare continovamente sul podere de' padroni, ma tanti giorni dell'anno per famiglia, parte colla persona propria e parte con i cavalli, ed <il lavoro> è distribuito in guisa che i poderi vengono lavorati a' lor tempi. Ma perché quello della battitura non è così regolato, e per scarsezza di sole riesce lungo, e bisogna differirlo a ottobre e novembre, perciò gl'economi di Svezia hanno cominciato a praticar quello che si costuma in Finlandia, che per abbreviarlo fabbricano certi edifici che chiamano Rie27, le quali sono con un passaggio nel mezzo libero, e dall'una e dall'altra parte sono due stufe alte e sfogate, acciò le faville vadano su e si spenganodian fuoco al grano, che in covoni mettesi quivi a seccare a cavalcioni a certe pertiche.

Nel tempo che mi son trattenuto in Svezia ho osservato alcune piante o frutte, le quali mi è parso che abbiano qualche cosa di particolare, e di non l'aver vedute in altri luoghi. Una è che sugl'alberi detti sapini, che sono una specie d'abeti, nascono talvolta sulle cime più alte certi talli che, invece di gettare le foglie dalle parti, si stiacciano, e di tondi che sono crescono a foggia d'una lama di coltello, la quale non s'assottiglia colla punta ma termina con diversi ghiribizzi di rami e di messe diversamente attortigliate: e le foglie pare che, invece di nascer loro solamente erette per i soliti andari, nascano per tutta la lama e restino a quelli come incollate addosso, salvo l'ultima estremità di esse che, sollevandosi un poco dal piano dove tutte giacciono, renda la superficie d'esse alquanto scabrosa e disuguale. Uno di questi bizzarrissimo è nell'armeria del contestabile nella sua villa di Skokloster.

Famosa è un'erba di cui i Finlandesi si servono per veleno, ed avendone io cercato mi è stata data una specie di musco che fa sulle scorze di alberi, d'odore aromatico, e l'ho fra l'altre cose che presi: e questo che viene è di Dalarne. Nasce sui sapini, è assai lungo, fa cespo, e nel mezzo ha un fiocco di sustanza più tenue, ed è fìlinoso, simile al crin di cavallo bollito e arricciato, e di color berrettino scuro. Il musco l'inverno è verde chiaro, ed i contadini se ne servono per avvelenare i lupi, venendo supposto che sia la stessa cosa con cui in Finlandia avvelenavano gl'uomini.

Vi sono il Tromber, Lingone, Hudone, Heckber, che sono quattro specie differenti, dirò così, di prunella, della specie dell'uva spina, del ribes e d'altri simil frutti di pruni o arboscelli spinosi: di tutti se ne mangia, particolarmente per la gente bassa, che li considera come uno stravizio della primavera o dell'estate. Il Tromber ed il Lingone sono più stimati degl'altri; e del primo gl'orsi ne sono golosissimi. Egl'è certo che ci nasce sotto la neve e spunta dal terreno, attaccato a un solo sottilissimo gambo, come quello del fiore della caccia, della grossezza del qual fiore appresso a poco è la sua coccola o il suo granello che dir vogliamo. Ne' luoghi dove fa, che sono infiniti e particolarmente ne' boschi, si trova il terreno gremito di questo frutto, al tempo che la neve si strugge, ed ogni pianta del quale è da per sé, e consiste tutto il suo arredo nel suo granello in cima, di color di granato e d'un sapore tra il brusco e l'austero. Nondimeno è la sua polpa molto acquosa e grata al palato, ed ha questo di particolare, che colto e lasciato ammontato in una paniera o in un vaso, si mantiene senza corrompersi e senza aggrinzirsi e senza appassire. L'austerità del suo sugo, sì come è verisimilmente quella che l'assicura dal corrompersi, così fa ancora che le mosche non vi si gettino. Se ne fa talvolta del vino, come facciamo noi delle melagrane ed in Inghilterra delle mele e del ribes. Il Lingone è men brusco: di questo ancora tutti i boschi son pieni. Questa pianta ha le foglie per appunto come il bossolo, e per tale si piglierebbe se, oltre al produr frutto, non si estendesse un poco più fuori del terreno: ed ho detto estendere, perché va facendo giusto come la vite sopra la terra se non è sostenuta. Il suo granello è pieno come quello dell'uva e sgretola fra' denti. Sebbene i suddetti grani si conservano da per loro stessi, in ogni modo, per conservargli da un anno all'altro si suol far conserva del lor proprio sugo, nella quale stanno quelli che si vogliono conservare interi: e quando si cavano, o per mangiarli crudi o per scilopparli, si trovano così freschi, così pieni e così saldi come se allora si cogliessero dalla pianta. Dell'Hudone e dell'Heckber si fa minor conto.

 

 

 

<Natura degli abitanti>

 

Parlatosi della natura del suolo di Svezia, è necessario il dire qualcosa del temperamento ed abilità degli Svezzesi: e perché molto ha contribuito a levargli quella loro naturale rozzezza l'applicazione agli studi, è da sapersi che quattro son gli studi pubblici o, per dir meglio, università in questo Regno, e sono Upsalia, Lund nella provincia di Schonia, Abó in Finlandia, e Dorpat.

La prima e più principale, e della quale solo parlerò, è Upsalia, cominciata sotto Steno Sture, dal quale ebbe i suoi primi privilegi che dicono esser gli stessi aùti allora dalla città di Bologna. Non erano in quel tempo se non quattro soli professori, e leggevano in due scuole, che ancora si vedono in piedi dove chiamano auditorio iuridico. Lo Schefferio pretende d'aver prove che anco un centinaio d'anni avanti al detto Steno si facesse in Upsalia una particolar professione di lettere. Certo però è che solo allora ebbe la prima forma d'università, accresciuta poi finalmente sotto Gustavo Vasa, Carlo nono e Gustavo Adolfo, che, smembrato 300 e più contadini da' suoi beni patrimoniali, ne stabilì il fondo dell'università mantenendovi 24 professori, che tanti sono al presente.

Erano allora le provvisioni disuguali, ma la regina Cristina le ridusse tutte a 600 talleri d'argento, cioè 400 patacconi soli di contanti, e più un fondo di terra da potervisi ritirare i professori, di rendita intorno a 100 altri talleri d'argento: e tra questi ed altri incerti che non possono mancare, un professore averà 1.000 talleri l'anno. Ai teologi in cambio della villa sono assegnate chiese di campagna nelle vicinanze d'Upsalia, d'una rendita equivalente. I professori straordinari possono godere la dignità del rettorato, e questa va in giro, durando sei mesi. Ogni scolare che vien di nuovo uno scudo al rettore, ed i nobili trattandosi alla grande ne danno 20 o 80, ed alle volte maggior somma. L'addottorarsi a tutti costa la stessa spesa, la quale arriva a 150 talleri, che si repartiscono tra i professori. I decani delle facultà <di> teologia, legge, medicina e filosofia hanno di più qualche straordinario, e quelli della filosofia hanno anche qualche cosa di più, ma hanno l'incumbenza della deposizione. La deposizione è una spezie di spupilla, in cui il depositore si mette in abito ridicolo alla presenza degli scolari in una sala, dinanzi al quale postosi il novizio in ginocchioni, gl'è dato dal medesimo depositore de' colpi, e impostogli di lasciare tutti i costumi fanciulleschi e gli usi che s'apprendono nelle scuole inferiori.

Il concistoro, dove si trattano le materie spettanti all'università, si compone di tutti i professori e vi presiedono il gran cancelliere, l'arcivescovo e 'l rettore. Oltre di questo ci sono le camere delle facultà, ove si tratta ciò che riguarda la facultà in particolare, alle quali presiedono i decani. Il numero degli scolari (che sono insolenti a misura del temperamento gotico) sei anni sono erano 1.500; ma ora fanno assai quando arrivano a 800, e assaissimo quando arrivano a 1.000. Si legge da' dottori tutto l'anno, fuori che ne' giorni canicolari, per Natale, per Pasqua e per la Pentecoste, a' quali tempi hanno otto giorni di vacanza: leggono il lunedì, martedì, giovedì e venerdì, e fra mattino e giorno le lezioni durano sette ore; se qualcheduno vuol lezioni particolari bisogna che le paghi del proprio. Il mercoledì ed il sabato si fanno in ciascuna facultà le dispute, e chi sostiene stampa la materia che vuol sostenere in libretti, come facciamo noi: sostiene tre ore la mattina e tre la sera. I primi ad argomentare sono i professori della propria facultà, e di poi chiunque vuole. I vasi delle scuole sono quattro, dove a tutte l'ore e nel medesimo tempo si fanno le lezioni, cioè due nell'auditorio antico e due nel gustaviano, così detto da Gustavo che lo fondò.

L'università è dirimpetto la cattedrale, fabbrica ordinaria ma ragionevole: quivi sono le camere delle facultà e la residenza del concistoro, che è assai onorevole, con banchi intorno coperti di scarlatto ed in testa un baldacchino di velluto rosso. Vi è una stanza nuova destinata per archivio di tutte le scritture pubbliche del Regno, state finora sparse in vari luoghi e nelle mani di diversi particolari, ciascheduno de' quali ha ordine di consegnarle: queste sono bolle e lettere di papi e principi, concessioni di privilegi ed insomma tutto quello di cui può tornar utile il conservarsene la memoria per qualsivoglia capo. Ne ha la direzione un collegio che si chiama d'antichità, composto di due professori, un segretario ed alcuni assessori. E questo è stato pensiero del cancelliere vivente.

Nella medesima fabbrica vi è il tinello dove mangiano mattina e sera 60 scolari poveri, i luoghi de' quali il re, sì come il danaro per mantenersi ad altri 60 per cinque anni in circa: e questo gl'è dato anno per anno e con avvertenza che lo spendano nell'uso destinato, tal che gli scolari mantenuti dal re a spese dell'università, o vogliamo dire della casa di Vasa, sono 120.

I nobili o stanno in casa i professori o tengono case in proprio: gl'altri stanno dove possono e come si pratica negl'altri luoghi.

Vi è il teatro per l'anotomie, che è una fabbrica in aria fatta di tavole a foggia di cupola sul tetto dell'università, con due ordini andanti di vetri; inoltre una stamperia, benché cattivissima, ed una libreria che non è gran cosa, consistente in tre piccole camere, dove dalla magnificenza del cancelliere è stato posto il testo d'Upsalia detto il «Codice argenteo», del IV secolo incirca, tradotto in lingua gotica da un loro vescovo, in membrana pavonazza, riccamente legato in argento con bassirilievi: si conserva in una cassetta d'ebano. Egli lo comprò in Olanda <a> 600 patacconi d'oro, ed insieme con altri manoscritti, de' quali va attorno un catalogo stampato, lo donò a questa libreria. Vi hanno i quattro Vangeli e divers'altre cose.

Vi è finalmente il maneggio: il cavallerizzo ha 600 talleri l'anno di provvisione, di più le mesate degli scolari. La cavallerizza v'era anche per l'addietro, ma non con questo lustro, promossa anche questa dalla generosità del gran cancelliere, il quale quattro anni sono donò 24 cavalli.

Oltre tutto ciò vi è il palazzo del re, con la camera de' ritratti di Praga e un giardin di semplici donati all'università da Rudbech, il quale è medico di professione ma erudito in ogn'altra scienza, sì nelle meccaniche come nelle storie. Questo va componendo un libro e lo ha ridotto a buon termine: l'ha prima scritto in svezzese ed ora lo traduce in latino; con il quale mi dicono che intenda provare chiaramente la Scandinavia essere stata la prima terra abitata dopo la divisione che fecero i figliuoli di Noè, e dalla medesima esser uscite tutte le altre nazioni. Fa venire i Galli o Franzesi dal mezzo della Lapponia, ove trova un fiume che si chiama Gallus, e vuole che la legge Salica sia stata fatta a Upsalia ovvero a Salberg, perché sono situati sul fiume Sala. Pretende mostrare con evidenza che il tempio di Giano posto in Roma sia stato fatto sul modello di quel del vecchio tempio d'Upsalia, non ve n'essendo in tutto il mondo due che si somiglino quanto questi. Egli trova nella lingua gotica, o svezzese che dir vogliamo, l'etimologia di tutti i nomi delli dei della Grecia, cosa che non potè fare, per confessione di lui medesimo, Platone nella stessa lingua greca. Infine pretende che i viaggi d'Ulisse, d'Enea e degli stessi Argonauti sieno stati fatti nel mar Baltico, ponendo la Sibilla Cumea sul golfo gotico e le colonne d'Ercole allo stretto del Sundt.

Se sia per riuscir questo libro mi rimetto alla cieca venerazione d'un uomo tanto stimato e dotto: ma non lascio di riflettere separatamente da questo, quanto gli Svezzesi in generale sieno facili a credere, e forse più de' Tedeschi; testimonio ne può essere l'opinione che vi corre delle tante stregonerie che in quelle parti si facciano, onde a questo conto abbruciano senza discrezione uomini e donne, ed in particolare le vecchie e le più brutte. Mai si discorre d'altro che delle stregonerie delle province settentrionali, come di Norvegia, <di> Dalarne e della Lapponia, l'ultime delle quali sono descritte distintamente dallo Schefferio.

Ultimamente il re ha mandato il sig. Rosenane per osservare su che fondamento la giustizia proceda a gastigare, ed egli, come uomo di maggiore avvedimento e destrezza degl'altri, ha trovato precipitarsi l'esecuzion sopra indizii leggerissimi; con tutto ciò, l'abito dell'antica superstiziosa credulità ha ottenuto da lui più che non sarebbe convenuto. Insomma tutto si riduce ad accuse che fanno i ragazzi, i quali dicono che la notte sono condotti al Sabat, che è il luogo dove dicono radunarsi le streghe, e quivi essere due fazioni, una d'angioli bianchi l'altra d'angioli neri, appresso delle quali condursi molta gente, che dependendo da loro gli fanno la corte. Vengono, come essi dicono, trasportati in questo luogo non con il corpo ma con la mente, la quale, secondo il lor grosso modo d'intendere, è cavata per forza d'incanti da' loro corpi addormentati e condotta in detto luogo: poiché, avendo il detto sig. Rosenane messe guardie a' letti di detti ragazzi ed alle porte delle vecchie denunziate, si è assicurato che queste e quelli dormono la notte ne' loro letti; e ciò nonostante raccontano la mattina i ragazzi di aver fatto la solita estatica peregrinazione. Dicono che, condotti i ragazzi nel Sabat, vengono consigliati di confessare che sono in detto luogo, e pregati d'aderire agl'uomini neri, con essergli insegnate le devozioni, come il Credo e i Dieci Comandamenti d'Iddio; quivi gl'angioli bianchi hanno le lor camere a man dritta, delle quali il pavimento, le mura e 'l palco sono pure bianchi. Dicono comparirvi Iddio in una lunga vesta foderata di tela d'oro, e con una piccola barba bigia, che faccia venire a sé quei ragazzi e li chiami suoi bambini; che questi angioli facciano cascare il cibo di mano a' ragazzi a fine che non ne mangino, mentre stanno ritti avanti il pulpito quando si predica; che i medesimi abbiano del vino dolce per darlo a quelli che vanno alle lor camere, ma che la bevanda che hanno nella gran sala del banchetto non le paia buona, e che piangano fortemente quando si veggono mangiare in detta sala, ed abbiano sempre pronte le pezzuole per rasciugarsi, e che sospirando promettano gran gloria a quei ragazzi se vorranno ridire quello che veggono; che tanto per Natale quanto per l'altra Pasqua cantano sempre salmi, e benedicono la Madonna e 'l nome di Gesù. Dicono avere quasi tutti l'abito di tela, del quale il giubbone è corto e gli calzoni medesimamente corti e stretti: alcuni avere delle toghe lunghe e bianche, ed il berretto bianco con un orlo nero, avere gl'artigli o unghie grandi tanto agli piedi quanto alle mani, essere pelosi intorno alle ginocchia, ed alcuni avere l'ali e volare all'intorno.

Dentro Soderham ed i luoghi circonvicini non si discorre d'altro che di quello che si fa nella camera bianca, credendo di meritare in tal modo appresso gl'angeli d'Iddio. Vi fu però un borgomastro una volta, che mostrò di non aver paura di loro, poiché ad una brigata di ragazzi, i quali dicevano venir da lui d'ordine degli angioli per denunziargli che non vendesse il tabacco così caro, rispose che andassero al diavolo: perché lo vendeva il giusto prezzo, che non errava in questo, e che sapeva benissimo esser loro mandati da' lor parenti, che ne compravano assaissimo. Ma le donne di Soderham non furono sì accorte, perché, quando ricevettero il comandamento degl'angioli, che dovessero abbrucciare le loro berrette nuove, esse furono tanto buone che le buttarono su 'l fuoco.

Nella camera nera raccontano che vi si trovano molti di quelli che sono morti da pochi anni in qua: che si veggono molti nel Caldano, il quale è nella sala del banchetto ed arde con una fiamma turchina, pretendendosi quivi d'aver trovato il purgatorio e l'inferno. Per mantenere il popolo in fede e devozione degl'angioli, hanno da poco tempo in qua fatto credere a molta gente che un ragazzo della parrocchia di Norale abbia vomitato un serpente, che egli aveva inghiottito nel Sabat in pena d'aver mangiato di quello che gl'angioli neri gl'avevano dato, contro la proibizione de' bianchi: e l'ha reso, perché ha promesso d'esser loro obbediente per l'avvenire. Hanno anche dato ad intendere che un altro ragazzo, senza prima avere imparato neppure a leggere, si sia trovato, in virtù degl'angioli bianchi, sapere in un tratto tutto il catechismo a mente, e che quando era interrogato dove e da chi aveva imparato, rispondeva: «Dagl'angioli bianchi, nella lor camera».

Queste sono alcune di quelle cose che vanno dicendo per accreditare la loro superstizione. Del resto, esaminato se ad alcuno sia stato fatto del danno, o ne' corpi teneri de' propri figliuoli e ne' bestiami, non s'è trovato in quest'ultima perquisizione chi abbia aùto ardire d'affermarlo; nemmeno si trova presentemente fra essi chi dica esservi persone capaci di suscitar tempeste, di rovinare i frutti della terra colle gragniuole, e simili cose. Or qui non saprei decidere se eglino credano veramente le cose già dette, oppure se ciò si deve imputare alla malignità di coloro che, per accusare i loro nemici, si vagliano del deposto de' propri figliuoli, giacché è in arbitrio d'ognuno per questa via di far condannare al fuoco qualunque persona. Di ciò si può sospettare, mentre si sa che quante più streghe e stregoni s'abbruciano tante più se ne trovano, e può essere che si dia animo a far nuove vendette colla facilità del gastigo. Onde è verisimile che il modo di stirpare le stregherie e torre affatto il credito al mestiere sarebbe il non gastigare i delinquenti; ed invero egl'è così accreditato nelle parti più settentrionali, che nella Norvegia, più verso il polo, i figliuoli spartiscono con maggiore avidità e premura il magico equipaggio del padre morto che il rimanente degl'altri beni.

Fra gl'altri effetti che ascrivono a causa soprannaturale è quello del Gan. Questa è un'imprecazione, dopo la quale dicono che si senta venire come una sassata in una gamba o in altra parte del corpo, senza che si veggasassocolpo: quivi entra a poco a poco la cancrena e se ne muore; non arrivando ad immaginarsi che possa essere un male proprio del paese, il quale cagioni quell'accidente, sì come si osserva in altri paesi esservi varie proprie disposizioni.

E tanto potrebbe bastare per concludere quanto gli Svezzesi siano creduli. Con tutto ciò non voglio tralasciare un'altra piccola cosa dalla quale il medesimo si può dedurre. Nella Finlandia si trova una spezie di scuoiattoli, i quali sono di tale agilità che saltano da un albero all'altro assai distante, per quanto mi è stato riferito: la grandezza loro è simile a quella de' nostri. Hanno la pelle bigia argentata, e la differenza da' nostri è nella coda e nelle gambe: quella è più corta, col pelo più folto e più basso, e nel mezzo è più grossa che nell'attaccatura e nell'estremità; le gambe sono piccolissime, come quelle de' ghiri, e quelle di davanti sono come inguainate nella pelle del corpo, dalla quale scappa fuori solamente il piede. Ciò che hanno di più notabile è un certo risalto, per così dire, cartillaginoso, dall'una e dall'altra parte del petto, lungo la fodera che abbiamo detto fare la pelle all'osso dello stinco, la quale riveste anche il detto risalto, sì come ricuopre tutto il resto del corpo dell'animale; di figura è bislungo, né più largo di un dito mignolo e anche meno; e secondo che, per quel che si può conghietturare, vi è un muscolo per via del quale possono abbassarlo ed alzarlo, di qui è che lo chiamano ali, e dicono che col benefizio di esse lo scuoiattolo vola. Io non l'ho veduto se non morto: crederei bene il loro volare non esser altro che il saltare che fanno; ed atteso che non veggono forse altro animale che faccia lo stesso, l'attribuiscono, con la lor solita facilità di credere, al volare mediante le suddette cartilagini, onde le chiamano ali. Vi è di più da osservare che queste sono in luogo dove non si può fare alcun equilibrio dell'animale, e che sono di una grandezza che non ha alcuna proporzione col corpo che doverebbe essere sostenuto.

Oltre all'esser creduli sono gravi, sospettosi ed altieri, e senza segreto, pigri e tardi al venire alla conclusione di quello che hanno da fare. Pretendono ricompensa d'ogni minima cosa, sto per dire anche d'una visita: sono ingrati, onde non si può pretender da loro un servizio, quando sieno restati obbligati un mese fa, perché, scordati del passato, ne vogliono di nuovo ricompensa. Sono irresoluti, né da loro si sente mai una risposta categorica, fra la gente eziandio con politica, trasportati dal genio di far mistero d'ogni cosa: il che arriva a tal segno che vuolci un gran negoziato a fargli risolvere a andare a desinare con alcuno, eppure è certissimo che mostrano maggior senso, che in niun'altra cosa, nel mangiare e nel bere. Sono spenditori nelle fabbriche, nelle quali hanno consumato tutti i danari portati di fuora. Sono vani, a segno che, scoppiando de' cannoni presi nella guerra di Danimarca col nome di Federico e di Cristiano, gl'hanno fatti rifondere col medesimo nome e medesima arme, e sono arrivati a far rifondere la campana che conquistorno nel castello di Cronemburg. Nella pace di Roskild vollero mettere un articolo segreto, con esso il quale obbligorno il re di Danimarca a non addobbare le stanze con esso gl'arazzi ove sono alcune battaglie tocche dagli Svezzesi, la presa di Calmar, una delle città principali della provincia di Smolandia, e l'incendio di Scara, capitale della Vestrogotia.

Non è però che non si trovino in Svezia uomini di savio e discreto avvedimento, egualmente capaci nel negozio e nell'armi, ed insomma atti a governare, parendomi che da qualche tempo in qua con molta ragione sieno accreditati fra di noi per una nazione assai diversa da quelle che ne la figurano le storie e le tradizioni: poiché non si valutava una volta di questa nazione altro che un valore spinoso e salvatico, il quale alcun nesto non soffrendo di gentilezza, si odiava piuttosto e temeva, che si amasse e stimasse. In oggi non solamente son bravi e insieme gentili, temperamento che una volta non s'incontrava di da 50 gradi, ma vi se ne riconoscono de' garbati, degli spiritosi, de' dotti, de', quasi dissi, galantissimi: e vi è chi ha tal venerazione al lor governo politico, che poco manca che non invidino la lor prudenza e gli credano capaci di far col consiglio tutto o poco meno di quello che hanno saputo fare coll'armi. Questo concetto così avvantaggioso lo godono particolarmente appresso di noi Italiani e appresso de' Franzesi: forse di che credo che sia cagione, appresso però di questi, da una parte l'uniformità degl'interessi, che gli renda cari e stimati, e dall'altra la sicurezza e cognizione che hanno del vantaggio del loro temperamento sopra lo svezzese, gli lascia esser prodighi di quelle lodi e della dimostrazione di quella stima che non così facilmente vogliono accordare a qualche altra nazione. E di più gli considerano rivestiti d'una gloria che non hanno comprata a loro spese, e gli temono d'un timore remoto, che non influisce odio ma venerazione: tanto più che niuna fresca cicatrice gli fa sentire diversamente (gl'Alemanni però giudicano diversamente).

Ora, che che sia della verità e della falsità delle ragioni, concorro ancor io che in oggi la Svezia e gli Svezzesi siano molto diversi da quello che fu Valdemaro e Starkadero. Il fatto sta sul vedere se gl'uomini si son cambiati a proporzion di quello che si è mutato il paese. È però certo che si convengon loro tutte le lodi attribuite di sopra, quando si vogliono paragonare a' Danesi, adattandosi molto bene quello che qua dicono gli Svezzesi: cioè che Dio, creando il mondo, fatta la Danimarca, stracco dalla gran fatica, ordinasse al diavolo che si scapricciasse ancor egli in fare un paese a suo modo e suo favorito, ond'egli fece la Svezia, della quale ridendosi Iddio disse che non voleva disfare il fatto ma, per ridurre le cose ad uguaglianza, si risolvè di fare egli gl'uomini alla Svezia, e che 'l diavolo facesse quelli di Danimarca.

E a dire il vero, in questi due Regni è reciproca la differenza da uomo a uomo e da paese a paese. Questa differenza da uomini ad uomini, oltre quel che porta il naturale de' loro temperamenti, viene anche a farsi maggiore per essere in Danimarca la nobiltà pochissima, nella quale in 400 anni vogliono non esservisi aggregate nemmen due famiglie; è numerosissima in Svezia, dove per la continua aggregazione corre risico che succeda al re di Svezia, coll'aiuto della nobiltà nuova, ciò che al re di Danimarca arrivò coll'aiuto de' borgesi, i quali odiando la nobiltà gli servirono di strumento per farsi independente dagli stati e veramente sovrano: e 'l medesimo può succedere in Svezia, poiché la nobiltà nuova odiando l'antica, dalla quale sola per ordinario il numero de' senatori si costituisce, può facilmente accadere che i nobili nuovi uniti col re, dal quale più dependono, distruggano ed aboliscano l'autorità del senato liberando il re dal quel giogo. Ed è al presente tanto cresciuta la nobiltà nuova, che non pur bilancia l'autorità della vecchia ma quasi la soprafà: ed ogni giorno andrà più avanzandosi, come appunto segue in Inghilterra, essendosi ridotto quasi tutto quel poco danaro che si ritrova in Svezia nelle mani della nobiltà nuova, che son quasi tutti mercanti ed in gran parte forestieri naturalizzati; i quali, subito che arrivano a uno stato di 60 mila scudi, aspirano a esser fatti nobili, e lo conseguiscono, ricevendo dal re nuove armi e nuovi cognomi, che sono per lo più cognomi da romanzi e per così dire parlanti, che significano quel che portano nell'armi. Così son tutti «torrenti di gigli», «fiumi di corone», «torrenti di rose», «corone d'argento», «corone d'oro», «dell'unghia d'oro», «dello sparviere sull'elmo», «montagne di pomi», che ciò appunto voglion dire i cognomi «Lilistrom» «Cronstrom», «Rosenstrom», «Silvercrom», «Guldencrom», «Gripenhielm», «Appelberg» e simili.

Ora, perché costoro, <che> sebben son nobili, non per questo entrano così subito né alle cariche di corte né in quelle del Regno, rimangono in una vita frugale e lontana dal lusso, anzi continovano pur anche ad ingerirsi, o addirittura o sott'altri nomi, nel negozio, aumentando sempre più la loro ricchezza: di qui è che, a misura che la vecchia nobiltà affaticata dal lusso e dalla corruttela ha bisogno di ripigliar fiato, s'imparenta con essi i nobili nuovi, i quali a poco a poco per tal via, e con l'appoggio delle parentele potenti, si rendono capaci prima degl'impieghi dispendiosi, e poi per merito d'essi acquistano ragione d'essere in conseguenza ammessi ancora agl'utili; i quali essendo il principale sostentamento degl'antichi nobili, mettendosi a parte di essi anche i nuovi, è forza che quelli vengano meno e che cacciati dalla povertà si ritirino a mangiar le loro grasce a' propri beni, cedendo il posto a' plebei; essendo veramente notabilissima la differenza delle ricchezze tra gl'uni e gl'altri, giacché ricchissimi posson dirsi i nobili nuovi, per quanto comporta un paese nel quale non si può pretendere se non di vivere comodamente, senza superfluità, lasciando cumulare all'altre nazioni i danari.

Tra le case nuove adunque ve ne sono moltissime che hanno 70, 80, 100, 120 e fino a 150 mila scudi di fondo. Ma fra la nobiltà primaria, eccettuato il Richdrost, il Nils Brahe, i due fratelli Kureck, Giorgio e Gustavo, il senatore Rolamb, governator di Stockholm, il grand'ammiraglio, la sua moglie ed il gran maresciallo conte Stembock, i quali hanno qualche larghezza di danaro, e con vivere aggiustatamente conservano un'azienda limpida e regolata: eccettuando dunque questi, in tutta la corte fra nobili antichi non si troverà chi per un bisogno istantaneo abbia 50 ungheri in cassa, reggendosi per lo più sulla stima e venerazione che seguita ordinariamente l'antichità delle famiglie, tra le quali si considerano come del puro sangue svezzese, e come quelle che sono state grandi da 400 anni in qua, particolarmente le appresso: Brahe, Bielcke, Sparr, Bannier Lyenhuffut, Bonde, Boot, Soop, Stembock, Horn, Kagge, sebbene questa non è stata in governo.

Il riscontro delle entrate della nobiltà si può avere facilmente dal reggimento di cavalleria della cornetta de' nobili, giacché per ogni 500 tonnelli di biada di rendita un nobile è obbligato a mantenere un uomo a cavallo, di modo che si calcula che 3.000 cavalli buttino 3 milioni di rendita, che si fa però conto che possano anche ascendere a 4, in 4 comprese le mercedi della regina Cristina, de' beni della corona. Il che non toglie che universalmente i nobili non abbiano una gran carestia di contanti, come si è detto di sopra, onde, avendo essi sempre gran bisogno de' mercanti, nasce da ciò che trattino con esso loro con maggior domestichezza di quello che per altro si converrebbe.

Altre volte vi sono stati diversi signori che amministravano sulle loro terre l'alta giustizia, in oggi si riducono a due soli: il Brahe nell'isola di Wisinburg, nel mezzo del lago Vetter, ed una famiglia d'un ramo di Sparr a Engsoi, isola del Meller, due leghe lontana dalla città di Westeros. Per altro ogni conte e barone fa giustizia nella sua contea e baronia: ma solo hanno jus del sangue i due suddetti, i quali mi pare ancora che per i due accennati luoghi siano esenti dalle contribuzioni.

Costumano in tutte le case i baldacchini, che collocano sopra le tavole, e questi in tempo di nozze si veggono nelle case eziandio de' borgesi, non vi essendo distinzione: sì che mi pare che si riduca piuttosto esser moda, che argomento di vanità e distinzione, facendo come quell'alemanno che, vedendo a Parigi un cavalier dell'ordine, mandò a chiamare un sarto perché gli facesse un ferraiolo con la stella d'argento, credendo che questa fosse la moda. Così in Svezia veggono il baldacchino in una casa <e> ognun l'alza in casa propria, passando per un mobile d'ornamento.

Del resto nella città non si veggono mai feste, mai spettacoli o radunanze di popolo, se non per occasioni di nozze o di funerali, e un signore di qualità sono solennissimi. Se gli fa funerale alle volte tre o quattro anni dopo la sua morte: si espone il cadavere con lumi in una delle principali chiese, di dove è portato nella chiesa del palazzo in deposito, finché sia condotto a sotterrare alle sue terre. Nel condurlo adunque nella chiesa del palazzo è portato in una bara adorna con drappi d'oro, sotto il baldacchino: avanti gli precedono a coppia i ragazzi delle scuole senza lumi, a' quali assistono i maestri delle parti per rimettergli nel tuono del canto; avanti la bara sono portate le armi e le divise del defunto, e la spada se è soldato; appresso il cadavere viene il re, in carrozza a sei, insieme colla regina, in una carrozza ricchissima, che è quella che già fu donata dalla Francia: seguono poi le damigelle della regina, vestite di bianco, con un gran strascico. Se il morto è signore di straordinaria qualità, il re in tal caso va a piedi. Dietro a tutti vengono i parenti vestiti a bruno come nel disegno n. 2428.

Le nozze, che si solennizzano con gran pompa eziandio da' borgesi, consistono in andare alla chiesa a dar l'anello gli sposi, e con esso loro in fila a due a due tutti i parenti, precedendo a tutti lo sposo, avendo a man diritta il prete, o per dir meglio il ministro, come nel disegno n. 1229. Alla sposa pongono una corona in testa, e mettendosi gli sposi in ginocchioni con le donne dalla parte dello sposo e gl'uomini da quella della sposa, reggono sopra ad ambedue un drappo nel tempo che il ministro fa la funzione di dar l'anello; e di poi, andando a mangiare, si pongono due tavole nella stessa camera, ponendosi gl'uomini in tavola distinta dalle donne, e quivi stanno bevendo e scherzando allegramente al concerto de' violoni che quivi assistono (e meglio si potrà riconoscere da' tre disegni numero 11, 13 e 14)30.

Fuori di simil congiunture non si sa quel che sia conversazione, fuori che col bicchiere alla mano: e questa per ordinario si fa con i parenti più stretti, perché ubriacandosi non vogliono parer quelli che sono, scorgendosi in loro sempre lo sforzato e l'attenzione di nascondersi.

L'estate si trattengon le dame giocando a due giochi di carte, Beste e Lanoverure; ma da poco è in costume anche il Perquier, gioco di tavole.

La regina sta per ordinario sola, non essendo costume che le dame frequentin la corte e comparendo da lei di rado anche quelle di suo servizio, e particolarmente quando si trova in campagna, mentre allora va, per così dire, a pigliar da sé le cuffie, e sempre si ritrova sola o per il giardino o per il parco.

In villa le dame e i cavalieri godono qualche maggior libertà che nelle città. Le occupazioni loro consistono nel levarsi l'estate alle dieci, e poi radunarsi in una sala per far un'ora di preghiere, ritirandosi dopo le dame a lavorare o leggere fino all'ora del desinare, nel quale consumano due ore; andando dopo dame e cavalieri alla rinfusa, con grandissima domestichezza, nel parco o nel giardino, sino a tanto che, unendosi colla compagnia, vanno tutti insieme su per i laghi in una barchetta, dove remano le fanciulle, servendo loro di qualche trattenimento una pesca assai comune ne' laghi, fatta con un edifizio chiamato Calzar del quale se ne vede qui il disegno n. <26>31. Talvolta per lor diporto costumano andare alle case de' contadini a mangiar della crema per lo più forte, oppure dell'oche salate o simili delizie.

Contribuisce, a mio credere, moltissimo a godere la campagna la comodità di andare da un luogo all'altro, non avendo forse in niun'altra cosa saputo riconoscere in Svezia attenzion maggiore che nel render comodo il viaggiare, non solo per i nobili e per la gente del paese ma eziandio per i passeggeri, che sempre trovano facilità di vetture e di posate, con un'ottima disposizione e regola: poiché le vetture si pigliano da' contadini destinati a tener la posta, e si paga un cavallo sei soldi di Francia per ogni lega, che val sei delle nostre miglia, e mancando i cavalli alle poste, son sempre provvisti da' contadini vicini, essendovi un tal ordine rigorosamente osservato. Ne' medesimi luoghi della posta vi si può anche alloggiare, trovandosi letti assai buoni, ma non già buone le vivande, consistenti in oche, in carne di porco o di vacca salata e fumata; si trovano però in alcuni luoghi dell'uova, del burro e del latte, bevendosi della birra detta ula in mastelletti di legno soppannati dentro di pece, la quale ula è grossa e nera e sa di fumo.

Il modo del viaggiar è civile, si fa sopra tregge di giunchi a quattro ruote, con due cavalli di fronte attaccati a quattro tirelle di legno, le quali tirelle e la sella sono come quelle del disegno n. 232, benché sia diverso il restante. Si costuma per la maggior parte di fare i viaggi d'inverno, per la comodità che rendono i fiumi ed i laghi diacciati di valersi delle slitte, facendone sul diaccio file di dieci e quindici, benché non sia ciò senza pericolo, perché è quasi inevitabile il morir di freddo a chi di notte s'addormenta nelle slitte; eppure per la brevità del giorno è necessario far la maggior parte del viaggio di notte, nel quale tempo quelli che s'addormentano cominciano per ordinario a sentire un certo dolore nel filo delle reni, al quale succedendo torpore di membri e di sensi, si muoiono. Oltre questo se ne corre un altro considerabilissimo, ed è che alle volte rompendosi il diaccio resta affondata la slitta e 'l viandante: ed è così poco straordinario questo accidente che non arreca più né maravigliaterrore, né se ne fa più caso, onde gl'altri che lo seguono, senza altra diligenza che sfuggir la buca, tirano francamente innanzi il loro cammino.

Il tempo, nel quale con sicurezza si pratica il diaccio in Svezia, non è prima che intorno a Natale, durando quasi a tutto marzo. Da principio non è il diaccio più grosso di una spanna ed è sicuro, dove l'aprile, che è alto due braccia, è molto fallace, avendo cominciato già a far pelo in più luoghi. In Danimarca pure è grossissimo, benché sempre pericoloso: e di qui nasce il proverbio in Svezia, che d'aprile tutto il diaccio è danese, alludendo al carattere della nazione, tenuta da loro falsa e di poca fede.

Non vi è senza dubbio paese alcuno nel quale i passeggeri trovano maggiori comodità che in Svezia, per quel che riguarda alla notizia e del cammino e de' luoghi che hanno passati o che devon passare: poiché in molte province sono notati sopra le strade fino a' quarti delle leghe, il che praticano in differenti modi. In Schonen ed in Halland pongono in terra alcuni pietroni alti quattro e più braccia, ove è intagliata la cifra del re sotto la corona, e di poi il contrassegno della lega, della mezza lega e del quarto. Ne' paesi più salvatichi, come in Smoland e simili, invece di pietre mettono travi rincalzate da un muricciolo quadro, e nelle più civili sono ridotte a piramidi o a colonne dorate e dipinte. Per denotare lega intera, invece d'una pietra e d'un legno ne pongono due, per mezzo de' quali passa il viandante. In Ostrogotia fanno lo stesso, con questo: che sono alte sette o otto braccia, ed in cima vi fanno gli oriuoli a sole, che in Svezia si veggono in ogni capanna, perché ogni contadino li sa fare.

Ne' luoghi ove si mutano i cavalli, nelle province più civili, vi è sotto l'insegna il prezzo di quanto si ha da pagare la vettura di quivi all'altra posta, la misura della strada sino a quarti delle leghe, e non solo per la strada maestra ma per diversi luoghi che sono quivi vicini; dall'altra parte dell'insegna vi sono le misure, nella stessa forma, dell'altro cammino.

Questo è tutto quello che m'è riuscito d'osservare nel breve tempo che mi son trattenuto in Svezia intorno al governo e stato universale di detto Regno, alla corte, alle cinque prime cariche e magistrati, commercio, miniere, fertilità del suolo e natura degli abitanti; ora mi pare che mi resti se non accennare qualche cosa, come promesso sul principio, delle persone e casa reale, e di quelle de' senatori, o d'altri che ho creduto o potuto più particolarmente investigare.

 

 

 





27 Ria, edifizio da seccare il grano.



28 T. 24.



29 T. 12.



30 T. 11, 13 e 14.



31 T. 26.



32 T. 2.



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