Giulio Piccini (alias Jarro)
La principessa

PARTE SECONDA.

VI.

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VI.

 

Roberto non uscì il giorno appresso dalla sua prigione.

Il soprintendente non lo cercò; capiva com'egli dovesse desiderare di rimaner solo, immerso nel suo dolore.

I prigionieri lavoravano; e poteano disporre d'una piccola parte de' loro guadagni.

Un secondino avea facoltà di vender loro vino e acquavite: ma soltanto in una certa misura.

Verso sera, mentre Roberto era disteso sul letto, accasciato nella sua afflizione, sentì cigolare la chiave nella porta della prigione; entrò il secondino che vendeva l'acquavite.

Non era il solito secondino.

Era un uomo più attempato e di aspetto più gaio.

- Numero.... numero.... - egli cominciò a cincischiare, appena entrato - numero Trentanove!

A quella voce Roberto si scosse.

Il secondino s'avvicinava al letto e avea posato la candela sul tavolino, che v'era accanto: s'inchinava verso il prigioniero.

- Ah! - esclamò. - Si stropicciò gli occhi e tornò a guardare; temeva che forse il vino, o l'acquavite, tracannati nella calda giornata, gli facessero un brutto scherzo.

- Domenico: il giardiniere di Mondrone! - mormorò Roberto.

L'altro rabbrividì.

Teneva da una mano un paniere con bicchieri e bottiglie. Senza deporre il paniere, disse:

- Chi sei?... Sei qualcuno che ho molto conosciuto.... I tuoi occhi.... Ma il resto della fisonomia non corrisponde.... Chi, fra le persone da me conosciute, può trovarsi in un ergastolo?...

Pensò e ripensò: stette un po'titubante: quindi, facendosi molto vicino a Roberto, e posando sulla tavola il paniere:

- Dagli occhi, - mormorò, - e da quello che io mi ricordo direi tu fossi Roberto....

- Sono io.... Roberto.... Jannacone!

- Roberto... l'assassino! - come ti chiamano nel paese.

- Ah, sì! - rispose Roberto, tremando. Egli avea avuto un gran colpo, le parole di Domenico gli aveano ricordato troppo bruscamente quanto egli fosse caduto nel concetto universale.

- Ma come ti sei cambiato! - aggiungeva Domenico. - È impossibile di riconoscerti.... Appena, appena ne' tuoi occhi...

Roberto mise subito da parte questa idea; che, nel caso di una fuga, avrebbe dovuto procurarsi un paio d'occhiali per non essere ravvisato.

- Beviamo, già che ci siamo incontrati.... Mi hai dato tu tante volte da bere.... Beviamo e ricordiamo i tempi passati.

- Ma tu mi credi reo?... Vuoi bere con un assassino?

- Io credo che sia un'ingiustizia l'aver condannato a una penalunga un uomo ammodo, che avea fatto fare un tuffo a uno zerbinotto insolente....

Roberto capì che anche Domenico lo teneva per reo.

Gli sembrò inutile confutarlo: il tempo stringeva: e voleva muovergli qualche altra domanda.

Fece sembiante di bere il bicchierino d'acquavite, offertogli da Domenico, ma, veramente, costui tracannò, un dopo l'altro, i due bicchierini, che avea posto sulla tavola.

- Come mai ti trovi, qui, in Calabria?

- Licenziato dal servizio del duca di Mondrone, venni qui per consiglio di Cristina, la cameriera della duchessa Enrica.... Aveva mutato tanti padroni: si sparlava di me.... gl'invidiosi, per screditarmi, han sempre mormorato ch'io sono un bevitore.... e Cristina mi diceva: è meglio che tu ti allontani. Aveva ragione. Qui in Calabria mi accadde il solito. Mutai, in varii anni, parecchi padroni; e, a poco a poco, sono arrivato qui....

Si versò un altro bicchierino.

- Come si stava bene a Mondrone, ve ne ricordate?

A Roberto batteva il cuore con veemenza.

- Quanti cambiamenti sono avvenuti.... Il duca è morto.... La sua figlia Enrica ha sposato il principe Gorreso di Caprenne.... E abita Napoli.... Si parla molto di lei....

- In qual modo?

- Anche qui in Calabria è voce popolare che essa sia l'amica del Re.... Si discorre continuamente del suo lusso, de' suoi sfoggi, delle sue feste.... È certo la donna più famosa di Napoli.... e si può dir la più bella....

- E il marito?

- Uno de' primi signori di Napoli: ma.... uomo poco scrupoloso.... Perchè la moglie fosse più libera alla Corte, ha accettato un'ambasciata, altri favori dal Sovrano.... Si fa pagare la bellezza della moglie, dicono, e se ne sta per anni lontano da casa sua. In Napoli tutti si beffano di lui.... specialmente i suoi antichi amici della nobiltà: alcuni lo giudicano un uomo a dirittura infame.... La principessa mena vita da sovrana: si sa che il suo patrimonio è rovinato: è facile indovinare donde attinga i mezzi per condur quella vita.... Si tratta di splendidezze inarrivabili....

Roberto non potea starsi dal far un confronto tra le sorti, sì differenti, toccate a lui e ad Enrica; dal paragonare alle splendidezze in cui essa viveva, le squallide mura, il duro letticello della sua prigione, ov'era ormai rassegnato a trascorrer tutta la vita.

- Ed Enrica ha avuto figli? - chiese Roberto, movendo tale domanda per semplice curiosità.

L'altro, che ogni tanto si accostava alle labbra il suo liquore prediletto, non rilevò la familiarità con cui Roberto avea pronunziato il nome della principessa. E, tutto acceso in volto, gli occhi lustri, continuò:

- Se ha avuto.... figli?...

Poi rimase a mezz'aria, come se il resto della frase gli facesse groppo alla gola e non gli volesse ad ogni costo uscir fuori.

- Perchè cotesto mistero?... - domandò Roberto un po' imbarazzato.

- Oh, un mistero, sì, un segreto: ma un segreto, che si confidi a me, non mi sfugge e non mi sfuggirà mai!

- Non t'intendo, - proseguì Roberto che si faceva sempre più attento.

Egli sapeva che Domenico era stato licenziato dal servizio del duca, da molti anni; qual poteva essere il segreto a lui confidato?

Una viva inquietudine s'impadronì di lui, gli entrò in cuore uno strano presentimento.

- Basta: io ti lascio! - disse Domenico, - mi sento cascare dal sonno: e ho da far visita ancora ad altri due prigionieri....

- No, no, beviamo insieme un po' di questa bottiglia, prima che tu mi lasci.

E Roberto, affannato da un pensiero, sebbene in vista ilare e distratto, toccava una bottiglia, sin allora rimasta in disparte.

- Beviamo pure! - rispose Domenico.

E i due amici propinarono.

Roberto però avea gittato soltanto una goccia del liquore nel suo bicchiere.

- Oh, davvero, - ripigliò Domenico, mentre Roberto si torturava per cercar con quale astuto espediente l'avrebbe potuto indurre a scioglier di nuovo la sua parlantina. - S'io volessi, potrei ora, con un mio segreto, compromettere una gran signora....

Non si rammentava più d'aver pronunziato il nome di Enrica.

- Potrei far minaccia, ricavar danaro.... ma.... sono stato sempre onesto, onesto.... e quest'uomo sarà sempre onesto - proseguì, con la persistenza degli ubriachi, battendosi le palme aperte sul petto.

- Sì, tu fosti sempre la perla dei galantuomini, Domenico; sei il vero tipo del popolano meridionale: buono, gaio, servizievole, espansivo.... sebbene con me oggi tu abbia voluto dimostrare una diffidenza, che mi ha offeso.... Ti ho sempre stimato molto; e mi sono assicurato, nel tempo in cui vivevamo insieme, che coloro stessi, i quali t'accusavano d'intemperanza, d'essere un po' focoso, erano invidiosi, che non vedean di buon occhio il tuo disinteresse, la tua onestà, la tua capacità a fare, e bene, tutto ciò che volevi.

Il vanaglorioso andava in solluchero: Roberto l'aveva proprio toccato dove gli doleva.

- Hai ragione.... sono stato diffidente, e a torto.... Ma si tratta di un segreto, che avevo giurato a Cristina di non rivelare: e di cui non ho fatto motto a persona viva.... Con te perchè dovrei riguardarmi?... Pur troppo, rimarrai sempre chiuso in questa prigione: e il segreto, che io ti posso rivelare, morirà qui con te.... Nella tua condizione, lo capisco, tutto eccita la curiosità.... il non soddisfarla è spesso un tormento: e non voglio io aver aggiunto un tormento alle tante tue sofferenze....

- Dunque, la principessa ha avuto figli?...

- Sì, una figlia.... sedici anni fa!

- Che dici? - esclamò Roberto, stringendo convulsivamente un braccio a Domenico.

Egli ebbe paura, e fu per gridare.

Ma Roberto si rimise subito: e Domenico, imbroncito, senza proferir sillaba, si dette a raccoglier le bottiglie, i bicchieri nel suo paniere, risoluto a partire.

- Te ne supplico, - continuò Roberto, inginocchiandosi dinanzi a lui. - Tu vedi ch'io soffro; non mi lasciare così!

Roberto era pallidissimo; grosse goccie di sudore gli cadeano dalle tempie; le sue labbra, divenute sbiancate, tremavano in una contrazione, suscitata da vivo spasimo.

L'altro, ubriaco, s'inteneriva; e, vanarello com'era, s'inorgogliva di vedersi supplicato.

E poi credeva Roberto fosse l'unico essere, a cui egli potesse dir tutto, senza alcuna conseguenza.

- Sedici anni or sono - egli disse, alzando Roberto fra le sue braccia e spingendolo di nuovo verso il letto ov'egli si era subito appoggiato - proprio il giorno in cui si dovea festeggiare il ritorno del duca di Mondrone, Cristina mi disse.... Io adoravo Cristina.... Mi aveva concesso i suoi favori.... e non era donna facile....

Nella sua ansietà, Roberto non potè trattenere un impercettibile sorriso.

- Tu devi rendermi stasera un grande servizio.... ecco ciò che Cristina mi disse.... dovrai prendere una creaturina, nata da due giorni, e condurla in una casetta di montagna, ch'io t'indicherò.... troverai gente pronta a riceverla, appena avran letto una mia lettera: e vi avrà tutta l'assistenza.... Ma, bada, è un gran segreto: il segreto di una povera donna....

Quanto al segreto, ero sicuro di custodirlo! Ma quanto al resto.... Che povera donna! Non ci credeva davvero!... Una povera donna non ha i mezzi di ravviluppare un bambino in tele finissimo, in drappi di seta. Non può mandare un sacchetto di ducati alle persone, che raccolgono la creatura.... Indovinai subito di che si trattava.... La duchessina.... E, in quei giorni, era accasciata, malatissima; si alzò soltanto per poche ore, il giorno in cui tornò suo padre; poi si richiudeva nelle sue stanze!

Di tratto in tratto, un ruggito uscia dal petto di Roberto.

- Non so come si trovasselontano nel parco il giorno in cui tu fosti arrestato....

- Ah.... ah! - disse Roberto in tuono spaventevole.

Credeva che Enrica lo avesse vilipeso, ingannato, tradito, con perfidia, che sembrava superar le forze di una fanciulla: non si sarebbe mai indotto a credere che gli restasse ad apprendere di peggio: un inganno maggiore di tutti: e pure ne aveva la prova.

Ora sì che si pentiva della promessa fatta all'ingegnere Amoretti di lasciarlo fuggire. Non ne aveva egli lo stesso diritto? Non era anch'egli un padre, che non sapea quel che fosse della sua unica creatura? E un padre, più infelice dell'altro, poichè non avea mai conosciuto questa creatura, che gli era stata rubata?

Ora sì che il desiderio di vendetta riavvampava in lui: ora sì che il suo animo era spinto verso l'idea della fuga da due sentimenti gagliardissimi: odio e amore.

- Domenico, raccontami, per pietà, ciò che facesti.... Non so, da anni ed anni, non ho udito cosa che attirasse tanto il mio cuore. Non ti meravigliare della mia curiosità....

- La sera io partii in una carrozza, mentre nel parco andava innanzi la festa. Io guidavo.... Entro la carrozza era, in una specie di culla, accomodata la bambina....

- Era una bambina? - domandò Roberto, con accento di tenerezza ineffabile.

- Debbo dire che Cristina mi aveva raccomandato di non fermarmi ad osterie.... Mi fermai ad alcune osterie: ciò non potea far alcun male alla bambina. La carrozza era ben chiusa.... Quando la riaprii, per veder come stesse, la trovai morta!

- Oh, tu sia ringraziato! - esclamò Roberto, gettando le braccia al collo di Domenico.

- Ringraziato di che? - pensò Domenico. - È costui pazzo? Mi ringrazia perchè gli dico che è morta una bambina?

- E tu, naturalmente, raccontasti a Cristina che la bambina era morta? - domandò lentamente Roberto.

- Sicuro! - riprese l'altro senza esitare.

E, ripreso in mano il suo paniere:

- Fra due o tre giorni - disse - tornerò a farvi visita.... Il regolamento non permette l'acquavite ai prigionieri, se non due volte la settimana e in certa misura.... Voi, - soggiuse ridendo, e guardava le bottiglie, - oggi l'avete sorpassata!

- Addio, buon Domenico! - rispose Roberto, sorridendo forzatamente. E, rimasto solo nella stanza, si dette a saltare, a batter le mani, a divincolarsi come un ossesso. Dacchè era al mondo, non avea mai provato simile gioia. Sapeva di aver una figlia, sapeva ove essa era, chi gliel'aveva rubata: ne sapeva ben più di Cristina, di Domenico, della principessa.

Il lettore rammenterà che un uomo stava nascosto tra le rovine del casolare ove Marco Alboni, altrimenti detto Jacopo Scovatto, si era fermato a parlare col marchese di Trapani del ratto d'una bambina.

Quell'uomo, rannicchiato fra le rovine, era Roberto Jannacone!

 

 

 


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