Giulio Piccini (alias Jarro)
La principessa

PARTE SECONDA.

IX.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

IX.

 

Due giorni appresso, la mattina, di buonissim'ora, il marchese scriveva nella sua biblioteca.

Egli scriveva, come faceva una o due volte per settimana, alle sue ricche parenti.

In queste lettere menzognere parlava loro sempre del suo smisurato amore per Diana, delle nuove cure che sempre si dava per l'educazione di lei, dell'incontro che essa avea avuto, per la sua grazia, la sua bellezza, condotta da lui alla Corte e nel gran mondo.

Aggiungeva ch'egli vegliava su di lei a ogni istante: che la tenea lontana da ogni pericolo: tornava sempre a ripetere che la morte della moglie lo avea guarito da' suoi eccessi: ch'egli s'era ormai abituato a un tenore di vita serio, anzi austero, e se ne trovavalieto da provar rammarico di non averlo sempre seguito.

Le vecchie un po' credevano, un po' facean sembiante di credere: egoiste, non voleano da lui troppa molestia: amavano Diana, ch'egli avea recato loro più volte: e passavano lauti assegni.

Se Diana si maritasse, e posto che il marito andasse loro a genio, avean promesso dare ciascuna di esse un mezzo milione: ma ciò non garbava al marchese, poichè in tal guisa Diana gli sarebbe sfuggita, le sue rendite si sarebbero assottigliate.

Tenuta in casa, Diana dovea essere strumento della sua ambizione.

Mentre il marchese scriveva, Marco Alboni aprì l'uscio, al solito senza prima battere, e fece capolino tra la porta socchiusa.

- Si può? - disse, sogghignando.

Entrò in punta di piedi, con le mani incrociate sul petto, come quando assisteva, in apparenza tutto compunto, alle funzioni nelle chiese.

- È dunque vero - domandò - che tu dai, tra alcune settimane, una festa da ballo?

- Sì.

- E non mi dicevi nulla?

- Se tu mi avessi dato tempo, l'avresti saputo.

- Chi inviti?

- Tutta Napoli.... Gl'inviti saranno fatti a nome di Diana e mio: avremo qui tutte le amiche di Diana: il fiore della nostra aristocrazia.

- E che ci sarà di particolare nel tuo ballo?

- Sarà un ballo in maschera....

- Oh!

- Il Re ha voluto così.... Ma silenzio! Il Re passerà dalla scala segreta, entrerà ne' miei appartamenti e in quelli di Diana.... In quelli di Diana, sopra una tavola, si deve trovare un gran domino di nero con due grandi fiocchi cilestri e due maschere, pure di raso....

- E la principessa?

- Sarà qui necessariamente.... Non si può evitare d'invitarla.... Non verrà, se è malata: altrimenti la vedremo qui, in uno dei soliti abiti scollatissimi, a far pompa delle sue carni.... Se viene, assisterà al trionfo della rivale.... senza saperlo, poichè il Re non sarà riconosciuto. Egli confida ammaliare Diana in quella sera.... Essa cenerà con lui, in luogo riservato, appartato dalla festa, e l'avvertiremo che è col Re.... La fanciulla vede il sovrano di buonissimo grado, e se ne tiene quando egli le parla da solo a sola....

In fatti Diana avea nell'alto personaggio molta fiducia: si proponeva anzi aprirgli il suo animo perchè egli vincesse le resistenze del padre al matrimonio di lei col Venosa.

E il personaggio avrebbe non pur agevolato, ma voluto tal matrimonio: domandava per alcuni dolci preliminari.

- Sapete - osservava Marco, che or trattava con cerimonia, or con la più rozza familiarità il marchese - ciò che si dice della principessa in un cerchio molto intimo.... in quello della mia polizia segreta?

- Parla, parla, Marco.

- Quella Messalina è rovinata!

- Come?

- Il suo lusso, che ecclissa quello della sovrana, non è in relazione con la sua fortuna. Le sue prodigalità sono pazze.... la gente che la circonda e amministra i suoi beni, non ha idee pratiche, è nata per sterminar tutto; tale e quale come la signora, a cui serve.... V'ha di più: essa ha arrischiato somme fortissime in speculazioni.... Le ha dato credito l'influenza, che si supponeva ella esercitasse sul Re.... La magnifica tenuta di Mondrone è già tutta ipotecata.... e non basta a pagare i debiti della principessa. È sempre elegantissima, sempre allegra, continuano i suoi pranzi sfarzosissimi, le sue cene, i suoi splendidi ricevimenti, ma essa lotta fra immense strettezze. E pure è bello vedere una donna, nata per il piacere, una gran dama, combattere una sì gigantesca lotta finanziaria!... Ciò un'idea della fibra, della indomitezza di quella donna straordinaria.... Ma ci debbon esser momenti, allorchè nella solitudine si cava la maschera della socievolezza, di gran dama, in cui deve sentirsi ben stanca e sola! Mi fa meraviglia il pensare che una donna abbia potuto affrontare tutto ciò che essa ha affrontato.... Oh, se, invece d'averla nemica, l'avessimo avuta con noi! A che non saremmo arrivati?

- Io ho provato sempre un certo terrore dinanzi a quella donna, - disse il marchese. - Me la ricordo giovinetta: e già avea qualche cosa d'insolito, che colpiva: teneva in soggezione noi uomini già avanti in tutte le depravazioni, in tutti i segreti della vita!

Era vero: la principessa ormai si avvicinava alla più assoluta rovina: l'autore principale di questa catastrofe era il Weill-Myot. Egli aveva un disegno: vendicarsi dello sprezzo onde Enrica lo aveva umiliato, servendosi di lui come un semplice uomo d'affari, respingendo tutte le sue proteste d'amore.

Il banchiere era milionario. Avrebbe pagato a qualsiasi prezzo il gaudio di vendicarsi.

Già sappiamo delle somme vistose, che egli avea anticipato alla principessa per eccitarla allo spendere. Un impiegato della banca, che avea l'aspetto d'un diplomatico, avea rimesso, come ci è noto, tutto quell'oro alla principessa contro alcune cambiali, a breve scadenza, da lei firmate. Ella poteva firmare, poichè il marito le avea lasciato facoltà assoluta di amministrare, come credeva, il patrimonio lasciatole dal padre.

Lo stesso impiegato del Weill-Myot avea avuto incarico di allettare la principessa a certe speculazioni. Sulle prime il Weill-Myot facea rimettere alla principessa grossi lucri, qual frutto di certe operazioni; ma quando essa vi ebbe arrischiati grossi capitali si propalò che le speculazioni, in cui s'era avventurata, andavano fallite.

Grandissima potenza, il Weill-Myot cagionava quei disquilibri. Voleva che la principessa, ad ogni modo, rimanesse in sua balìa, per possederla forse, di sicuro per umiliarla e dispregiarla.

Intanto, mellifluamente, le veniva dicendo:

- Io vi ho sconsigliato più volte di gettarvi, a chius'occhi, in certi affari.... - Ed era vero. Egli la sconsigliava. Ma il suo impiegato elegantissimo l'eccitava e le portava i vistosi guadagni, ch'egli stesso gli forniva per un certo tempo.

- Sembrava tutto andassebene!... - osservava la principessa.

- Ma perchè - instava l'ipocrito Weill-Myot - invece di dar retta a me, che vi amo sinceramente, e che ho ormai la pratica degli affari, vi siete lasciata condurre da un giovane, intelligente, di carattere ottimo, che vede però spesso gli affari della finanza come un poeta?... Ah, mia cara, non v'è nulla che sia tanto contagioso quanto l'illusione del far denaro con molta facilità.... Tenete a mente: è difficile il far denaro e più difficile il conservarlo....

La principessa sorrideva: sperava in un modo o nell'altro si sarebbe cavata d'imbarazzo.

Un giorno, per distrarsi un poco da certe idee, per sete di nuove commozioni, si mise a pensare a sua figlia, alla figlia, che ella avea avuto da Roberto. Il suo matrimonio col principe era rimasto sterile di prole.

- Oh.... se io cercassi di rivederla? - pensò.

Ormai osava tutto: e poi, fra le tante passioni sfrenate, si svegliava in lei l'amore materno. Quando si era posta in cuore una cosa nessuno avea potere per dissuaderla. Quel puro affetto, un bacio della sua bambina, la voce, il sorriso di lei, le sembrava avrebbero consolato, in tante angustie, il suo animo. Sarebbe stata la forte, la nuova distrazione, della quale sentiva il bisogno.

Da un pezzo non vedeva Cristina.

Essa avea lasciato, morto l'abate, il presbiterio; e se n'era andata a stare in campagna col suo guardacaccia, in un punto vicino a quello ove abitava la famiglia di lui.

Benchè Cristina l'avesse lasciata in pace da sì lungo tempo, la principessa non stava tranquilla: immaginava che costei le preparasse un nuovo tiro. Guardava sempre ogni mattina fra le lettere che riceveva per veder se ci fosse un indirizzo scritto da costei: si aspettava le domandasse, d'un tratto, qualche somma vistosa: venisse a crescere le difficoltà tra le quali si dibatteva.

Il silenzio di Cristina non le era certo di buon augurio. In che modo non le avea più chiesto neppur il denaro occorrente alle spese ordinarie per la bambina? Lo anticipava ella stessa per aver diritto di sostenere d'essersi sottoposta a perdite gravi: per accrescer le spese; chi sa: per acquistare sempre maggior preponderanza su di lei e sempre più tenerla avvinta ne' suoi artigli.

Nello stordimento, fra le continue commozioni della sua vita, non ci avea più, da tempo, messo il pensiero; non si era da tempo ricordata d'esser madre, d'aver una figliuola. Ora gliene veniva il furore. Aveva l'indirizzo di Cristina: era lontana un circa dieci miglia da Napoli: a Torre Annunziata.

Ritrovò subito l'indirizzo, ella non se ne ricordava: e deliberò andare da Cristina il giorno stesso.

- Ma, sola! - ripensò. - Non mi annoierò sola, in carrozza, per tutto quel tratto di strada?

Dopo breve esitanza, risolvette invitar Diana ad accompagnarla.

- Così nessuno, - si diceva, - potrà aver sospetti su la mia gita: una scampagnata, il cui principal motivo è di far fare una passeggiata alla mia giovane amica: e intanto vado a rivedere la donna che ha avuto per anni tanta cura di me.... alla quale, crederanno, io serbo molto affetto.... Una donna scellerata!... Poichè è lei che mi ha messo nelle vene questo fuoco, che m'abbrucia; è lei che, con le sue abili carezze, m'ha posto prima nella via de' più eccitanti piaceri.... Ma, infine, - disse la principessa guardandosi in uno specchio, - non debbo esserle poi tanto ingrata!... Da che vivo, anche per frutto delle sue lezioni, ho passato più d'un bel momento!

Il suo cinismo voluttuoso la coglieva sempre di bel nuovo.

Scrisse a Diana una lettera affettuosa. Circa un'ora dopo, per risposta, Diana entrava nella stanza ov'era la principessa: le si gettava al collo tutta lieta di passar con lei la giornata.

La principessa, al bacio di Diana, si sentì subito rasserenata. Accanto a lei non poteva aver più cattivi pensieri. Se qualcuno le avesse detto che, in breve, l'avrebbe molto odiata, essa gli avrebbe dato, col massimo calore, del menzognero.

La principessa s'abbigliò alla presenza di Diana che la idolatrava, e diceva non aver mai visto una donna più bella. La principessa le mostrava le sue belle braccia, il suo bel seno, Diana ne vedeva, sotto le finissime tele, i fianchi robusti. In breve, fu abbigliata; era magnifica, seducente, col suo abito chiaro, il suo gran cappello di paglia, adorno di violette, il cui colore spiccava su un gran nastro candidissimo. Salirono in carrozza e partirono. Erano tutt'e due contente, si teneano per mano e sorridevano. Strana situazione quella della principessa! ella andava a cercare notizie della sua figliuola: ardeva di vederla e già l'aveva al suo fianco!

 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License