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Vi credettero i Romani
Passiamo pertanto a' Romani, ch'è tardi. Essi, da ciurmaglia ch'eran prima nell'asilo di Romolo, e figli delle rapite Sabine, passarono ad esser signori dell'Orbe, e dalle case pastoreccie al fasto imperiale s'innalzarono, nelle arti di guerra e di pace celebratissimi. Come vanno le cose del mondo! I saggi romani non solo credettero alla jettatura, per costumi di tanti popoli che diedero origine a Roma;38 ma nella loro egregia legislazione,39 eziandio, par che quella si fosse compresa.
In quei frammenti delle Decemvirali leggi, che il tempo edace ha fatti a noi pervenire, due40 ne ritrovo: uno contra i jettatori, che fan male alle persone ed alla vita degli uomini; un altro contro a coloro de' quali la jettatura a corrompere e rovinar le biade è diretta. La legge 14 della Tavola VII è questa: «QUEI • MALOM • CARMEN41 • INCANTASIT42 • MALOMA • VENENOM • FACSIT • DUITUE43 • PARICEIDAD • ESTOD».44 Cioè: chi superstiziose, e solenni parole, a forma di cantilene abbia contro di alcuno mormorate, e susurrate, ovvero cattivo veleno abbia preparato o dato altrui, soffra pena capitale. E la legge 3 della stessa Tavola VII: «QUEI • FRUGES • ECSCANTASIT».45 Cioè: si uccida vittima a Cerere colui che le altrui biade con incantazioni obbligasse a non crescere, o, secondo la congettura de' dotti, l'abbia trasportate nel campo altrui.46
Con simiglievoli incantazioni non solo i frutti, le biade, si mandavano a male, o ne' poderi altrui si trasferivano, ma si credea che si espellessero altresí gli stessi dei tutelari da' loro luoghi, e la luna benefica divinità, per non udire gl'incanti delle arti Tessale, sul piú alto cielo si portasse, ed oltracciò, per clamori e suoni, il suo languore volgesse in letizia.47
Io ben so io che la detta pena per le magiche incantazioni fosse irrogata, in quei tempi ancora semplici e rozzi, secondo il comun sentimento. Ma so ancora che altri altramente quelle leggi interpetra. E perché non posso io adattarle alla jettatura ed alle maligne parole de' jettatori invidiosi? Inoltre presso i Romani stessi a che altro era il Collegio degli Auguri destinato, se non per sapersi se, in qualche cosa da farsi, v'intervenisse o no jettatura? A tal fine gli Auguri guardando l'oriente, osservavano se folgorava o tuonava a sinistra, ch'era buon segno, o a destra, ch'era segno di jettatura solenne ed augurio cattivo: conciosiacosa che il settentrione, ch'era a sinistra, credeasi piú alta ed illustre regione. Allo 'ncontro i Greci la destra per le cose fauste e propizie stimavano.48
Gli Auguri osservavano degli augelli il volo, il canto d'essi ascoltavano, ed osservavano il mangiar de' polli, dalla bocca de' quali cadendo il cibo era il piú lieto augurio. Eranvi ancora gli Aruspici, gl'Indovini, e gli dicitori della buona ventura; ch'erano della jettatura interpetri gravissimi.49
Che avean l'arte, e il magistero
Jettator per te sia tale.
Vedi Vossio, Etimol., voc. Bidental, e Puteal.
Nun te carminibus, num te pallentibus herbis
Devovit tacito tempore noctis anus?
Cantus vicinis fruges traducit ab agris;
Cantus et iratae detinet anguis iter;
Cantus et e curru lunam deducere tentat;
Et faceret, si non aera repulsa sonent.
Quid queror, heu misero carmen nocuisse quid herbas?
Forma nihil magicis utitur auxiliis.
Carmine laesa Ceres steriles vanescit in herbas:
Deficiunt laesi carmine fontis aquae;
E Metamorph., lib. VII, fab. 2, e lib. XII, fab. 4. Veggasi Bibliotheca magica Hauberi, e Joh. Nicol. Funcius, in Leg. XII. Tab., pag. 297. Credeasi confortarsi la Luna, e rallegrarsi nella sua mestizia col concento, e collo strepito: Tacitus, Annal., lib. I, c. 29; Livius, lib. 26; Divus Maximus Taurinens. Episcop., Homilia de defectu lunae; onde argutamente Giovenale: «Una laboranti poterit succurrere Lunae».