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Al lettore.
Questa è la prima di cinque istorie tessute intorno alla vita e ai viaggi di Cristoforo Colombo. Via, diciamo pure cinque romanzi, lasciando da parte il timore che il vocabolo nuovo tolga fede al racconto. Un giorno che io mi ostinavo a decorargli un romanzo col nome di storia, un arguto editore mi domandò: “perchè storia, se non è tale?” Risposi: “perchè il racconto si aggira intorno ad un fatto storico, e con personaggi storici.” Credevo, con queste parole, di avergli chiusa la bocca. “Male!” replicò egli, conchiudendo: “Ora, i romanzi storici non vanno più; te ne avverto.”
È vero, questo? e, se è vero, è egualmente giusto? Lascio stare la tesi sostenuta dal Manzoni in una famosa sua lettera, una tesi a cui aveva già fatto contro egli stesso, e vittoriosamente, col suo famosissimo esempio. Ma non siamo venuti noi a tal punto, che lo stesso romanzo contemporaneo si vuole tessuto di verità, con l’aiuto della osservazione? I romanzieri della nuova scuola intendono evidentemente di lasciare ai posteri una storia dei costumi presenti. Il loro è dunque un racconto di cose vicine. E perchè non si potrebbe farlo di cose lontane? Non tutto, da lontano, si vede esattamente. Sarà. Ma da vicino si vede grosso, e si può dare nel trito. È un altro guaio. In un quadro di paese vorremo noi solamente il primo piano, e niente sfondi? So bene che la prospettiva aerea non ci dà tutto il vero, e magari ce lo trasforma un pochino. Ma in un quadro di buon paesista, antico o moderno, del Lorrain o del Corot (per citarne due della terra amica, donde ci vengono bell’e fatte le teoriche d’arte) sono maravigliosi gli sfondi, e son quelli che fanno pensare.
Diciamo tutto. A pari condizioni di valore artistico nel narratore, il romanzo di costumi contemporanei richiede larga cognizione del mondo e del cuore umano, più una bottiglia d’inchiostro, una scatoletta di penne d’acciaio e una risma di carta: il romanzo di costumi antichi richiede ancora l’aiuto di molti libri, tavole, indagini erudite, ed altri perditempi, che non sono poi compensati da un maggior numero di lettori. Contro il genere più faticoso si è bandita una grande crociata. La gente ha creduto ai predicatori; e ne sono venuti gli effetti a cui l’arguto editore accennava. Ma l’uomo non vive solamente di pane; vive ancora di libertà, sopra tutto di dignità personale. Poi, ogni uccello ha da fare il suo verso. Chi vuole alternare nella sua fantasia il passato col presente, sia padrone di farlo: usategli la misericordia di non giudicarlo con pregiudizi di scuola. Chi è che pretende di gabellarvi un romanzo storico per istoria vera? E voi vorreste negare per contro che la lettura di un romanzo storico faccia amare e cercare un pochino quella povera storia, oggi tanto compendiata e così svogliatamente appresa nelle scuole? Questo benefizio non lieve del romanzo storico, io lo argomento da me, che sono alla fin fine un documento umano come un altro; e lo argomento, ricordando benissimo che nella mia adolescenza, quante volte finivo di leggere un romanzo storico o di ascoltare la recita di un dramma storico, correvo a scartabellare i quattro o cinque volumi che mi permettessero di fare una più intima conoscenza coi tempi e coi personaggi del romanzo, o del dramma.
Libertà, miei signori, e faccia ognuno come gli pare. L’essenziale, in letteratura, è di non annoiare il prossimo suo, e di non fargli torcere il viso. Del resto, che cosa fate voi, benedetti da Dio? Non usate il documento? C’è dunque la intenzione storica, nell’opera vostra. Ma architettando su quei quattro documenti un’azione, tirando bellamente quell’azione ad un fine, non narrando, non riferendo dei vostri personaggi se non quel tanto che si convenga a quell’azione o che conduca a quel fine, non fate voi un’opera mescolata di documento e di fantasia, di vero e di falso? Io prendo a campo il secolo XV, come voi il XIX. È il mio diritto; ed è anche spesso il piacer mio, perchè il XV mi diverte, e il XIX mi annoia. Dite che non riescirò esatto coloritore di cose lontane? Ebbene, siete più esatti voi, che dipingete le cose vicine, anzi ci state dentro? Vicini, e dentro alle cose, siete fuorviati dai vostri errori di ottica, non meno gravi dei miei. Anche l’ingrandimento è un guaio. Inoltre: a taluno parrà di cogliere un carattere del tempo suo, mentre non esprimerà che quello del suo pessimismo, tinto un pochino del colore della propria itterizia. Per un altro, il fenomeno singolare e transitorio prende aspetto di fenomeno generale e costante; il ristretto di universale; e più spesso, pigliando norma dai mali, veri o presunti, di una grande città, dove la vita è vertigine, s’immagina e si descrive tutta una società di spiriti deboli, di mezzi uomini, di mezze donne, di bricconi o di vili e si corre via via ad una generalizzazione, ad una esagerazione di male, contro cui da migliaia di cuori il sentimento offeso protesta: da ultimo sono universali le grida; anche i pessimisti si stancano; gli scettici incominciano a dubitare del loro medesimo dubbio; la moda non va più per quel verso, e allora tutti a scagionarsi in coro. Non sono io; è stato il tale. Proprio come i bambini in iscuola.
Dopo tutto, abbia torto o ragione chi vuole. Io faccio a mio modo. E per ritornare al mio tema, dirò che il raccogliere i fatti principali della vita di un grand’uomo, che fu tanto simpatico nella sua grandezza, il lumeggiarlo quanto più mi venisse fatto con tutta la vita che gli fu vissuta dintorno, e a cui diede tanto alimento egli stesso, il mettere intorno a quell’uomo di dottrina e di esperienza, di cuore e di fegato, tutte le cognizioni e i pregiudizi del suo tempo, gli umori e gli amori, le amicizie e le rivalità, il farlo operare e parlare, con la scorta del vero e del verisimile, è sempre stato, a proposito di Cristoforo Colombo, il mio sogno. Un po’ di leggenda intorno a lui non sarà male, come non lo è intorno a tanti altri, che pure non furono grandi al par di lui, sebbene reggitori e distruggitori di popoli. La storia del Navigatore è nota, e tutta chiara oramai di luce meridiana, quantunque la malafede si sforzi d’intenebrarla ancora qua e là. Ma la storia non è per tutti, o tutti non hanno tempo, o modo, o desiderio di leggerla. Lasciate passare un romanzo storico; lasciatene passar cinque, uno dopo l’altro. Non saranno fiori? Tanto peggio per me: non faranno ghirlanda.