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    Cap.

  1     I|              di precisare. La lettera era diretta al conte Jacopo
  2     I|            Malatesti.~Il conta Jacopo era un fedel servitore del duca.
  3     I|               madre sua, una Lanzoni, era stata dama d'onore di Maria
  4     I|             Cibo ed Estense. Il padre era morto ciambellano del duca
  5     I|           Francesco IV. Egli, poi, si era diportato stupendamente
  6     I|              la sua residenza ducale, era corso a ricoverarsi sotto
  7     I|             al suo padrone, poichè si era chiuso nel suo palazzo,
  8     I|              dei liberali. «Baldoria» era il termine usato da lui.
  9     I|        nessuno lo aveva molestato; si era riso alla prima circostanza,
 10     I|         fortune d'Italia, Francesco V era ritornato tra i frementi
 11     I|              dai padri! Il conte Gino era venuto su un fior di liberale,
 12     I|               Per Bologna, passi, che era negli Stati pontificii;
 13     I|         calare a Parma e Piacenza; si era trafugato in Lomellina,
 14     I|           tanto da parer sua gemella. Era uno dei fiori della generazione
 15     I|        palpito. Nata intorno al 1820, era del 1857 una bellezza matura
 16     I|               rapito. Da principio si era parlato di giungere fino
 17     I|        bellissima. - E senza permesso era andato oltre, ed era rimasto
 18     I|         permesso era andato oltre, ed era rimasto due settimane, nella
 19     I|               colori d'Italia. Quello era lo scandaloso episodio,
 20     I|           stessa pace d'Europa, tutto era turbato, minacciato da quel
 21     I|           figlio al conte Jacopo, che era figlio di ciambellani e
 22     I|           ordine della polizia ducale era chiaro e non ammetteva eccezioni.
 23     I|              camera di giustizia, dov'era dipinto, in mezzo a tutti
 24     I|             marchesa Baldovini, non c'era neanche da pensarci. Le
 25     I|              erano fatte; la carrozza era pronta nel cortile del palazzo;
 26     I|             intonachi del Settecento, era muto d'ogni luce, quantunque
 27     I|             pena le nove di sera. Non era giorno di conversazione,
 28     I|         pensando che a quell'ora egli era aspettato lassù. Ma la carrozza
 29     I|              Con gli amici suoi non c'era ombra di combinazioni politiche.
 30     I|             cospirare; la rivoluzione era nell'aria; i giovani e i
 31     I|               la prima volta, e non c'era più altro da aggiungere,
 32     I|              intorno.~Otto anni prima era stata una triste caduta
 33     I|          italiane. Ma a quella caduta era seguito più dolore che abbattimento
 34     I|              cari padroni con ! Non era per le vie che un batter
 35     I|              forme e d'indirizzi, che era visibile tra esso e gli
 36     I|         queste le ragioni per cui non era mestieri di cospirare, la
 37     I| affratellavano i cuori. Che bisogno c'era egli di dire il giorno e
 38     I|              i soldati.~Il conte Gino era uno di questi cospiratori,
 39     I|              d'aria libera. Neanche s'era avvicinato a fuorusciti
 40     I|           faceva impeto alla gola. Ma era buio fitto, e Giuseppe non
 41     I|            Ella dice, ho fatto quanto era in me, per servizio della
 42    II|          Monte Cimone, alle cui falde era confinato il conte Gino
 43    II|            consigliato dal vetturino, era disceso davanti alla porta
 44    II|            eroe assaggiò la minestra. Era buona, e sarebbe anche stata
 45    II|              stomaco delicato, che si era già adattato benissimo al
 46    II|         personaggio entrò nella sala. Era un giovinotto alto e bruno,
 47    II|           Ancora domani?~- Che vuole? Era tanto! Venga a vedere e
 48    II|           arrisicava in questi passi, era invitato bensì, ma a buttarsi
 49    II|               andare in collera, poi? Era venuto a cascare nei dominii
 50    II|         viaggio.~Il nostro giovanotto era di buon umore, e la cosa
 51    II|             il signor Aminta; l'altro era condotto a mano da un famiglio.~
 52    II|             forastiero il cavallo che era stato condotto per lui.
 53    II|             cavallo di Gino Malatesti era un bel rovano, di larga
 54    II|          passo come le mule. -~Aminta era montato in sella anche lui,
 55    II|               presenza di una casa. C'era abitato, lassù, e i bisogni
 56    II|              , dietro il campanile, era un ceppo di case, le une
 57    II|              Un po' meglio in assetto era la via che conduceva all'
 58    II|                nella parte superiore, era tutto scrostato; solo nella
 59    II|               gradino di quella scala era seduto un prete, magro ed
 60    II|               tetto.~Il signor Aminta era smontato da cavallo, davanti
 61    II|             Sotto quell'arco profondo era un andito, mezzo occupato
 62    II|             più tempi. Tra le colonne era un uscio spalancato, che
 63    II|             Aminta al suo ospite, che era smontato da cavallo egli
 64    II|            vasta anticamera, dove non era che un grosso camino contro
 65    II|            una terza stanza; e questa era una piazza d'armi senz'altro.
 66    II|               almeno di trenta posti. Era una tavola di querce, inverniciata
 67    II|              tornio, poichè la lastra era ricoperta da un gran tappeto
 68    II|          libreria dei conti Malatesti era stata messa insieme da un
 69    II|        teologia, in gran parte, e non era stata più accresciuta 
 70    II|          nella libreria dei Guerri, c'era in quattro cinquecento volumi
 71    II|        saperlo. Al conte Gino, che si era avvicinato per dare un'occhiata
 72    II|               di descrizione, la sala era da pranzo e serviva di salotto
 73    II|               guardata la scritta, si era arrisicato a sollevare il
 74    II|          fosse. Evidentemente, quello era un uso di lassù: forma di
 75    II|               camera a lui assegnata. Era piccola, o, per dir meglio,
 76    II|             da quella gran sala, ma c'era tutto il necessario per
 77    II|            per viverci bene. Il letto era a baldacchino, con le sue
 78    II|      ritroverà troppo male. -~Gino si era maravigliato nella sala,
 79    II|           Ella ci scuserà, perchè non era la nostra ora, così che
 80    II|               approvò largamente. Non era più luogo da complimenti
 81    II|              che la miglior cerimonia era  per  l'obbedienza.
 82    II|                dove in quel frattempo era stata apparecchiata la mensa.~
 83    II|        chiaramente che quel vasellame era uscito da una delle migliori
 84    II|              La prima che si avanzava era un bel tipo di donna attempata,
 85    II|               che veniva verso di lui era più giovane di qualche anno,
 86   III|          nella sala da pranzo, perchè era l'ultima di fatti nell'ordine
 87   III|               L'ultima di casa Guerri era di quelle che si guardano.~
 88   III|   maravigliosi, poichè il loro volume era imprigionato in un gran
 89   III|          trionfino. Lassù la moda non era giunta, o non aveva attecchito;
 90   III|              Mandricardo. La famiglia era tutta radunata, tranne quei
 91   III|               poc'anzi, uno dei quali era alla serra, e sarebbe capitato
 92   III|         capitato più tardi, e l'altro era a Sassuolo,  sarebbe venuto
 93   III|        Orlando. Evidentemente, quella era una casa ariostesca, e il
 94   III|               il signor Orlando non c'era che il guaio di essere stato
 95   III|        evitarlo, quel guaio?~Angelica era sua sorella, e se anche
 96   III|           signor Orlando, adunque, si era adattato a quel piccolo
 97   III|         aspetto contadinesco, dove si era immaginato di dover fare
 98   III|               dell'esilio tra i monti era capitato davanti alla scodella
 99   III|           somma cortesia. Educato com'era, esperto di tutte le delicatezze
100   III|        Azzolino, Vuol crederlo? Non c'era neanche una sedia che si
101   III|               destra, un discorso che era incominciato con la sua
102   III|              di respirare più libero. Era finalmente3  venuto a capo
103   III|         toccato di dire qualche cosa, era rimasto pensieroso, e, forse
104   III|       riconobbe che infatti il dolore era stato a tutta prima fortissimo,
105   III|            suo padre. Il conte Jacopo era un fedelissimo suddito,
106   III|          apparenze. Peggio ancora, si era mostrato scortese coi monti,
107   III|             errore del suo ospite, si era tenuto con la sua risposta
108   III|                Una moda fresca fresca era quella dei grappoli d'uva
109   III|               all'ambiente anche lui; era perciò naturale che certe
110   III|               opportuno per le altre.~Era dunque dimenticata, per
111   III|           avesse saputo che Querciola era ad un'ora di cammino dalle
112   III|               disse il prete, che non era insensibile alla lode.~-
113   III|     Fiordispina, presso alla quale si era seduto il vecchio ministro
114   III|          signor Francesco mio, dianzi era stato adottato per figlio.~-
115   III|       domestico dei Guerri. -~La sala era vasta, e mentre i commensali,
116   III|               scena, quando ogni cosa era fatta. Lasciato il signor
117   III|                come aveva immaginato, era lei la musicista di casa.~
118   III|             si capisce come Mosè, che era profeta e poteva prevederlo,
119   III|             continui, la prego! -~E c'era tanto arder di preghiera
120   III|        Quarantotto. Don Pietro Toschi era un quarantottista travestito.~
121   III|            acuto dei dolori italiani, era così, come io vi racconto.
122   III|              suoi discorsi in piazza, era facile sentire nell'amaro
123   III|               errori su errori, ma si era vissuti, si era allargato
124   III|         errori, ma si era vissuti, si era allargato il cuore alle
125   III|           Anche Don Pietro Toschi, si era riscaldato il cervello;
126   III|             dilagato al piano, non si era potuta spingere fino a quei
127   III|          commissario, capitato lassù, era stato affogato nel lambrusco
128   III|               cose. Il duca di Modena era fuggito; la sua città natale
129   III|          fuggito; la sua città natale era libera, e giurava una lega
130   III|            Legnano. Il conte Gino non era solo; molti venivano con
131    IV|            doveva andare a Querciola. Era l'obbligo suo, e lo aveva
132    IV|             sarebbe inutile il dirlo, era anche Minerva galeata.~I
133    IV|        Querciole. Una bastava, se non era d'avanzo.~- E dobbiamo andare
134    IV|               due Querciole e non gli era difficile di trovare un
135    IV|               Mandelli, poichè questo era il suo nome, poteva chiamarsi
136    IV|         doveva abitarci, che la scala era di fuori, tutta a lume di
137    IV|             appigionare una camera. C'era un letto, in quella camera,
138    IV|      italianissimo tu. Del resto, non era egli stato accolto come
139    IV|               Mandelli, che la veduta era molto ristretta. Ma la prospettiva
140    IV|             vedeva la stufa, e questa era piena di vasi d'ogni grandezza,
141    IV|              aiuole deserte di fiori. Era essa il fiore del giardino,
142    IV|    delicatezza del vostro pensiero! -~Era un monologo in tutte le
143    IV|          questa natura, il conte Gino era triste? Lo sospetto fortemente,
144    IV|               veniva dalla sua parte; era già abbastanza vicina, e
145    IV|         muovendo verso di lei, che si era fermata, - veniva a vedere
146    IV|             anche per il fatto che si era giunti davanti ad un porticato
147    IV|              conte Gino Malatesti non era così forte di letteratura
148    IV|         istante sovra pensiero. Non c'era qui nessun autore da citare?
149    IV|         piuttosto che Fiordispina non era pedante, come son troppi,
150    IV|            che il conte Malatesti non era uno sventato, e che entrava
151    IV|          quello scambio di parole che era necessario nelle piccole
152    IV|        sentimento di tristezza che si era impadronito di lui.~Che
153    IV|           impadronito di lui.~Che cos'era avvenuto? Esplorare i segreti
154    IV|               Ma che cosa? Dio buono! Era qui il nodo della quistione,
155     V|             camera, in casa Mandelli, era completamente trasformata.
156     V|           posar l'orologio. Più in  era un cassettone, e vicino
157     V|               rincontro alla finestra era una piccola scrivania, con
158     V|             Modena.~Tutta quella roba era stata caricata, portata
159     V|              appena finito il pranzo, era sparito da casa, non ritornando
160     V|              quando per il conte Gino era venuta l'ora di ritornare
161     V|              stalla del Mandelli, dov'era stata rinnovata la paglia,
162     V|               benefattori delle Vaie. Era più che mai il figlio prediletto
163     V|               di cerri, e Fiordispina era sospesa al suo braccio.
164     V|            nome di Gino. Ma che malìa era quella? Aveva proprio scritto
165     V|            fatali; ma Fiordispina non era  più a vederlo, Fiordispina
166     V|            più a vederlo, Fiordispina era sparita; ed egli, gettato
167     V|          aveva egli fatto di male? Si era forse innamorato alle Vaie,
168     V|       riposava ancora, in quel punto. Era una gran dormigliosa, la
169     V|            spesso, quasi sempre, egli era obbligato ad infingersi,
170     V|               collere, per l'appunto, era cascato il viaggio a Torino.
171     V|          allora a Torino. Da Piacenza era sconfinato sul territorio
172     V|             bel capriccio di lei, che era in uno de' suoi momenti
173     V|          Torino la marchesa Polissena era ritornata sola a Modena,
174     V|             distrazioni. Polissena si era fatta accompagnare fino
175     V|          pressi del monte Cimone, gli era avvenuto di trovarsi solo,
176     V|               nella condizione in cui era, non poteva neanche ritrarsene.
177     V|            tempo e del luogo. La cosa era necessaria altresì per riguardo
178     V|              per noi.~La sua presenza era molto gradita, nella casa
179     V|               montagna, il conte Gino era come una gaia nota di sole
180     V|             molta sicurezza di . Ci era andato il terzo giorno;
181     V|                ma la sua tranquillità era stata turbata sul più bello.
182     V|       precetto. -~Cinque minuti dopo, era a cavallo, e Aminta lo accompagnò
183     V|             mie notizie. -~Pellegrino era il famiglio dei Guerri,
184     V|        Malatesti.~Il nostro confinato era già da due ore nel suo eremo
185     V|               Lo scalpitìo, frattanto era cessato, perchè i cavalli,
186     V|          capiva facilmente che quegli era inferiore di parecchi gradi
187     V|         commissario, in verità, non c'era nulla da rispondere.~- Siamo
188     V|              il signor commissario si era già ritirato dal vano della
189     V|              prendere commiato, e già era per alzarsi. Il resto della
190     V|             si seppe che la Venturoli era giunta. La marchesa ha conosciuta
191     V|             marchesa che la Venturoli era a Modena. So la cosa dall'
192     V|         signora marchesa! Ier l'altro era già ottenuto il permesso
193     V|               lui, che fortunatamente era a casa, in attesa di scrittura.
194     V|             materiali e morali che si era procacciati nel suo luogo
195     V|                In fondo, poi, non gli era capitato a Querciola il
196     V|             il signor commissario non era stato troppo curioso; era
197     V|             era stato troppo curioso; era anche un dilettante di musica,
198     V|               notizia teatrale! E non era da supporre che conoscesse
199     V|              La città, veramente, non era grande, ed anche un semplice
200     V|              numero dei frequentatori era piuttosto fatto per confondere
201     V|              la marchesa Polissena si era presa in quei giorni tanta
202     V|            Lucia di Lamermoor, niente era più naturale del dirlo,
203     V|                quando il discorritore era un dilettante di musica.~
204     V|               di tasca il foglio, che era suggellato, ma non portava
205     V|              quello della lettera non era il carattere di Polissena,
206     V|              Il suo Carbonaro! E come era venuto a capo di mandargli
207     V|               polizia? Gino Malatesti era giovane; viveva, anche da
208     V|               ufficio particolare non era noto che a pochissimi, aiutando
209     V|          tutti fra di loro. La catena era lunga, ma ognuno sapeva
210     V|            pervenire la lettera, egli era un uomo prezioso. Quali
211     V|           quando mi fui accertato che era sola in casa, e domandai
212     V|                per il modo con cui mi era stata raccomandata da lei
213     V|         padrone; ma la mia intenzione era di far bene per il suo servizio.
214     V|                La bionda Polissena si era mutata per lui, come il
215     V|        freddezza dell'amica. Già, non era di Gino, la colpa? Che pazzia
216     V|            Gino, la colpa? Che pazzia era stata la sua, di farsi mandare
217     V|           personaggi eminenti, di cui era composta la sua conversazione,
218     V|        traspariva dalle frasi; ma non era detta apertamente, e questa
219     V|           detta apertamente, e questa era già una bella diplomazia.
220     V|               cavallo. -~Mezz'ora non era passata, e Gino scendeva
221    VI|             leggende.~ ~Il conte Gino era aspettato con ansiosa cura
222    VI|            con le sue visite? -~Non c'era da far altro che inchinarsi;
223    VI|              dai Guerri, e poichè non era sera di luna, non gli fu
224    VI|             di suonare. -~Fiordispina era di buonissimo umore. Corse
225    VI|               i rigori della legge. -~Era la voce di Don Pietro Toschi.
226    VI|             potesse fare in ricambio, era di darle un primo premio
227    VI|            una notte, la sua ebbrezza era al colmo. E le furie? Vi
228    VI|          furie? Vi ho già detto che c'era un compromesso col suo dolore.
229    VI|               vissuto mai altrimenti. Era anche così adatta la scena!
230    VI|             penetrali dell'anima sua.~Era solo, lassù, ben solo, tra
231    VI|          Guerri ebbe un ospite nuovo. Era un parente, per verità,
232    VI|              poi che quel personaggio era giovane, ed anche bello;
233    VI|          comparsa di quel cugino, che era così giovane, così biondo,
234    VI|               anche Ruggero. Che cosa era venuto a fare, dai monti
235    VI|           guardò con aria di stupore. Era egli che parlava così? L'
236    VI|               ancora la frase che gli era sfuggita di bocca.~- Com'
237    VI|           ragione del fatto. Una cosa era sempre dispiaciuta su tutte
238    VI|             della compagnia, e niente era più naturale del vederli
239    VI|         perchè durante il giorno egli era sempre fuori con gli uomini
240    VI|              allora il conte Gino non era più  a vigilare, e si
241    VI|             gradire almeno la musica. Era un contadino, e non bisognava
242    VI|          possibilità di un matrimonio era sempre , librata a mezz'
243    VI|              sapere da prima perchè c'era, e si passavano in rassegna
244    VI|          persona bene educata ch'egli era, non volle domandare perchè
245    VI|            Caterina, salvo errore, ed era forse stato di un buon autore,
246    VI|              senza fermarcisi troppo, era naturale che stessero a
247    VI|              e carne della sua carne. Era dipeso per l'appunto da
248    VI|            data un'altra più ricca; c'era rimasto venticinque anni
249    VI|         finalmente la buona occasione era venuta di scendere al piano
250    VI|          quella delle Vaie; il popolo era tranquillo e virtuoso: il
251    VI|            chiesa, miracolo inaudito, era un buon diavolo, che non
252    VI|              parroco; insomma, quella era proprio la man di Dio. Ma
253    VI|                e Don Pietro Toschi si era assuefatto a vedere i Guerri.
254    VI|          pranzo, il nostro giovanotto era così ilare in volto, che
255    VI|              Anche il monte Cimone lo era; - rispose Gino; - e vedilo
256    VI|            del suo servo Giuseppe gli era portata da così strani viaggiatori?
257    VI|              farlo apposta, quella  era accompagnata da un signore
258    VI|               che la società elegante era andata in visibilio per
259    VI|               allora; ma il poscritto era importantissimo, nella semplicità
260    VI|           vedi? - gridò Aminta. - Non era poi una lettera che dovesse
261    VI|        Ruggero, l'Ercole adolescente, era partito per sempre; era
262    VI|               era partito per sempre; era un pretendente fallito,
263    VI|               Gino Malatesti un'ombra era passata, alle falde del
264    VI|               altro, pensandoci bene, era stato un grande amore, quello
265    VI|      Polissena! E un grande rammarico era stato il suo, per l'esilio
266    VI|              al fondo delle cose. Non era meglio così? Amava egli
267    VI|             il suo sentimento per lei era tutt'altra cosa da quello
268    VI|              l'onore di dirvi; so che era in buona fede, pensando
269    VI|            stomaco. Anche Fiordispina era libera, e la notizia, avuta
270    VI|           parecchi giorni egli non lo era più, e la cosa vi aveva
271    VI|        turbata. Una sua parola acerba era venuta ad illuminarvi la
272    VI|             in casa di vostro padre c'era un ospite di troppo? Del
273    VI|           conte Gino Malatesti non lo era stato mai, dacchè il destino
274    VI|        appariva felice; il suo occhio era così limpido, che si sarebbe
275    VI|           bella, un velo di nebbia si era levato dal lago; fors'anche
276    VI|              la bella apparizione gli era rimasta impressa, come scolpita
277    VI|               necessaria una barca. C'era il signor Francesco Guerri,
278    VI|           allora di avvicinarsi; ma c'era sempre l'ostacolo di quel
279    VI|              il roveto, e di  non c'era speranza di aprirsi una
280    VI|               al vento gelato, poichè era caldo d'amore, sdrucciolando
281    VI|   incantatrice. Prodigio inaudito! Si era la Ninfa impietosita di
282    VI|             Il ponte di cristallo non era altro che una crosta di
283    VI|              di no. La Ninfa del lago era sempre stata immobile e
284    VI|         trasporto del Leviathan. -~Si era ai tempi, lo ricordate,
285    VI|            tana! -~Il topolino bianco era il complimento. Al conte
286    VI|            complimento. Al conte Gino era avvenuto più volte di dirne,
287    VI|                Del resto, eccolo qua; era alla vista di tutti. -~Così
288    VI|              mani di lei e lo aperse. Era tutto pagine bianche.~-
289    VI|             con l'elmo. -~L'allusione era così diretta e il gesto
290   VII|            trapasso alla greca. E già era venuto il gran giorno, che
291   VII|                Fino ad un certo punto era tutta una strada. Partiti
292   VII|             dire che cascava a pezzi. Era stata edificata nel 1816,
293   VII|               abbia il naso aquilino, era permesso di veder le Maremme
294   VII|               cenno dantesco, che non era stato neppur solo, poichè
295   VII|          stato neppur solo, poichè si era veduto e ricordato con parole
296   VII|              è dello Spallanzani, che era un uomo pratico) da bastare
297   VII|          anche l'ultima.~La cavalcata era giunta al confine della
298   VII|            lago. Qua e  il declivio era seminato di massi enormi,
299   VII|               dal vero. Gino, che non era geologo  pittore, si contentò
300   VII|        osservare. La poesia del luogo era grande, la pace incantevole,
301   VII|               a forza di braccia. Non era una barca molto grossa;
302   VII|               una barca molto grossa; era un burchiello, capace di
303   VII|              al maneggio dei remi. Ma era la prima che andasse lassù,
304   VII|            povera Ninfa; il suo regno era finito; il suo recesso non
305   VII|             più avuto segreti, poichè era consentito di correre il
306   VII|               di pietra.~La barca non era stata ancora lanciata nell'
307   VII|            impadronirsi del soggetto. Era dunque laggiù, era quella
308   VII|          soggetto. Era dunque laggiù, era quella veramente, la Ninfa
309   VII|            mormorò Fiordispina, a cui era rivolto il discorso di Don
310   VII|                 La scena, piccola com'era, aveva una grandezza semplice,
311   VII|              lunghi discorsi, che non era il caso, senza bandiere,
312   VII|               da un impeto subitaneo, era saltato dentro il burchiello,
313   VII|          ingombravano il lido. Quello era un vantaggio per la barca,
314   VII|              balza. La ninfa del lago era , supina sul guanciale
315   VII|           vedendo che la fanciulla si era turbata. - Son io stato
316   VII|               le amarezze della vita. Era naturale che io vi amassi,
317   VII|              conte Gino; dirò di più, era fatale. Ma quando mi sono
318   VII|           baciò su ambedue le guance. Era anche la sua risposta alle
319   VII|             Fiordispina.~La fanciulla era seduta sul masso, e la sua
320   VII|              e noi pregheremo. -~Gino era in estasi, e taceva, come
321  VIII|              capanna di Betleem, dove era nato il nuovo signore dell'
322  VIII|               regnare con l'amore; ed era l'amore, non altro che l'
323  VIII|             sentimenti più intimi. Ma era proprio vero che aveva parlato?
324  VIII|              la dolce confessione gli era stata fatta assai prima,
325  VIII|                Tale, a dirne uno, non era stato l'amor suo per la
326  VIII|               giovinetto. Ella non si era neanche degnata di guardarlo,
327  VIII|          degnata di guardarlo, non si era forse neanche accorta della
328  VIII|               po' di frasi comuni non era neanche da mettersi in conto.
329  VIII|             sentito parlare, e non si era mostrata punto commossa;
330  VIII|               di Modena.  egli se n'era impensierito; neanch'egli
331  VIII|               con lei, Gino Malatesti era stato distratto da altri
332  VIII|              la marchesa Baldovini si era degnata di ballare una quadriglia
333  VIII|             che amate la tale? -~Gino era rimasto un po' sconcertato
334  VIII|             cui alludeva la dama, non era, e sopratutto non gli pareva
335  VIII|           amore. E quel dialogo, dond'era incominciato il suo romanzo
336  VIII|                in una festa da ballo, era nato un amore di quattro
337  VIII|           dopo un cotillon in cui non era stato egli il cavaliere
338  VIII|         portone del suo palazzo, e si era separato da lei raccomandandole
339  VIII|             Modena.» Tanto cammino si era fatto in cinque ore! Ma
340  VIII|         Aggiungete che la marchesa si era lasciata cadere quella notte
341  VIII|               bottino, la marchesa si era degnata di sorridere, e
342  VIII|        salotto. La marchesa Polissena era , e Gino fu ammesso alla
343  VIII|             presenza della Dea. Forse era il suo giorno di ricevimento?
344  VIII|             conte Gino, poichè non le era più occorso di farne cenno;
345  VIII|          Inebriato dalla passione, si era fatto schiavo senza avvedersene,
346  VIII|               andrete più dalla tale» era un comando che poteva anche
347  VIII|               Non parlerete col tale» era più difficile, qualche volta,
348  VIII|             essere andato a Sassuolo» era anche meglio, poichè prometteva
349  VIII|           allegre scorribande, da cui era bandita la cerimoniosa serietà
350  VIII|               un po' lunga. Polissena era una donna imperiosa; ma
351  VIII|              suo.~Così il nostro Gino era caduto nella rete; così,
352  VIII|               senza fatica. Perciò si era avvezzato, aveva presa la
353  VIII|          fosse proprio al suo fianco; era in conservatorio; ma nelle
354  VIII|        marchesa? Vorrà dire sorellaEra una consolazione quella,
355  VIII|        graziosamente regnato. Baie! C'era tempo ancora a pensarci.
356  VIII|       pensarci. La marchesa Polissena era così giovane, così bambina,
357  VIII|              sprigionandone un lampo, era ancora lei la più bella
358  VIII|          senza dargli noia, poichè si era adattato, da cane intelligente
359  VIII|               afoso in cui viveva, si era buttato a cercar fuori le
360  VIII|            indipendenza del suo paese era il pensiero che lo consolava
361  VIII|             ducale, Gino Malatesti si era sentito spezzare il cuore.
362  VIII|     condannato; peggio ancora, non si era degnata di rispondere una
363  VIII|      solamente di spiacevole per lei. Era proprio la gran dama, che
364  VIII|               sul modo in cui ella si era diportata con lui, per conchiudere
365  VIII|    filosoficamente in questa forma:~- Era l'abitudine, la sola abitudine
366  VIII|               il surrogante? - Quello era un abisso, in cui si smarriva
367  VIII|         scopre. Ma il nostro Gino non era , per fare quello studio,
368  VIII|              Del resto, se l'idea gli era venuta, il pensatore l'aveva
369  VIII|               fuori via. La città non era così grande, da dissimulare
370  VIII|                Il Mortanelli? No, non era più abbastanza giovane.
371  VIII|            abbastanza giovane. E poi, era uno sciocco. Parlava sempre
372  VIII|               cui otto volte su dieci era ingannato dai mercanti.
373  VIII|            conte Sestoli? Che! Quello era un piccolo vanaglorioso,
374  VIII|           principe Orsi di Frassinoro era innamorato ferocemente di
375  VIII|              allo specchio, e la cosa era risaputa da tutti. Si diceva
376  VIII|       principe Orsi di Frassinoro non era tagliato per ottenere la
377  VIII|             un amante, il Frassinoro; era troppo un rivale.~Gira rigira,
378  VIII|         andava più spesso. Sì, questa era la frase; ma non rispondeva
379  VIII|           preferito?~Il conte Nerazzi era un bel giovane; ma, per
380  VIII|            esagera. Il marchese Landi era bruno, ed anche leggermente
381  VIII|              a se stesso, poichè egli era piaciuto prima di quell'
382  VIII|        supposti pretendenti, il Landi era di più antica nobiltà. Apparteneva
383  VIII|              la marchesa Baldovini si era notata una sera, in conversazione,
384  VIII|          conte Gino in buon punto.~Si era venuti a parlare dei Landi
385  VIII|              un bel nome antico. -~Ed era diventato rosso, facendo
386  VIII|        fermarcisi troppo. Infine, non era che un complimento, reso
387  VIII|          indicava ancora che egli non era solamente felice di avere
388    IX|              belli. Gino Malatesti si era fatto grave, di quella dolce
389    IX|           Sentivano forse che il nome era di buon augurio per essi?
390    IX|             andò fino a Bismantua. Si era parlato tante volte di far
391    IX|            viaggio! Fiordispina non c'era mai stata, e Gino moriva
392    IX|               la gita di Bismantua si era mutata in un pellegrinaggio
393    IX|      Fiordispina ed il suo. Oh, non c'era pericolo che facesse errori,
394    IX|           capo ogni giorno alle Vaie, era uso del procaccia di consegnargli
395    IX|             difficoltà, solamente (ma era già abbastanza per lui)
396    IX|             annunzio il conte Gino si era fortemente turbato. Chi
397    IX|               quando il suo domicilio era a Querciola?~- Aspettate; -
398    IX|              a Sassuolo! E che giorno era quello? Ahimè, un martedì.
399    IX|       applicato e da Gino, che non si era per anche riavuto dal suo
400    IX|              pena del confine, che si era degnata di applicargli,
401    IX|              commissario, Fiordispina era diventata pallida, e si
402    IX|               diventata pallida, e si era sentita mancare, tanto che
403    IX|            accenno malizioso ai laghi era evidente, come lo sforzo
404    IX|             sul volto di Fiordispina. Era forse l'occhiata consuetudinaria
405    IX|            conte Gino.~Il momento non era piacevole. Ma il signor
406    IX|               simile fortuna! Egli si era ben preparato a riceverla;
407    IX|              unica noia un po' grossa era quella di mettere in ordine
408    IX|          finita una volta. Sì, questo era il suo pensiero, per farla
409    IX|             da un altro pensiero, che era quello della lettera, ritornata
410    IX|               Oh, finalmente! Che cos'era quel foglio, di cui sentiva
411    IX|         Fiordispina? Alla peggio, non era quello il suo giorno triste?
412    IX|             il suo giorno triste? Non era quello il momento di bere
413    IX|    chiaramente: «Dai bagni di LuccaEra dunque ai bagni di Lucca,
414    IX|              del paragrafo.~Poi, come era naturale, ripigliò la lettura.~ ~«
415    IX|              te questa buona notizia. Era una consolazione per me,
416    IX|        consolazione per me, poichè mi era dato di associarmi in qualche
417    IX|             volo, o non lesse. Gli si era come offuscata la vista,
418    IX|      Polissena. Ma il fratello Aminta era , che aveva finito il
419    IX|       portarle alle Vaie. Il Mandelli era sull'uscio, e Gino gli strinse
420    IX|           dove in tre mesi di confine era vissuto così poco, Gino
421    IX|               carico dagli apparecchi era stato sopportato da suo
422     X|           poveretta, partito Gino, si era ritirata nella sua camera
423     X|             chi parte.... No, no, non era possibile! Gino Malatesti,
424     X|          aveva giurato.~Il conte Gino era giunto tra quei monti, era
425     X|            era giunto tra quei monti, era apparso a lei con l'aureola
426     X|               disposto a soffrire; si era sentita attrarre da lui,
427     X|              Telemaco.~Alle Vaie, dov'era ritornata dopo parecchi
428     X|             in un castello incantato. Era necessario, per liberarla,
429     X|               fremendo, e Fiordispina era condotta dal cavaliere con
430     X|                Il suo fratello Aminta era un giovanotto tagliato alla
431     X|              principe della montagna? Era un vicino, un congiunto
432     X|                o lettori, Fiordispina era tirata al fantastico dalla
433     X|              Proprio in quel tempo si era incominciato a dire, nella
434     X|             compagnia di sua madre. -~Era passato per la mente della
435     X|           qualche volta, ed anch'egli era un'immagine confusa, non
436     X|              un'immagine confusa, non era biondo,  bruno. Era il
437     X|             non era biondo,  bruno. Era il principe, era l'invocato,
438     X|               bruno. Era il principe, era l'invocato, il consolatore
439     X|         giungeva mai, la bella regina era costretta a disfar nella
440     X|             il principe del talismano era apparso. Aveva corona di
441     X|              Gino Malatesti. Inoltre, era proscritto, per grande amore
442     X|         Aminta. Proscritto! Quel nome era allora un titolo di nobiltà,
443     X|         corone e di tutti gli stemmi; era il marchio della sventura,
444     X|                il sigillo del valore; era come un diritto alla pietà,
445     X|              di donna. Fiordispina si era impietosita: e quando aveva
446     X|             guardato dentro di , si era avveduta di amare il proscritto,
447     X|              intravvide ciò che forse era passato per la mente de'
448     X|               cuore di Gino. Ma come? Era proprio geloso, il conte
449     X|              E di chi? Ruggero Guerri era un bel giovane, e la bellezza,
450     X|               di un altro amore, lui? Era possibile? Poteva il conte
451     X|            pochi giorni alle Vaie, ne era ripartito, senza capir nulla,
452     X|             Ninfa, e al giorno in cui era andata con Gino a visitarlo?
453     X|           Bismantua, dove il suo nome era stato inciso nella scorza
454     X|               Pensando a quei giorni, era possibile immaginare che
455     X|             aria viva della montagna. Era tempo. Si udiva da lunge
456     X|               al suo. Il cavaliere si era arrestato al punto in cui
457     X|             vide apparire sull'uscio, era calma, era forte; e gli
458     X|       apparire sull'uscio, era calma, era forte; e gli sorrise, mentre
459     X|           aspetterò! -~Gino Malatesti era triste. Parlò del suo viaggio
460     X|               famiglia, sì, ma non si era ancora assuefatto all'idea
461     X|                Se il signor Francesco era un re, non dovevano trovarsi
462     X|              di meglio. -~L'allusione era chiara, e il vecchio Guerri
463     X|            quel prudente uomo ch'egli era, di non averla capita. La
464     X|              alla sua biblioteca, che era in fondo alla sala. Gino,
465     X|               alla vista di tutti. Ed era un atto solenne.~Gino doveva
466     X|               della scuderia. Gino si era vestito in fretta, e già
467     X|               tempi si usava, e l'uso era bello. -~Così dicendo, prese
468     X|               s'inchinò per baciarla. Era un po' confusa, la signora
469     X|       schermirsi, ritirare la sua. Ma era donna, e pensò che un suo
470     X|            ancora la famiglia, che si era affacciata sul terrazzo
471     X|              la libertà grande che si era presa, fermando il signor
472     X|              Carrara e Guastalla, gli era più affezionato, più sviscerato,
473     X|          discorso di Gino; ma neanche era necessario di capire ciò
474    XI|              povero confinato? Ma non era egli perdonato e richiamato
475    XI|               patria? E che giustizia era quella, che assolveva il
476    XI|              ma non il fido Giuseppe, era in vedetta all'entrata del
477    XI|    Fortunatamente il conte Jacopo non era molto espansivo per indole,
478    XI|          paterno. Il signor conte non era venuto senza un perchè ad
479    XI|          della cosa. A Sassuolo, poi, era smontato in casa di un vecchio
480    XI|            barone Pradini. Il palazzo era grande, e aveva un quartierino
481    XI|             più. Gino, d'altra parte, era come smemorato; non vedeva,
482    XI|               Gino; ma Giuseppe non c'era, ed egli doveva starsene
483    XI|        soprassalto fino a Modena, che era come dire fino al giorno
484    XI|             dell'augusto padrone, non era solamente una offesa al
485    XI|              fisicamente considerato, era vecchio, ma d'una vecchiezza
486    XI|               di baffi sotto il naso, era una figura di cortigiano
487    XI|             del buon tempo, in cui si era dovuto rinunziare alla parrucca
488    XI|           Eppure, credete a me, non c'era pericolo che i due uomini
489    XI|          fisicamente. Il conte Jacopo era di membra asciutte, risecchito
490    XI|               sulla persona. Forse lo era, ma non appariva punto,
491    XI|          intimità della famiglia, non era mai esistita tra lui e il
492    XI|           quella volta la distinzione era anche più spiccata del solito.
493    XI|             spiccata del solito. Gino era trattato da inferiore, da
494    XI|             la faccia del ciambellano era più dura che mai, e Gino
495    XI|               giovinotto ebbe tregua. Era presente il padrone di casa,
496    XI|           fedelissima ai Lorena, come era sempre stata agli Estensi.
497    XI|               rimedi. Ne convenite? -~Era una domanda formale, o una
498    XI|         rettorica? Il conte Jacopo si era fermato, e Gino pensò che
499    XI|            amico Emilio Landi, in cui era magnificata, levata a cielo,
500    XI|        amicizia nella sventura che mi era venuta addosso?~- Vi potrei


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