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AVVERTIMENTO DELL’EDITORE. | «» |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Il Calendario dell’agricoltore siciliano del Palmeri non può andare disgiunto dal nome di altro benemerito Siciliano, che il paese ricorderà sempre con gratitudine ed amore, cioè di Carlo Cottone, Principe di Castelnuovo, a spese e ad incitamento del quale il Palmeri scrisse e pubblicò questo lavoro. Non è fra noi chi ignora le fatiche dal Principe di Castelnuovo sostenute e la parte principale che ebbe, nel 1812, nell’abolizione del fedecommesso. Egli quando il Regno di Sicilia, per gli avvenimenti del 1816, perdè la sua autonomia e il suo parlamento, e venne a mancare la speranza di tornare all’antico splendore, per esser venuta meno nella capitale la dimora dei suoi sovrani, non volendosi più occupare di politica, consacrò i suoi studii in proteggere e migliorare la patria agricoltura. Gran vantaggio egli arrecò alla Sicilia colla diffusione delle più utili conoscenze agrarie fra i contadini, ed animando con l’esempio a siffatta maniera di studii i possidenti. Dopo le lezioni del Balsamo non erano, è vero, più sconosciute fra noi le migliori teorie degli stranieri scrittori; però difettavasi nello applicarle alle circostanze fisiche ed economiche del paese. Ad asseguire tale scopo il Castelnuovo destinò per campo sperimentale la sua villa ai Colli, luogo ove incominciò ad erigere un elegante edificio ad uso di seminario agrario, che poi si attuò alla di lui morte mercè la splendida dotazione che fecevi di gran parte del suo patrimonio. Contemporaneamente il Principe di Castelnuovo invitava il nostro Palmeri, col quale era legato di calda amicizia, a scrivere un Calendario per l’agricoltore siciliano. Ed il Palmeri di buon grado prestavasi a siffatta richiesta, e nel 1820 ne incominciò la pubbligazione, che proseguì fino al 1829. Il nostro autore, onde render comuni a tutte le classi le migliori pratiche agrarie, pubblicava annualmente nel Calendario l’elenco dei lavori che si debbono dagli agricoltori in ciascun mese effettuire, a cui facea seguire interessanti articoli, diretti, o a svelare alcun difetto delle pratiche agrarie adottate presso di noi, o a proporre e far pubblica in Sicilia qualche utile invenzione. L’intera collezione offre un insieme di utilissimi precetti intorno alle ruote agrarie, alle malattie di alcune piante, al miglioramento della pastorizia, alla coltura delle vigne, del riso a secco, alla manifattura dei caci, ed a quella dei vini, al governo delle api e dei filugelli, ec., che crediamo di dover riuscire di molta utilità in riprodurla.
Siccome il Palmeri, nella compilazione del suo annuale periodico, alle volte si avvalse dello ajuto e della collaborazione di altri valenti agronomi, noi fummo alcun poco incerti se, riproducendo il Calendario, dovevamo escludere gli articoli che al Palmeri non appartenevano; però, sul riflesso che la intera collezione, divenuta peraltro oltremodo rarissima, forma una serie a concatenare di utilissimi articoli pubblicati con unico scopo, e che mal possonsi fra loro disgiungere, abbiamo stimato più sano consiglio pubblicarla per intero, notando, per gli articoli che al Palmeri non appartengono, il nome dei loro autori, quando l’abbiam potuto conoscere, o, in caso diverso, le sole iniziali, per come sono annotate nei calendarii stessi.
Notiamo infine che essendo pressochè sempre la stessa la Serie dei lavori mensili da praticarsi dall’agricoltore siciliano, che è premessa in ogni anno al Calendario meno poche variazioni, così, nel ripubblicarla, abbiamo posti in rassegna e confrontato tutti i Calendarii, scegliendo quella serie nella quale il Palmeri vi avea fatto delle aggiunzioni, o emendato qualche errore, che forse potea essere trascorso nella precedente pubblicazione.
Onde far conoscere lo spirito che animava il Palmeri nella pubblicazione del suo Calendario, ed insieme la modestia dei suoi sentimenti, ci piace conchiudere questa avvertenza, con la prefazione che egli poneva al Calendario del 1823, così concepita:
«Maravigliava Columella che i Romani dei suoi tempi, querelandosi della diminuzione dei prodotti delle terre loro, ne accagionavano o l’infecondità del suolo, o le nocevoli influenze del cielo; senza avvedersi d’essere ciò il naturale effetto dell’ignoranza dell’arte agraria, e del poco conto in cui l’agricoltura era tenuta in quei tempi in Roma. Noi, dic’egli, abbondiamo di maestri d’oratoria, di poesia, di musica e di ballo; non mancano fra noi fabri, architetti, costruttori di navi; v’hanno in Roma persone che ammaestrano la gioventù, nonchè nelle virtù e nel sapere, ma nei vizj, nelle turpitudini d’ogni maniera: ma l’agricoltura è negletta a segno che manca appo noi e chi la insegni e chi la impara: ond’è che: rem rusticam pessimo cuique servorum velut carnifici noxae dedimus.
«Si sentono comunemente anche oggi le lagnanze stesse sulla decadenza della nostra agricoltura; non mancano in Sicilia dei luoghi in cui la terra è in balia di carnefici più che agricoltori, ma non perciò potrebbe farcisi il rimprovero, che l’agricoltura è barbaramente trascurata: che anzi è quest’arte tenuta oggi fra noi in altissimo pregio. Abbiamo avuto per lo passato, ed abbiamo ancora degli ottimi professori di agricoltura: sì negli andati tempi che nei presenti la Sicilia può vantare lodevoli scrittori di cose rustiche; non mancano fra noi intelligentissimi agricoltori, la cui industria è per avventura inceppata da ben altre cagioni, che da incuria ed ignoranza, e se le infelici circostanze dei tempi non avessero sospeso per ora lo stabilimento dell’Istituto Agrario dei Colli, noi avremo di già un luogo addetto all’istruzione ed alla educazione dei giovani agricoltori.
«Volendo intanto anche noi seguire l’impulso generale di questa età cultissima, incuorati dalla benignità con cui il pubblico ha ricevuto il Calendario dell’Agricoltore Siciliano negli anni precedenti, lo pubblichiamo anche nel presente.
«Non vaghezza di nome, non sozzo appetito di lucro ci determina a questo piccolo travaglio. Noi non avemmo per lo passato, nè abbiamo altro in mira che il bene della nostra patria. Egli è il vero che questa meschina opericciuola può poco o nulla influire alla istruzione de’ nostri agricoltori, ma è da riflettere che v’hanno talvolta delle opere, le quali appunto per la loro piccolezza, sono maggiormente atte a diffondere le utili cognizioni. Ed altronde, ove trattasi di agricoltura, non v’ha lavoro, per piccolo che sia, che non rechi alcun vantaggio.
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