Niccolò Palmeri
Calendario dello agricoltore siciliano

XXVII. sul coltivamento del colza

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XXVII.
sul coltivamento del colza

Ne’ nostri paesi, dove, per le scarse facoltà d’una massima parte de’ nostri coltivatori, non è ancora potuta venire l’usanza di far bene il maggese; noi che quanto si possa cercammo sempre le vie di farci utili a’ contadini siciliani, abbiamo stimato a proposito suggerire e mettere loro in cuore il coltivamento d’una pianta che occupi la terra nell’intervallo dalla raccolta alla semina; una pianta ottima per il bestiame, grata al palato degli uomini, ed utile finalmente per l’olio che si estrae dal suo seme, massime in quelle parti dove sia penuria di ulive.

È questa una varietà di cavolo estrania alla Sicilia, che chiamasi colza. Le sue foglie radicali sono picciolate, sinuate, talvolta pennate alla base; e le foglie caulinari sono sessili e cuoriformi; tutte però liscie, di un verde ceruleo, di diversa grandezza, ma sempre più piccole delle altre varietà. Esistono due sotto-varietà di colza: l’una del colza bianco, che ha i fiori bianchi, l’altra del così detto colza freddo, che ha i fiori gialli, le foglie più grosse e più grandi, e resiste meglio a’ rigori della stagione, per lo che dee preferirsi alla prima.

Voi dunque, o contadini, se v’inclinerete alle nostre proposte, sceglierete un tratto del terreno migliore da frumento, cioè una terra leggiera, grassa e profonda: la rivolterete colla vanga piuttosto che coll’aratro, concimandola tanto più, quanto essa è più grassa di sua natura, e più smunta dalle fresche raccolte. Indi uguagliatene, quanto si può, la superficie coll’erpice, o col cilindro, ne farete delle aiuole (caseddi) di cinque, o sei palmi, separate da solchi (vattali) di più d’un palmo. Al declinare di agosto spargetevi il seme a poche mani colla possibile uniformità; e se la pioggia non sarà favorevole, spuntati appena i piantoni (chiantimi), innaffiateli, rarefatti e sarchiati all’uopo (zappuliati). Così essi verranno in istato da trapiantarsi; e voi allora fatevi a prepararne la terra.

Questa terra può essere quella che portò del frumento nell’anno stesso. Datele, se potete, una sola rivoltatura colla vanga; e se la sua estensione non lo permette, supplitevi con tre intramezzate rivoltature all’aratro, ma profonde ed incrocicchiate obbliquamente: sia poi coll’aratro, sia colla vanga, badate a ridurla in aiuole convesse, per dare scolo al di più delle acque. Quando avrete ciò fatto, eleggete in sul finir di novembre un giorno coperto ed alquanto piovoso; spiccate i piantoni colla mano e colla zappa, ma rispettandone le radici e le foglie; e trasportateli in panieri sul campo, ove devono essere ripiantati. Eseguitene la ripiantagione piuttosto colla zappa, che col piantatojo; vogliate tenervi alla superficie, ma piantate alquanto profondamente.

Ciò fatto, non si dovranno più toccare fino a tutto valicato l’inverno; e tanto a mezza primavera, quanto all’entrare di giugno, converrà dar loro una intraversatura (travirsata), calzandone tutti i piedi (quasannuni li pedi).

Dopo quest’ epoca, quando vedrete tornare giallastro il colore dello stelo, e cadere le foglie inferiori, allora il seme è maturo: e voi sul far del tagliate con una falcetta i piedi del colza a poca distanza da terra; riponeteli in una carretta; trasportateli sotto vaste tettoie, (pinnati) il di cui pavimento sia bene uguagliato e ripulito; e lasciateli quivi ammonticchiati, ma non pigiati, (ncarcati). Ove manchino le tettoie si sovrappongano degli strati alternativi di piedi di colza e di paglia; e se ne facci una bica (burgiu), la quale, mercè la paglia, vedrassi modo di ricoprire d’ogni dove, per togliervi l’entrata alle acque piovane.

Come gli steli saranno del tutto disseccati, batteteli col correggiato (buviddu), ed in crivelli fatti a posta vagliatene, come la biada, il seme che ne sarà uscito. Questo seme sciorinato per alcuni giorni su delle tele, riponetelo in sacchi isolati, che si vuotino e si riempiano di quindici in quindici giorni, finchè venga tempo di porlo al molino.

Per l’estrazione dell’olio non vi riducete fino al cuor dell’inverno, e non apettate poco, molto, perchè l’una e l’altra cosa farebbero male al seme e però anche all’olio. È vano che si pongano parole intorno alla maniera di estrarlo, conciossiachè non corre alcuna differenza tra essa e quella degli altri olii di seme.

Non credete però, o contadini, che noi volessimo indurvi con ciò ad una fatica bizzarra e di mero lusso. Ecco qual utile ritornerebbe da questa pianta, che finora non conosceste, da questa pianta a cui fa bisogno di tali cure. Se il colza è ancor verde, voi ne avrete delle buone minestre per voi medesimi, e del ghiotto pascolo per le bestie vostre. L’olio poi che quando è secco, non che sia di molto pregio nelle arti, non che sia ottimo per accendere, ma se ne potrebbe eziandio far uso per condire le vostre vivande. Che più? La sansa (la pasta) il rimasuglio dei semi dopo estrattone l’olio potrebbe darsi alle vacche, alle galline ed ai porci che ne sono ghiottissimi, e ne traggono assai pinguedine. Ma qui vorremmo avvertirvi, che quanto più di foglie spiccherete al colza ancor verde; tanto meno trarrete di olio quando poi sarà secco; perchè quanto meno gli lascerete di foglie tanto più trametterete di ostacoli al suo crescimento, e quindi tanto meno trarrete di olio.

Se ne farete adunque poco uso, di poco discapito vi sentirete nell’olio: e l’olio tratto da una quantità di colza, forse sempre non sarà minore di quello tratto della medesima quantità di ulive. Noi, venutoci a mano alquanto di seme, abbiamo voluto nella contrada de’ Colli mettere al saggio le nostre idee. Seminammo il colza a’ 3 settembre; in marzo se ne mangiò per insalata; gli uccelli lo danneggiarono molto; e nonostante sì fatti ostacoli ricavammo:

da once 28 1/2          di seme di colza

once 4....                   olio

once 23....                 sansa

mentre sappiamo che nella stessa contrada rotoli 28 1/2 di ulive non potrebbero dare oltre a rotoli quattro di olio, sicchè valutando in ragion di quintali si ha, che senza sormontare quegli ostacoli, un quintale di colza dee produrre in olio rot. 14, 2, oltre alla sansa; mentre per l’ordinario un quintale di ulive produce in olio rotoli 10.

Dal che dovrassi conchiudere, che dove le facoltà de’ coltivatori della campagna permettessero loro di far bene il maggese, ed e’ lo facciano pure; ma dove la fortuna non fosse lor prosperevole, ecco da noi suggerito uno de’ tanti mezzi di non lasciare oziosa per un anno la terra; ecco anzi una via di porla a profitto, e riguardo alla terra medesima, facendola assai più disposta alla semina ventura, e riguardo a’ coltivatori, traendone essi quei vantaggi che da noi si vennero annoverando.

F. F.

 


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